Pensioni e contributi: «pace» pagata in dieci anni
Da domani emendamenti al voto. Quota 100 a 50mila domande. Inps fermo, ipotesi Reboani traghettatore
Decretone.
Raddoppia il periodo di rateizzazione collegato alla cosiddetta “pace contributiva”, che passa da 60 a 120 rate mensili. Mentre per le lavoratrici con un figlio disabile la strada per la pensione anticipata si apre con tre anni in meno di contributi. Sono gli ultimi emendamenti in arrivo dal Governo in vista delle votazioni previste da domani sul decreto all’esame del Senato. Intanto resta aperta la partita all’interno della maggioranza per la scelta del nuovo presidente Inps e si valuta un incarico temporaneo: è per il “traghettatore” si fa anche il nome di Paolo Reboani, dirigente al ministero del Lavoro. M5S ha ritirato il ritocco taglia-pensioni ai sindacalisti: verrà riformulato e ripresentato in aula a Palazzo Madama o alla Camera. Intanto prosegue la corsa a “quota 100”: le domande presentate sono quasi 50mila, solo il 30% da donne.
Si allunga da cinque a dieci anni la rateizzazione collegata alla cosiddetta “pace contributiva”. Uno dei ritocchi al decretone che il Governo sta mettendo a punto prevede l’estensione da 60 a 120 rate mensili, per un importo minimo di 30 euro, del meccanismo per consentire ai lavoratori in attività dal 1° gennaio 1996 di riscattare in tutto, o in parte, i periodi non coperti da contribuzione. Una possibilità che, con un secondo correttivo, ai lavoratori stagionali verrebbe garantita anche per le “annualità” fino a tutto il 31 dicembre 1995, quindi antecedenti il 1996. Con tutta probabilità i due emendamenti saranno presentati in commissione Lavoro al Senato (o, al più tardi, nel passaggio del Dl alla Camera) insieme con un’altra modifica. Quella che consente alla lavoratrici madri con un figlio disabile di accedere alla pensione con tre anni di contribuzione in meno, 35 anziché 38, facendo così scendere da 100 a 97 la “quota” fissata dal decreto per le nuove uscite anticipate nel triennio di sperimentazione.
A saltare, almeno per il momento, è invece l’emendamento M5S sul taglio alle pensioni dei sindacalisti. Il testo depositato in Commissione prevedeva di rivedere il conteggio dei contributi figurativi negli anni di aspettativa per attività sindacale e il progressivo ricalcolo contributivo dell’assegno per chi già percepisce un trattamento pensionistico secondo il vecchio sistema retributivo. Ma su questo ritocco è subito arrivato lo stop della commissione Bilancio di Palazzo Madama, chiamata a valutare i profili finanziari delle proposte di modifiche. Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Cominardi, ha detto che l’emendamento «verrà riformulato e ripresentato» in aula al Senato o alla Camera .
La scrematura sulle “coperture” non si è ancora conclusa: in sospeso restano una sessantina di emendamenti, a cominciare da quelli sul rafforzamento del reddito di cittadinanza per le famiglie con disabili e dall’ampliamento della scala di equivalenza per non sfavorire i nuclei più numerosi. E anche per questo motivo l’opposizione, Pd in testa, ieri ha dato battaglia in commissione Lavoro dove la maggioranza puntava ad avviare comunque le votazioni. Dopo due ore di stand by i lavori si sono subito conclusi. Una seduta lampo con la commissione riconvocata domani alle ore 18 per consentire alla Bilancio di completare la valutazione finanziaria dei correttivi accantonati. Una lenta andatura, insomma, che sicuramente ritarderà l’approdo in Aula del Dl, al momento fissato per martedì, e che potrebbe prefigurare un esame del testo “circoscritto” agli emendamenti concordati dalla maggioranza e a qualche modifica dell’opposizione.
Tra i possibili ritocchi ancora al vaglio c’è anche quello con cui l’esecutivo vorrebbe innalzare il tetto anagrafico, ora fissato a 45 anni, per i riscatti agevolati della laurea. Resta infatti da sciogliere il nodo delle risorse necessarie. Che si starebbero trovando invece per l’intervento salva-esodati raccordato alla pace contributiva.
Ma il Governo sta cercando anche di sbrogliare l’intricata matassa della sostituzione di Tito Boeri alla guida dell’Inps, che da ieri è senza presidente. «I nomi si sceglieranno insieme attorno a un tavolo», ha detto ieri il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano (M5S) a Skytg24. A sciogliere il nodo saranno con tutta probabilità Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Ma visto il «no» del Carroccio a Pasquale Tridico, indicato dai Cinquestelle che non vedono invece di buon occhio, almeno per adesso, la candidatura di Mauro Nori (tutt’ora in campo secondo la Lega), l’ipotesi di un “traghettatore” potrebbe prendere ancora più corpo nelle prossime ore. Non a caso si starebbero cercando profili adatti, anche per competenza, per una gestione commissariale di due o tre mesi, il tempo per rendere pienamente operative le misure del decreto sul ritorno al Cda. E tra questi profili, nelle ultime ore, sarebbe stato preso in considerazione anche quello di Paolo Reboani, esperto di welfare e lavoro e attuale dirigente del ministero del Lavoro.
Accesso alla pensione con tre anni in meno di contributi per le lavoratrici con un figlio disabile