Armani: cibo e moda uniti dal filo del vivere bene
Giorgio Armani si racconta: dall’alimentazione al rito familiare dell’accoglienza, dal ruolo dei cuochi al nuovo Emporio Caffè di Milano
Visionario, libero e creativo, pioniere in tutto quello che fa. È stato anche il primo a intuire il filo che unisce haute couture e haute cuisine. Giorgio Armani, il re degli stilisti, già nel 1998, ovvero in tempi non sospetti, pensò di portare la propria visione dello stile anche in ambiti diversi dalla moda, immaginando un intero stile di vita improntato a un’idea di eleganza naturale e sofisticata. Fu così che aprì l’Emporio Armani Caffè di Parigi, il primo esperimento. «Il cibo allora non era di moda e ho pensato che potesse diventarlo. E ora gli chef hanno la stessa fama di noi stilisti negli anni Ottanta. Moda e alta cucina, infatti, rappresentano entrambe due eccellenze italiane» dichiara re Giorgio.
Oggi, sparsi tra tre continenti, il Gruppo Armani conta sei Emporio Armani Caffè (Milano, Bologna, Parigi, Monaco, Dubai, Tokyo Aoyama e a breve anche Il Cairo, all’interno del Mall of Egypt), un Armani/Caffè (Cannes), cinque Armani/Ristorante (Milano, Dubai, Tokyo Ginza, New York 5th Avenue e Parigi, che ha ricevuto una stella Michelin l’anno scorso, confermata quest’anno), oltre al ristorante Nobu e all’Armani/Bamboo Bar a Milano, all’Armani/Aqua a Hong Kong e ai due Armani/Privé club (Milano e Dubai). Fannoparte del mondo food & beverage del gruppo anche i ristoranti all’interno dell’Armani Hotel di Dubai (Armani/ Amal, Armani/Mediterraneo, Armani/ Lounge, Armani/Hashi, Armani/Deli), per un totale di 22 locali. Nel 2002 nasce anche la linea Armani/Dolci, una collezione di cioccolati, tè, caffè e dessert venduti in 20 negozi. Mentre giovedì prossimo, in piena settimana della moda, riaprirà l’Emporio Armani Caffè di Milano, completamente rinnovato: un totale cambiamento in termini di design ma anche concept, cucina, intrattenimento (per la prima volta, infatti, resterà aperto anche a cena).
Una passione, quella per la cucina, che Giorgio Armani ha ereditato dalla famiglia d’origine, dove il senso dell’accoglienza era forte e la condivisione del piacere del cibo era un gesto naturale.
Pensa di aver raggiunto lo scopo che si era prefissato alla partenza?
I miei obiettivi variano e si modificano costantemente. Sono un perfezionista e desidero sempre il meglio: raggiunto un traguardo, subito voglio spingermi oltre. Per il momento penso di aver ottenuto ottimi risultati e la Stella Michelin dell’Emporio Armani Caffè di Parigi, che per me è motivo di grande orgoglio, lo dimostra. Penso però che, come in ogni cosa, ci sia sempre margine di perfezionamento. C’è nella moda, e così pure nel food.
Quale influenza pensa di aver esercitato su chi ha seguito il suo esempio in seguito?
La libertà dagli schemi: penso che questo possa essere d’esempio. Una libertà che caratterizza tutti gli aspetti del mio business. Ho esplorato una possibilità, applicando a un campo per me nuovo gli stessi principi della mia moda, adattandoli in una sfida importante e gratificante. Ideare e aprire un ristorante può essere un’eccellente occasione di comunicazione, ma quando l’attività si sviluppa e il numero dei locali cresce, cambia anche il progetto, che diventa importante e indipendente. Vesto le persone, ma desidero che la gente entri nei miei ristoranti per la qualità del cibo, e non solo perché sono posti alla moda. Non sarei arrivato fin qui, altrimenti.
Quali punti in comune e quali differenze vede tra cucina e moda?
Moda e cucina sono ambiti diversi che esprimono una cultura molto italiana del ben vivere. Li unisce la qualità: ricercatezza ed eccellenza, senza affettazione, l’attenzione alla materia e a come viene lavorata. Sono ambiti molto concreti, che rispondono a bisogni umani essenziali: coprirsi, nutrirsi, portandoli su un più elevato campo di rappresentazione. La moda cambia rapidamente, la cucina meno, ecco una differenza.
Quale filosofia è alla base dei suoi diversi locali? La filosofia non è diversa da quella delle mie linee di abbigliamento: diversificazione, pur nella coerenza dello spirito che unisce tutto. Dalla cucina urbana ed essenziale, ma sofisticata, degli Emporio Armani Caffè a quella più strutturata dell’Armani Ristorante e ai dolci, offro angoli e interpretazioni diversi di un gusto che piace perché essenziale, diretto e di altissima qualità. Per me la contemporaneità parte dal classico e non lo stravolge, pur esprimendosi anche attraverso una piccola influenza esotica, un tocco di innovazione. È così anche nella moda.
Sceglie lei i suoi chef?
Gli chef dei miei ristoranti incarnano tutti il mio stile: ciascuno in modo diverso, perché diverse sono le loro esperienze e la loro personalità. Si tratta di grandi professionisti accomunati dal desiderio di raggiungere l’eccellenza in ogni fase, fino alla presentazione dei piatti. Il tutto senza protagonismi eccessivi o quel tocco istrionico al quale ci hanno abituato certe trasmissioni televisive.
C’è un piatto o un sapore a cui è particolarmente legato?
Sono un estimatore della cucina italiana e tra i miei piatti preferiti non posso non citare i tortelli alla piacentina, che mi ricordano le mie origini. Amo il cioccolato che deve essere rigorosamente nero, fondente. Da buongustaio-salutista, mi piacciono i piatti leggeri della dieta mediterranea, anche i più semplici. Sento che mangiando in modo equilibrato e sano il mio fisico ne trae equilibrio e beneficio.
Dove si sente “a casa”, gastronomicamente parlando?
A casa: ecco dove. Anche quando sono all’estero, preferisco pranzare a casa: un luogo intimo, accogliente, in cui rilassarmi. Non sempre posso.
Cosa ama nella cucina?
È un atto di grande generosità che, ai livelli più alti diventa una forma d’arte, ed è un atto legato alla vita, perché il nutrimento è vita. Trovo sia, quello del cibo, un mondo davvero affascinante perché gratifica tutti i sensi, vista inclusa.