In diciotto giorni arrivate 50mila domande
La corsa al pensionamento anticipato con 62 anni di età e 38 di contributi come requisiti minimi è arrivata, in diciotto giorni, a sfiorare le 50mila domande. Gli ultimi dati diffusi ieri dall’Inps sono aggiornati alle ore 18 di venerdì 15 febbraio e parlano di 49.922 richieste presentate, di cui 17.077 da lavoratori pubblici. La maggior parte delle domande arriva dagli uomini (oltre 38mila) ed è stata inoltrata attraverso i patronati (44.273).
Ecco le distribuzione per fasce di età: 16.443 domande sono di lavoratori fino a 63 anni di età, 23.284 da lavoratori di età compresa tra i 63 e i 65 anni e 10.195 da soggetti che hanno più di 65 anni. Tra le gestioni, i due “derby” principali soni tra la gestione lavoratori dipendenti (18.867) e la gestione pubblica (17.077), seguito da quello tra artigiani (4.067) e commercianti (3.994). In testa, per provenienza geografica, le province di Roma (3.875 istanze), Napoli (2.393) e Milano (1.895). A poca distanza Palermo (1.499). Oltre il migliaio anche Bari (1.273), Catania (1.263) e Torino (1.251). Secondo la Relazione tecnica al decreto quest’anno si stima un maggior numero di domande di ritiro anticipato da parte di 290mila lavoratori, di cui 102miladel settore privato e 88mila autonomi. L’ipotesi del governo è di una propensione al pensionamento dell’85% tra i privati e del 70% nel pubblico impiego. Propensioni che poi scenderebbero, rispettivamente, al 40% e al 45% negli anni successivi alla maturazione dei requisiti minimi.
Ipotizzando una pensione media annua di 28.300 euro per i privati, 30.200 per i pubblici e 18.400 per gli autonomi, quest’anno la maggiore spesa previdenziale innescata sfiorerebbe i 4 miliardi, che salgono a 7,8 nel 2020 e a 8,3 nel 2021. La proroga per un altro anno dell’Ape sociale potrebbe invece consentire un anticipo pensionistico per oltre 13mila lavoratori in condizioni di difficoltà, una stima, quest’ultima, destinata a essere corretta al rialzo se verrà approvato l’emendamento che consente l’aggancio all’Ape sociale a una residua aliquota di lavoratori considerati “esodati”.