Fineco diversifica contro la pressione sui margini
L’istituto, oltre a proseguire nel brokerage e nell’attività di erogazione di prestiti, spinge sull’asset management Rebus mercati: il gruppo esprime fiducia grazie all’innovazione sui prodotti e alla flessibilità delle piattaforme
Aumentare, seppure con prudenza, l’erogazione del credito. Spingere, sfruttando la stessa efficienza operativa, l’attività di asset management. Proseguire, facendo anche leva sull’evoluzione tecnologica delle piattaforme, lo sviluppo del brokerage. Sono tra le priorità di FinecoBank a sostegno del business. Focus che, nelle intenzioni dell’istituto di credito, devono consentire anche e soprattutto la diversificazione necessaria a contrastare la pressione sui margini. In particolare, nel mondo del risparmio gestito.
L’asset management
Già, il risparmio gestito. Su questo fronte, nella seconda metà del 2018, è diventato completamente operativo il progetto nell’asset management. La strategia, va ricordato, fa capo alla società d’investimento di diritto irlandese Fineco Asset Management (Fineco AM) che è anche Sgr. Si tratta di un programma che permette all’istituto di portare al suo interno parte della catena del valore. Così, attraverso la fabbrica prodotto, la società entra nell’ingegnerizzazione delle soluzioni per il risparmiatore. Una condizione grazie alla quale, potendo direttamente gestire molti dei costi interni al prodotto finanziario stesso, FinecoBank riesce ad estrarre maggiori marginalità. Non solo. L’istituto, che mantiene un’architettura aperta nella distribuzione, da un lato può sviluppare al meglio le partnership con le case terze; e, dall’altro, costruisce essa stessa prodotti per strategie ad hoc. Insomma: Fineco AM, le cui masse in gestione sono oltre 10 miliardi, è un tassello rilevante per la crescita della redditività. Sennonché il risparmiatore esprime il seguente ragionamento: sul mondo del risparmio gestito, in prospettiva ad esempio dell’effettiva entrata di vigore della Mifid2, è atteso l’incremento della pressione sui margini. Orbene: l’esporsi maggiormente all’asset management, è il dubbio, può impattare il business di FinecoBank. L’istituto, pure consapevole della dinamica in oggetto, professa ottimismo. Dapprima la società ricorda che la sua attività è articolata anche nel banking e nel brokerage. Una diversificazione che limita il rischio. Inoltre, sottolinea sempre la società, il gruppo fa leva sulla qualità dei servizi e il loro miglioramento. Un atout che il mercato apprezza, riconoscendo spesso un “premium price”. Non solo. Lo storico focus sull’efficienza operativa e tecnologica consente, è l’indicazione, da un lato di abbassare ad esempio il Ter (Total expence ratio, ndr) di un prodotto; e, dall’altro, di migliorarne i margini. Infine, afferma la banca, l’incremento della produttività dei consulenti, dimostrato tra le altre cose dal rialzo dell’ammontare medio dei total asset per singolo “advisor”, sostiene i margini. Quindi il gruppo indica di non vedere particolari problemi sul tema in oggetto. Ciò detto, tuttavia, può ulteriormente obiettarsi che la “debacle” dei mercati nel 2018 e l’attuale loro erraticità limitano la propensione degli investitori ad acquistare prodotti finanziari. Corretto, dice FinecoBank. Tuttavia, viene spiegato, si tratta di un tipico atteggiamento attendista in simili situazioni. Un’attitudine contingente che, anche nell’eventualità si prolungasse, il gruppo è pronto ad affrontare. In primis grazie all’allargamento della gamma delle soluzioni (tra gli altri i cosiddetti prodotti di decumulo). E poi, dice sempre la società, attraverso l’ampliamento dell’uso delle piattaforme di consulenza. Ad esempio con il loro utilizzo non solo per gli Asset under Management ma anche per quelli in custodia rispetto ai quali il risparmiatore, magari in possesso di Btp, può comunque chiedere un aiuto.
L’erogazione di prestiti
Fin qui alcune considerazioni sulle strategie dell’asset management e del risparmio gestito(al 31/01/ 2019 l’AuM era il 48,5% dei 71,31 miliardi di total asset di FinecoBank). Quale, però, la dinamica del business nel suo complesso? Il 2018 è stato contraddistinto da ricavi e redditività in crescita. L’utile netto rettificato è arrivato a 244,4 milioni (+4,7% rispetto a un anno prima). Il margine d’intermediazione, dal canto suo, è salito a 628,3 milioni (+7,1%. Quest’ultima voce contabile è stata spinta, tra le altre cose, dall’ “Investing” (cui si riconduce lo stesso mondo dell’Asset under Management) con le commissioni di gestione in incremento del 12,5% anche grazie ai “guided products”. Ciò detto un contributo lo ha dato lo stesso “Banking”. Qui i ricavi sono saliti dell’8,2% rispetto al 2017 con il margine d’interesse che, sempre al 31 dicembre scorso, è arrivato a 273,8 milioni. Il “Net interest income”, stimato nel 2019 in aumento a bassa singola cifra percentuale, per la maggiore parte è stato costituito dal ritorno sugli investimenti finanziari. Interessi che, seppure FinecoBank da tempo ha avviato il “run off” sui bond di UniCredit, sono ancora per buona parte costituiti dai rendimenti delle obbligazioni dell’istituto di piazza “Gae Aulenti”. Al di là di ciò, però, va rilevata l’accelerazione sul fronte dell’erogazione del credito. L’istituto, a ben vedere, si muove su tre livelli. Il primo è quello dei mutui. Il loro ammontare si è assestato, a fine 2018, a 859 milioni (+8,1%). L’obiettivo per la fine dell’esercizio in corso è arrivare a circa 350 milioni di nuovo erogato. Il secondo fronte è costituito dai prestiti personali. Qui l’incremento al 31/12/2018, rispetto a dodici mesi prima, è del 5,9%. Il target sul 2019? Intorno a 250 milioni di nuova produzione. Infine, ma non meno rilevante, il terzo punto: i prestiti lombard. Cioè i crediti garantiti da asset presso la banca. Il loro controvalore, sempre alla fine dello scorso esercizio, era poco sopra il miliardo. FinecoBank stima di incrementarlo di circa 500 milioni l’anno.
A fronte di un simile contesto il risparmiatore esprime un timore: la spinta sugli impieghi, apprezzabile anche per la diversificazione dell’attività, può tuttavia incidere sulla qualità degli attivi del gruppo. Diversi esperti invitano ad un ragionamento più articolato. In primis viene ricordato che i prestiti sono concessi solo alla clientela della banca stessa. Soggetti rispetto ai quali la società è in grado di valutare con efficacia il merito di credito e la solvibilità. Inoltre gli analisti sottolineano che il costo del rischio di credito commerciale, alla fine del 2018, è di 24 punti base. Un valore basso che FinecoBank vede stabilizzarsi rimanendo comunque al di sotto dei 30 basis point.
La raccolta netta, nel gennaio scorso, è stata di 348 milioni di cui 139 milioni quella gestita
Il mondo dell’intermediazione
Dal “Banking” al “Brokerage”. I ricavi di quest’ultimo settore, nel 2018, sono scesi dell’1% rispetto al 2017. La dinamica, oltre alla nuova regolamentazione introdotta dall’Esma, è stata causata soprattutto dalla volatilità. L’intermediazione degli ordini d’investimento, è noto, è correlata positivamente alla “volatility” dei listini. Questa, lo scorso anno, in media è stata bassa. Tanto è vero che, non appena nell’ultimo trimestre si è risvegliata, c’è stata la ripresa del business (+18,6% rispetto al terzo “quarter”).
Al di là di ciò FinecoBank, tranquilla rispetto all’andamento del “Brokerage”, da un lato sottolinea che quest’ultimo, come provato dall’incremento della quota di mercato del gruppo, continua ad espandersi. E, dall’altro, ribadisce il focus sull’intermediazione, la quale resta molto importante. Si tratta infatti di un’attività, per sua natura, anticiclica che contribuisce a stabilizzare i ricavi.
Infine i costi operativi. Questi, a ben vedere, sono saliti. Si sono assestati a 244,1 milioni (dato rettificato) in aumento del 4,7% rispetto al 2017. La dinamica potrebbe indurre a storcere il naso. E però va dapprima sottolineato che si tratta di maggiori oneri legati all’espansione del business. E poi che la loro accelerazione è inferiore al rialzo del margine d’intermedizione. Il rapporto tra costi operativi e ricavi (cost/income) è infatti calato al 38,9%. Un ratio basso che la società vede, nel medio periodo, in lenta e costante diminuzione.
A fronte di un simile contesto quali allora le prospettive sul 2019? FinecoBank, sottolineando la diversificazione del business che ne rafforza la sua resilienza in un contesto difficile, prevede l’incremento della sua attività.