Come spiare da vivi le proprie esequie
Chiunque si conceda un po’ di tempo sui quattro volumi della History of the Reign of the Emperor Charles V di William Robertson (Londra 1769), opera elogiata da Voltaire, sarà incuriosito dalle mille prudenze di sua maestà quando decise, senza particolari rimpianti, di lasciare il potere. Si ritirava dalla vita - non dalla storia - nel monastero di San Jerónimo di Yuste. Questo monarca, nato per comandare, fu accolto da una processione di monaci intonanti il Te Deum. Organizzò, dopo non molta permanenza, le proprie esequie: ancora vivo volle spiare da un celato pertugio chi si sarebbe disperato e in che modo.
Eviteremo i particolari di quella messinscena, basterà ricordare che i cortigiani più servili credettero di essersi liberati dagli inchini; i religiosi, invece, fecero il loro lavoro e programmarono messe di suffragio a volontà. Per il comportamento tenuto sino a quel momento dai ruffiani presenti, diremo che non poterono utilizzare i consigli di d’Holbach contenuti nel Saggio sull’arte di strisciare, perché verrà scritto due secoli dopo; avrebbero potuto comunque consultare l’Avviso di favoriti e dottrina di cortigiani di Antonio De Guevara, che suggeriva con discrezione come leccare piedi e glutei ai potenti.
Invece per le messe da morto cantate, non necessarie giacché il defunto era ancora tra i vivi, possiamo rimandare i più interessati alla voce “suffragio”, che si legge nel Dizionarietto di latino di Edi Minguzzi e Paolo Cesaretti. Questo termine nella lingua d’uso da “voto a favore” ha assunto anche il significato di “aiuto” e “sostegno”: per tal motivo la “Messa in suffragio” è volta a “ottenere la remissione dei peccati per le anime del Purgatorio” (che al tempo di Carlo V era gremito).
Delizioso il Dizionarietto: come suggerisce il sottotitolo, aiuta a conoscere meglio «la rete comune d’Europa». Segue di un anno il Dizionarietto di greco dei medesimi autori e dello stesso editore, dove si riscoprono significati e oscillazioni delle parole dei nostri pensieri (un esempio: come nasce “democrazia” e cosa le è successo?). In un mondo in cui molti credono che “sponsor” sia un termine inglese, e invece è latino e significa “garante”, “mallevadore”, si capirà perché tale parola è stata presa in prestito dalla lingua oggi dominante. Oppure si potrà meglio conoscere l’etimo di termini carichi di significati. Qual è quello di “persona” nella lingua dell’antica Roma? Cesaretti e Minguzzi dedicano spazio, partendo dal fatto che “persona” era una “maschera da teatro”. S’incontra “personaggio” e nella storia della cultura si assiste allo slittamento semantico da “maschera” a “essere umano”.
Certo, un po’ di colpa l’ebbero anche gli stoici, scuola filosofica che considerava la vita di ognuno di noi come una recita sulla scena del mondo, costretti come siamo a interpretare il ruolo che ha scelto il destino. E questo anche se con la teologia cristiana la “persona” si eleva a dignità divina: la Trinità. Tommaso d’Aquino, seguendo Aristotele, ripeterà alla Chiesa e al mondo che quaggiù la qualifica di persona la merita l’individuo dotato di razionalità, associando al termine valori morali. Si potrebbe continuare con personalismo, con troppo altro. Il Dizionarietto di Cesaretti e Minguzzi vi accompagna tra significati e radici. Vi divertirete, per esempio, a capire meglio le avventure di “libertà” o “cittadino”.
In ogni caso è bene ricordarsi di Carlo V: sugli uomini, nessuna illusione. Per questo li osservò da un pertugio fingendosi morto. E quando si levano la maschera non diventano se stessi, ma ne cercano subito un’altra. Per cominciare una nuova recita.