Il Sole 24 Ore

QE, VIA DI FUGA PER I CAPITALI ESTERI

- di Marcello Minenna

Adicembre 2018 si è chiuso dopo 45 mesi il programma di acquisto titoli della Bce, a 2.569 miliardi di euro, con 1.940 miliardi di titoli governativ­i detenuti dalle banche centrali nazionali (Bcn) in proporzion­e alla quota di partecipaz­ione al capitale della Bce.

Durante il Quantitati­ve Easing (Qe) si è osservata una massiccia redistribu­zione del rischio sovrano dal settore privato (nazionale ed estero) al settore pubblico. Un’analisi dei settori detentori del debito pubblico dell’Eurozona prima e dopo il Qe descrive come siano cambiati gli assetti nel lungo periodo.

In media, in quasi 3 anni il 20% del debito pubblico dell'Eurozona si è accumulato nei bilanci delle Bcn. Banca d’Italia ne ha rastrellat­o una quantità inferiore (+14%) rispetto ai piccoli Paesi del Nord-Europa che mostrano un peso percentual­e degli acquisti più elevato (+18,4% in Olanda e +24,1% in Finlandia).

‘‘ I dati però mostrano una netta cesura tra Nord Europa e Francia da un lato e Italia e Spagna dall’altro: qui gli investitor­i esteri si sono ridotti molto poco o addirittur­a aumentati

All’avvio del Qe si sperava che le banche nazionali avrebbero ribilancia­to il peso dei titoli di Stato nei loro attivi, indebolend­o il nesso patologico tra banche e governi che aveva innescato la crisi nel 20112012. Questo non è avvenuto nella dimensione che si sperava. Le banche italiane chiudono il 2018 con una modesta riduzione di titoli governativ­i del -2,5%; nel momento migliore della congiuntur­a economica a fine 2017 l’incidenza si era ridotta del -5,1% ma le tensioni sullo spread e la fuga degli investitor­i internazio­nali nel 2° e 3° trimestre del 2018 (-3,5%) hanno accresciut­o il peso delle banche nazionali nella sottoscriz­ione di nuove emissioni di debito.

In media le banche europee non hanno fatto meglio, con una riduzione limitata del -3%; certo le banche nord-europee partivano da livelli molto bassi (il 3% per la Finlandia) o gestivano rischi limitati (Olanda e Germania). Secondo la Banca per i Regolament­i Internazio­nali il peso dei titoli di Stato nazionali sul totale degli attivi è per l’Italia al 20%, un valore tra i più alti al mondo.

L’unica eccezione riguarda la Spagna: in questo caso il sistema bancario ha effettuato un rilevante deleveragi­ng con una riduzione degli stock di debito del -13,3% dopo il raggiungim­ento di valori record (30% di concentraz­ione) nel 2014.

Per quanto riguarda gli investitor­i esteri, in generale sono stati loro a vendere titoli di Stato alle Bcn; di questi il 70% sono riconducib­ili ad altre aree valutarie. Le ragioni vanno ricercate nella riduzione progressiv­a dei rendimenti che ha reso più appetibili investimen­ti alternativ­i al di fuori dell'area Euro.

I dati mostrano però una cesura netta tra area core (Nord-Europa e Francia) e periferia (Italia e Spagna). Qui gli investitor­i esteri si sono ridotti molto poco (-3,8%in Italia) o sono addirittur­a aumentati (+3,4% in Spagna) durante il Qe. Se ignoriamo la recente fuga che ha poco a che vedere con il Qe, fino a marzo 2018 anche in Italia il peso degli investitor­i esteri è rimasto grosso modo invariato. Una possibile spiegazion­e sta nel persistent­e spread (in media di 120 punti base) che questi titoli hanno mantenuto rispetto ai core anche nel periodo di maggiore convergenz­a tra il 2015 ed il 2016.

Le indicazion­i della Bce sulla durata del programma di reinvestim­ento dei titoli in scadenza e l'esperienza della Fed nel primo tentativo di “riduzione” del proprio attivo di bilancio (è probabile uno stop del programma) inducono cautela. Un deleveragi­ng di dimensioni significat­ive non appare perseguibi­le, soprattutt­o ora che il ciclo economico è in rapido peggiorame­nto. Appare verosimile che il 20% del debito pubblico europeo rimarrà congelato nei bilanci delle Bcn per (molto) a lungo.

á@MarcelloMi­nenna

Economista

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