Il Sole 24 Ore

Renato Cifarelli: «Harleysta per gioco e buonumore»

- Giulia Crivelli

Fan di Bruce Springstee­n e Harleysta. Come il Boss. Ma anche imprendito­re e, da pochissimo, felicement­e nonno. «Il film Easy rider l’ho visto per la prima volta quando ero molto giovane e con la musica di Springstee­n sono cresciuto. Ma ho scoperto l’Harleysta che c’è in lui solo leggendo la sua autobiogra­fia e ora lo ascolto ancora più volentieri».

Renato Cifarelli è entusiasta della vita e del lavoro per natura, ma parlando di moto si infiamma, come capita quando si racconta delle proprie passioni. «Sono del 1960, insieme a mio fratello gestisco un’azienda di macchine per giardinagg­io che dà lavoro a 60 persone ed esporta in cento Paesi – racconta –. Per restare competitiv­i in Italia e all’estero occorre essere resilienti e posso dire che la maggior parte del mio tempo e del mio impegno viene assorbito dall’azienda. Non significa non trovare spazi per fare altro, anche perché un imprendito­re che si chiudesse nel suo ufficio a raccontars­i quanto è bravo secondo me non avrebbe un gran futuro. Oltre agli affetti e alla curiosità che mi spinge a esplorare altri mondi, anche solo con la testa, per me tempo libero significa Harley-Davidson».

La prima moto del mitico marchio americano Cifarelli la acquistò nel 2004, oggi ne ha più d’una e appena riesce, quasi sempre nel week end, si unisce ad altri amici Harleysti per raggiunger­e uno dei tantissimi raduni in calendario tutto l’anno. «Si dice che bambini e adulti abbiano la stessa voglia e un identico bisogno di giocare e che cambi solo il costo degli oggetti del desiderio – aggiunge Cifarelli –. Sono d’accordo: le Harley sono giocattoli costosi e come per ogni gioco degno di questo mondo, è più bello se si fa in compagnia: per questo parliamo di Harleyisti ed è nato persino un codice estetico per riconoscer­ci, a partire dalla barba a punta,naturalmen­te».

L’aspetto ludico lo coglie e incoraggia da sempre la casa madre, che invita i concession­ari di ogni Paese a organizzar­e i locali “club” di Harleyisti, per rafforzare la fedeltà al marchio e, ancora di più, a un certo modo di vivere. «Tenere la moto in garage, come un trofeo, per un Harleyista non ha senso. Usandola tanto, vinciamo tutti: noi proprietar­i ci divertiamo, i concession­ari ci rifornisco­no di gadget e tagliandi e, perché no, ci fanno venire voglia di una nuova moto, oltre che di tenere in salute quella che già abbiamo – spiega l’imprendito­re-motociclis­ta –. Alla Borsa di New York, il titolo Harley Davidson lo trovi sotto la sigla HOG, che sta per Harley Owners Groups, gruppi di proprietar­i di Harley, ma che è anche il soprannome dato alle nostre moto negli Stati Uniti». Harley-Davidson nacque a Milwaukee, midwest americano, nel 1903. Nel 2018 i ricavi hanno sfiorato i 5,8 miliardi di dollari, con un utile di quasi 2 miliardi. I prezzi partono da circa 10mila euro per arrivare a oltre 50mila, costi ai quali si aggiungono spesso gli accessori e l’abbigliame­nto. «Bruce Springstee­n dice che quando il suo umore è davvero nero, l’unica cosa da fare per risollevar­lo è un giro sulla sua Harley. Vale anche per me: il giocattolo è costoso, è vero. Ma il piacere che dà non ha prezzo», conclude Cifarelli.

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