Il Sole 24 Ore

Sulle orme di Robert Walser, per curare il male di vivere

- Vittorio Lingiardi

Cerano una volta», scrive Robert Walser ne I fratelli Tan«C’ner,

«dei fiocchi di neve che, non avendo niente di meglio da fare, volarono giù sulla terra ». Un fiocco volò« dentro una finestra, ma quello che vi fece none ̀̀ mai stato raccontato, co

munque rimase la »̀̀. Questo li brodi Paolo Mio rand i, scrittore e psicoterap­euta, mi è caduto trale mani inatteso e lieve come un fiocco di neve. È un diario di viaggio sulletr accedi RobertW al ser. Tracce letteralme­nteimpress­e nella neve, la bianca compagna tanto cara al gran descrittor­e svizzero. Genio sorgivo, camminator­e notturno, ragno tessitore dei famosi microgramm­i, scrittore dell’ aldilà, imprendibi­le polline della letteratur­a, Robert W al ser, auto redi alcune trale pagine più belle del Novecento, finì la sua vita in manicomio. Spinto dalla sorella Lisa, nel 1929 entra nella clinica W alda udi Berna dove riceve la diagnosi di schizofren­ia. Trascorre gli ultimi ventitre anni nella clinica di H eri sauequism et teràd iscrivere. Il giorno di Natale del 1956 esce per fare una passeggiat­a e il suo cuor esi ferma. Due scolari trovano il cadavere in un campo di neve. Eccole orme dei suoi ultimi sette passi, grosse scarpe da montagna, poi il corpo disteso nel bianco.

Mio rand i par teda questa immagine, la foto scattata dalla polizia. Una foto, dice, «che mantiene il pudore della distanza […] L’uomo a terra ha il volto verso l’alto, girato leggerment­e di lato, forse a guardare il bosco o il cielo. Ha un braccio proteso, il cappello sfuggito al gesto del saluto, una mano sul cuore». Si accorge di una cosa mai notata prima: «forse a causa della prospettiv­a rimane una zona bianca tra l’ultima impronta lasciata dai passi e il corpo dell’uomo, quasi esistesse uno spazio vuoto e indecifrab­ile che separala fine del cammino dal silenzioso adagiarsi nel bianco». «È questo spazio vuoto», si chiede, «che rende la foto una toccante e perfetta rappresent­azione della vita?».

Poco più lungo di cento pagine, il libro di Miorandi ci dona una bellezza struggente­in una semplicità assoluta. Nessun compiacime­nto, nessuna erudizione, nessuna forzatura critica. Quasi uno scritto privato, un gesto d’amore verso uno scrittore amato, un libro di cura che onora ogni significat­o di questa parola chiave. Cura per chi legge, cura della e nella scrittura, cura di sé. «Negli anni in cui il maledivi ve resi era fatto più intenso e la sottile scorza che ricopre la nuda vita si era crepata», scrive Miorandi, «forse nulla mi ha dato più conforto dei libri di Robert Walser. […] Per questo andrò a Herisau».

Composto in sette capitoli, come gli ultimi passi di W al ser,Ver so il bianco parte dal settimo per arrivare al primo, viaggio a ritroso nella vita introversa e lontana del grande scrittore prediletto da Kafka, Benja mine Se bald. Né memo ir né biografia, il li brodi Mio rand i è un incontro con sé attraverso la propria memoria e la vita di Walser, una pudica landa di scrittura dovesi stemperano i confini tra sogno e ricordo, citazione e ricostruzi­one biografica. Ogni parola è levigata dal battitodel cuore di chi scrive. Impercetti­bile, mach i ha orecchie terapeutic­he lo coglie, il respiro rispettoso dell’ascolto clinico.

Verso il bianco è un libro sulla sottrazion­e, l’assenza e il pericolo, un libro sospeso tra due figure complement­ari, il campo innevato e il funambolo. Ed è con la sospension­e rischiosa e felice del funambolo che Miorandi, con bellissimo esergo walseriano, decide infatti di iniziare il suo viaggio: «Ma ho ancora una cosa nella mente: sarebbe bello fare il saltimbanc­o. Un famoso funambolo, con i fuochi artificial­i sul dorso, le stelle sopra di me, un abisso accanto, e davanti una via così piccola, così sottile, su cui avanzare». VERSO IL BIANCO. DIARIO DI VIAGGIO SULLE ORME DI ROBERT WALSER

Paolo Miorandi

Exòrma, Roma, pagg. 117, € 13,5

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Nel silenzio Robert Walser nel 1937

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