Crescono i matrimoni misti sino-algerini
«Per comprendere un’altra persona bisogna imparare ad accettarla. Occorre cercare un punto in comune, e quando lo si trova rafforzarlo». Fazia Benyakoub, 41 anni è una donna intelligente e pragmatica. Eppure la sua vita non è stata facile. Il suo, spiega, è stato il secondo matrimonio in Algeria tra un cinese e un algerino. «Ora i tempi sono cambiati – racconta - . È più facile. Ma io mi ricordo che nel 2004, un anziano mi insultò dritto in faccia per aver osato andare contro le tradizioni».
Cinesi e algerini. Due popoli a prima vista distanti, arroccati sulle rispettive tradizioni. Agli occhi dei più conservatori quegli uomini con gli occhi a mandorla sono «le più strane delle persone strane». Per i più religiosi sono «gente senza Dio, dedita a mangiare maiale e bere alcool». Per i più pigri restano «persone ossessionate dal denaro e dal lavoro». Punti di vista. Ma la crescente presenza di cinesi in Algeria ha inevitabilmente portato a quello che dai più diffidenti è visto come un preoccupante effetto collaterale mentre, per i più aperti, come un esperimento capace di arricchire: i matrimoni misti. Sarebbero circa mille le coppie sino-algerine convolate a nozze. In gran parte uomini d’affari e manager cinesi che si sono accasati con un’algerina.
Fazia è sempre stata affascinata dalla cultura cinese. Tanto da studiarla ed essere assunta in un’azienda cinese. Ha incontrato il suo futuro marito sul luogo di lavoro. «In generale i cinesi non sono persone sentimentali. L’uomo che avevo davanti era invece un’eccezione, un cinese che mostrava le proprie emozioni. In principio comunicavamo a gesti. Io non volevo rinunciare ai miei valori. E non volevo rinunciare al mio futuro marito. Allora l’ho presentato alla mia famiglia che lo ha accolto. Due anni di visite in cui gli è stato spiegato l’Islam e le nostre tradizioni. E ci credete? Lui stesso ha deciso di convertirsi. Alla fine ha rinunciato anche a bere alcool».
La coppia ha aperto un grande ristorante cinese ad Algeri che funge anche da centro culturale, oltre a un’attività di import di prodotti alimentari cinesi. «I nostri due figli? sorride Fazia - il loro aspetto è asiatico, il loro carattere algerino». Nel ristorante accorrono diversi giovani algerini per studiare cinese. Il loro insegnante è un giovane autodidatta algerino che impartisce ai più volenterosi lezioni di kung fu. Hajir, 26 anni, laureata in fisica teorica, arriva da una città lontana. Dove gli stranieri sono visti con sospetto. «Mi piacerebbe avere degli amici cinesi» confida mentre si aggiusta il velo islamico. La ragazza al suo fianco i capelli li ha sciolti. Ha solo 15 anni: «Ho degli amici cinesi. Comunichiamo con poche parole e a gesti. Sono gentili e rispettosi».
Ma c’è reale integrazione? «I cinesi si integrano solo per questioni di lavoro» spiega Amal, 25 commessa. Il suo boss, Jambé, ha 27 anni. «Ho avuto offerte di matrimonio da cinesi ma le ho respinte. Abbiamo abitudini troppo diverse. Anche sul lavoro. «Sono abituato a lavorare otto ore spiega Ahmad, operaio alle dipendenze di un’azienda cinese - loro lavorano anche 12 ore di fila».