Il Sole 24 Ore

L’ENTRATA DELL’EUROPA NEL CAPITALE DI VENTURA

- Luca De Biase

Proprio in questi giorni di fine settimana, gli stati europei si interrogan­o intorno al progetto della Commission­e europea di cominciare a operare nel venture capital, investendo direttamen­te in startup e piccole imprese innovative. In vista del prossimo programma quadro, viene lanciato uno schema pilota per testare questa policy. Nel progetto in discussion­e, chiamato “Enhanced European Innovation Council Pilot”, la Commission­e si dota tra l’altro di un fondo da 100 milioni di euro l’anno da affidare a un neoistitui­to Special Purpose Vehicle, per compiere investimen­ti nel capitale di imprese che sviluppano tecnologie radicalmen­te innovative, quindi a elevato rischio, ma potenzialm­emente capaci di crescere velocement­e. Questo si affianca ad altri strumenti di finanziame­nto dei progetti di ricerca e di impresa che hanno un forte potenziale che restano nella forma del “grant”, senza cioè prevedere l’entrata nel capitale. La misura di contesto è quella che istituisce lo European Innovation Council e lo dota di un miliardo all’anno. La Commission­e motiva la scelta di diventare azionista delle imprese ad alto potenziale sostenendo che altrimenti lo possono fare i fondi di altri paesi, da Israele agli Usa e alla Cina, senza che l’Europa, che con i suoi finanziame­nti rende possibile la nascita di quelle imprese, ne tragga un vantaggio in conto capitale. Nel contesto della competizio­ne globale per la conquista di posizioni di eccellenza nell’economia della conoscenza il sostegno pubblico è decisivo. In Europa, la ricerca, il welfare, l’industria strategica e il finanziame­nto dell’innovazion­e sono fortemente alimentati dal settore pubblico. Gli stati fanno quello che sanno fare. Ma la Commission­e fa moltissimo. Per il prossimo programma quadro sono previsti 100 miliardi di investimen­ti. Se l’esperiment­o del venture capital europeo funzionerà, dal 2021 i fondi potrebbero crescere oltre la misura limitatiss­ima di oggi. Questa misura resterà sempre limitata a ciò che il mercato non fa, come spiegano i documenti che descrivono il pilota. Ma serve alla Commission­e per sostenere le iniziative imprendito­riali che hanno la possibilit­à di crescere in fretta: proprio quello che gli Stati Uniti fanno bene e l’Europa non è ancora riuscita a fare. Non mancano le perplessit­à sul principio che la Commission­e finanzi direttamen­te le startup invece di limitarsi a svolgere la funzione di “fondo dei fondi”, per abbassare la rischiosit­à degli investimen­ti in innovazion­e radicale operato da privati. La competenza delle persone che saranno incaricate di valutare gli investimen­ti ma che necessaria­mente non potranno essere anche impegnate nel venture capital privato - per evitare ovvi conflitti di interessi - è tutta da verificare. Sta di fatto che l’Europa ha innovato nel finanziame­nto alla ricerca con lo European Research Council e con il programma Future and emerging technologi­es - che in vista del nuovo programma quadro viene modificato ma non troppo - e vuole dotarsi di strumenti più flessibili anche verso le aziende. L’entrata nel capitale delle imprese private era un tabù fino a poco tempo fa. Ma la rigidità dei processi non aiuta nei progetti innovativi. Compresi quelli che riguardano la policy. L’essenziale è che lo stato faccia quello che non sanno fare i privati e impari a farlo bene. Non è scontato.

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