QE, VIA DI FUGA PER I CAPITALI ESTERI
Adicembre 2018 si è chiuso dopo 45 mesi il programma di acquisto titoli della Bce, a 2.569 miliardi di euro, con 1.940 miliardi di titoli governativi detenuti dalle banche centrali nazionali (Bcn) in proporzione alla quota di partecipazione al capitale della Bce.
Durante il Quantitative Easing (Qe) si è osservata una massiccia redistribuzione del rischio sovrano dal settore privato (nazionale ed estero) al settore pubblico. Un’analisi dei settori detentori del debito pubblico dell’Eurozona prima e dopo il Qe descrive come siano cambiati gli assetti nel lungo periodo.
In media, in quasi 3 anni il 20% del debito pubblico dell'Eurozona si è accumulato nei bilanci delle Bcn. Banca d’Italia ne ha rastrellato una quantità inferiore (+14%) rispetto ai piccoli Paesi del Nord-Europa che mostrano un peso percentuale degli acquisti più elevato (+18,4% in Olanda e +24,1% in Finlandia).
‘‘ I dati però mostrano una netta cesura tra Nord Europa e Francia da un lato e Italia e Spagna dall’altro: qui gli investitori esteri si sono ridotti molto poco o addirittura aumentati
All’avvio del Qe si sperava che le banche nazionali avrebbero ribilanciato il peso dei titoli di Stato nei loro attivi, indebolendo il nesso patologico tra banche e governi che aveva innescato la crisi nel 20112012. Questo non è avvenuto nella dimensione che si sperava. Le banche italiane chiudono il 2018 con una modesta riduzione di titoli governativi del -2,5%; nel momento migliore della congiuntura economica a fine 2017 l’incidenza si era ridotta del -5,1% ma le tensioni sullo spread e la fuga degli investitori internazionali nel 2° e 3° trimestre del 2018 (-3,5%) hanno accresciuto il peso delle banche nazionali nella sottoscrizione di nuove emissioni di debito.
In media le banche europee non hanno fatto meglio, con una riduzione limitata del -3%; certo le banche nord-europee partivano da livelli molto bassi (il 3% per la Finlandia) o gestivano rischi limitati (Olanda e Germania). Secondo la Banca per i Regolamenti Internazionali il peso dei titoli di Stato nazionali sul totale degli attivi è per l’Italia al 20%, un valore tra i più alti al mondo.
L’unica eccezione riguarda la Spagna: in questo caso il sistema bancario ha effettuato un rilevante deleveraging con una riduzione degli stock di debito del -13,3% dopo il raggiungimento di valori record (30% di concentrazione) nel 2014.
Per quanto riguarda gli investitori esteri, in generale sono stati loro a vendere titoli di Stato alle Bcn; di questi il 70% sono riconducibili ad altre aree valutarie. Le ragioni vanno ricercate nella riduzione progressiva dei rendimenti che ha reso più appetibili investimenti alternativi al di fuori dell'area Euro.
I dati mostrano però una cesura netta tra area core (Nord-Europa e Francia) e periferia (Italia e Spagna). Qui gli investitori esteri si sono ridotti molto poco (-3,8%in Italia) o sono addirittura aumentati (+3,4% in Spagna) durante il Qe. Se ignoriamo la recente fuga che ha poco a che vedere con il Qe, fino a marzo 2018 anche in Italia il peso degli investitori esteri è rimasto grosso modo invariato. Una possibile spiegazione sta nel persistente spread (in media di 120 punti base) che questi titoli hanno mantenuto rispetto ai core anche nel periodo di maggiore convergenza tra il 2015 ed il 2016.
Le indicazioni della Bce sulla durata del programma di reinvestimento dei titoli in scadenza e l'esperienza della Fed nel primo tentativo di “riduzione” del proprio attivo di bilancio (è probabile uno stop del programma) inducono cautela. Un deleveraging di dimensioni significative non appare perseguibile, soprattutto ora che il ciclo economico è in rapido peggioramento. Appare verosimile che il 20% del debito pubblico europeo rimarrà congelato nei bilanci delle Bcn per (molto) a lungo.
á@MarcelloMinenna
Economista