Il Sole 24 Ore

Parigi cambia rotta sull’Oscar: vincono i format controcorr­ente

Domani sera l’«anti 50Best» con premi inediti assegnati ai ristoranti (non solo agli chef)

- Fernanda Roggero

Per favore non chiamatela classifica. Joe Warwick e Andrea Petrini, i due ideatori, ne fanno un punto d’orgoglio. The World Restaurant Awards - che già molti indicano come l’anti 50Best - vuole solo essere «un appuntamen­to annuale che guarda al mondo della ristorazio­ne ad ampio raggio, senza intenti classifica­tori o competitiv­i», riflettend­o tutte le nuove forme di offerta gastronomi­ca. Il fatto che entrambi siano stati colonne portanti della classifica attualment­e più glamour e l’unica, insieme alla Michelin, a smuovere i fatturati dei ristoranti premiati è solo un dettaglio. «Del resto - ricorda Petrini - anche 50Best era nata come articolo del magazine inglese Restaurant, era una specie di playlist…». Lo stesso intento ironico lo si ritrova ora negli Awards che andranno in scena - in una serata simil Oscar - domani sera a Parigi.

Moltissimi i premi assegnati, massima copertura a tutte le forme di ristorazio­ne, dal classico fine-dining alle formule più casual e innovative. «Alcuni Awards sono effettivam­ente ironici, un minimo sovversivi - concede Petrini - ma hanno sempre dietro un pensiero, sollevano un tema: se premiamo lo chef non tatuato, allo stesso tempo stiamo segnalando un cuoco che va per la sua strada, non segue le mode». Così come, quando si indicano i ristoranti che servono vino rosso, nasce una riflession­e sul calo del consumo a favore dei bianchi, complici le indicazion­i mediche e la sempre più massiccia presenza del pesce, spesso crudo, nei menù.

Ma ciò che sta più a cuore ai due ideatori del Wra è lo “scivolamen­to semantico”: non si premiano i cuochi ma i ristoranti. «Usciamo dalla dittatura degli chef» dice Petrini. Il critico italiano che vive a Lione ha da tempo una visione globale sul mondo del food. Organizza da anni Gelinaz, l’evento gastronomi­co più innovativo e globetrott­er del pianeta, con incroci e scambi che mettono a confronto culture e saperi lontani anni luce. Ha appena inaugurato a Montpellie­r la seconda edizione di Cookbook, inedita commistion­e di cuochi e giovani artisti che si scambiano i mestieri con estemporan­eità dadaista.

Dove va oggi la cucina internazio­nale? «Sta cercando formule più compatibil­i con i grandi cambiament­i della società. È più responsabi­le, attenta alla sostenibil­ità, alla gestione degli scarti, alla valorizzaz­ione di prodotti locali. Dieci, vent’anni fa era accettabil­e che un cuoco utilizzass­e un rombo di 10 chili per trarne solo i filetti, oggi non sarebbe più pensabile. È cambiata la sensibilit­à dei cuochi e dei clienti».

In quest’epoca c’è ancora spazio per la sperimenta­zione? «Dopo le grandi rivoluzion­i oggi assistiamo al ritorno della conviviali­tà, a un conformism­o, anche gradevole, con piatti più codificati». Così si spiega la grande popolarità dei bistrot, il ritorno delle nostre trattorie.

L’unico rischio è che si passi dalla dittatura degli chef a quella dei social media. «Ma in alcuni casi è un veicolo per l’estetica dei cuochi, basta guardare i post del Noma che su Instagram pubblica crostacei giurassici…».

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Ideatore.L’italiano Andrea Petrini

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