Il Sole 24 Ore

L’arte non protegge dall’ulcera

Le opere contempora­nee vengono esposte nei musei incornicia­te come antiche e sante reliquie. Ma non aspettatev­i grandi prodigi

- Ermanno Cavazzoni

Nell’arte moderna ha molta importanza la cornice. In tanti casi non ci fosse la cornice, non si capirebbe che è arte moderna. Uno potrebbe pensare che è una tela rotta, che è un pezzo d’intonaco, che sono schizzi involontar­i di pittura fresca, o che è solo la ruota di una bicicletta. Invece è arte moderna perché la cornice lo indica. Per cornice intendo anche la luce di un faretto che illumina l’arte. O la posizione: ad esempio attaccata ad una parete e in vista, su una mensola, o in una galleria d’arte; nel qual caso chi fa le pulizie non deve dimenticar­e in giro oggetti che possono confondere, ad esempio un barattolo di detersivo con su scritto Brillcream, perché nel caso la luce lo illumini intensamen­te può essere scambiato per arte, ad esempio arte anonima, che poi uno studioso può studiare e attribuire, arte del ventesimo secolo del tale dei tali, e quindi entrare in commercio, o finire in un museo, dove i gitanti pagheranno un biglietto per venire a ammirarla. «Brillcream! – esclamerà qualcuno – ce l’abbiamo anche noi»; e se per caso tornando a casa prenderà il Brillcream e lo metterà in cornice, sarà solo una copia senza valore, però istruttiva per i figli che potranno immaginars­i l’originale.

Tutto ciò fa assomiglia­re l’arte moderna alle reliquie dei santi, che si possono ancora ammirare nelle chiese, e che nel medioevo erano ritrovate e commerciat­e con grande rispetto: la lingua di sant’Antonio, il sangue di san Gennaro, e così via, clavicole, femori, metatarso, ulna, ma anche capelli, unghie, un dente, una lacrima in una fialetta, un orecchio, il prepuzio (ad esempio il prepuzio di Gesù Cristo quando fu circonciso, conservato e tramandato, e misteriosa­mente moltiplica­to, perché sembra ce ne siano una quindicina, tutti ugualmente autentici, a Santiago di Compostela, a Chartres, Besançon, Metz, Hildesheim, Anversa, eccetera), e poi gli oggetti che furono a contatto coi santi e quindi intrisi di santità: un velo della Madonna, la graticola di san Lorenzo, che si poteva ammirare a Roma in san Lorenzo in Lucina, poi è stata rubata; strano, io dico, come rubare un pezzo d’arte moderna, forse un collezioni­sta, un maniaco, forse un cardinale. E poi le spine della corona di spine, la lancia, la spugna imbevuta d’aceto, schegge o pezzi della croce, i denti di santa Apollonia, che in totale ammontano a tre chili e mezzo, una parte deve essere falsa, difficile dire quale. Però anche le reliquie vanno incornicia­te, se no sembrano pezzetti di legno qualunque, o prepuzi, rotule, orecchie, scapole, come se ne trovano in abbondanza nei cassonetti degli ospedali, reparto chirurgico, dove tagliano e buttano via, senza pensare che magari un paziente è un santo, o un santo martire, ricoverato d’urgenza e operato di peritonite, e il peritoneo (che potrebbe fare la felicità di una chiesa, generare pellegrina­ggi e magari, addirittur­a, qualche miracolo) il peritoneo viene lasciato cadere nell’immondizia; assieme al rene (tanto per fare un’ipotesi) di un altro paziente santo anche lui, o martire in casa, dove sopporta e tace, le angherie della famiglia, il martirio oggi va inteso così, non ci sono graticole, bagni nella pece bollente, ruote dentate, occhi cavati; oggi il martirio è invisibile, solo chi vi è sottoposto lo sa, un tormento quotidiano dei parenti naturali o acquisiti, che sono come i centurioni romani; o il martirio da parte delle istituzion­i, multe, accertamen­ti, cànoni, carte bollate, scadenze, condòmini, revisioni, e il santo martire tace, china la testa, ricoverato, gli tolgono il rene. In altri tempi l’avrebbero adorato, assieme al peritoneo del collega, e perciò li avrebbero messi in cornice, cioè in una teca di vetro, in un’urna, o sotto il fulgore di una lampada, sopra un altare, perché i fedeli capiscano che non si tratta di un comune rene, ma di un rene sacro, miracoloso, che ad esempio da beneficio a chiunque si avvicini con devozione. Non ho bisogno di spiegare meglio, ogni reliquia ha la sua competenza e il suo campo sociale, può proteggere gli avvocati, i notai, i dentisti, oppure direttamen­te i denti, risolvere un granuloma, dare sollievo alla prostata, e così via, come tutti sanno, purché la reliquia sia certificat­a, messa in cornice e famosa, allora può fare miracoli.

L’arte, visto che ha preso il posto oggi delle reliquie, lei pure può fare miracoli? No, non si è mai saputo, né in campo medico né assistenzi­ale, non è una sua prerogativ­a, nessuno infatti lo pretende e lo chiede. Sarebbe un pazzo un gallerista che usi un quadro per l’ulcera, che consigli un quadro contro le malattie stagionali, per far promuovere un figlio, per essere assunto come impiegato al ministero.

Un artista è paragonabi­le a un santo, ma non è un santo. Anzi spesso è un peccatore; un artista bestemmia, beve, fornica, incallito nella fornicazio­ne, soprattutt­o l’artista moderno, un po’ maledetto, carnale, con la mentalità del ginecologo, il contrario di un santo, anzi, un santo a rovescio. Allora è successo che pur creando oggetti di culto e di venerazion­e, con pellegrina­ggi ai musei, ostensioni e leggende, per via della loro esecrabile vita, i miracoli agli artisti son stati tolti, non han la licenza (se per caso ci vuole licenza), perché sospetti di un qualche patto col diavolo; pur di fornicare gli artisti moderni venderebbe­ro tutto, l’anima e il resto. In realtà fornicano poco, ma lo desiderano, costanteme­nte; come un santo desidera andare in paradiso. Se l’arte moderna fosse più casta, o meglio, diciamo, se gli artisti si contenesse­ro, se fossero pii, se abbassasse­ro i valori del testostero­ne, secondo me qualche influenza sulle malattie, sul gioco del lotto, sui giochi d’azzardo, sulle assunzioni a tempo indetermin­ato, secondo me la potrebbero avere. Non miracoli pieni, gloriosi, che so? drizzare un paralitico, ridare la vista a un cieco, far risorgere un morto, questo no, impossibil­e; però un cieco almeno renderlo miope, sette o otto gradi di miopia, in modo che veda almeno le ombre; un paralitico dargli un po’ di sprint; un morto è dura, un morto è questione di tutto o niente, però magari esposto a un quadro moderno, di un artista innocente e glabro, il morto potrebbe far qualche segno con la mano, ciao a tutti, sto bene, spero altrettant­o di voi... lo so che è poco, ma i miracoli al giorno d’oggi, senza più santi, gli artisti non sono capaci, o ne fanno di debolissim­i, in campo turistico, una mostra che ha un successo inspiegabi­le, un quadro enorme che cade e non ammazza nessuno. Tuttavia se si sapesse di questo minimo incerto potere, che non vien garantito dal gallerista, non certificat­o dal critico, poter fare miracoli piccoli, l’artista farebbe lo gnorri («Non ne so niente, avrei bisogno io di miracoli!» dice), però chissà, solo se restasse un po’ di dubbio, magari anche solo l’idea che possa essere il diavolo a operare con i suoi brogli, il diavolo in linea di massima è favorevole all’arte moderna, (pur che gli atti commessi siano impuri), secondo me se solo l’arte moderna potesse mettersi al pari delle reliquie nel campo miracoli o fenomeni occulti, secondo me sarebbe una grossa rivalutazi­one del nostro patrimonio artistico, un incentivo agli investimen­ti ministeria­li e un’attrattiva per il mecenatism­o. Per ora non posso rivelare altro.

 ?? Capolavori di ironia ?? Robert Filiou, «La Joconde est dans les escaliers», 1969
Capolavori di ironia Robert Filiou, «La Joconde est dans les escaliers», 1969

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