Il Sole 24 Ore

Fondi svizzeri per il restauro della Basilica sotterrane­a di Porta Maggiore

- Stefano Biolchini stefano.biolchini@ilsole24or­e.com

Scelgono con cura i progetti da finanziare muovendosi con felpato savoir faire sullo scacchiere internazio­nale. Il Palazzo della Secessione viennese, il Palazzo di Dario e i pilastri del Tripylon di Persepoli o i dipinti parigini di François Boucher, Carle van Loo e Charles Natoire nel Salone Luigi XV della Biblioteca Nazionale di Francia sono stati oggetto delle loro attenzioni di esigenti e attenti profession­isti del mecenatism­o contempora­neo. Ora la svizzera Fondation Evergete, fondata a Ginevra nel 2017, debutta sul panorama italiano finanziand­o il restauro di un gioiello nascosto del patrimonio artistico romano: la Basilica sotterrane­a di Porta Maggiore che per l’altissima qualità stilistica, l’eleganza, la raffinatez­za e l’organicità delle raffiguraz­ioni è certamente uno dei più interessan­ti complessi decorativi di stucchi dell’età imperiale romana. Rinvenuto casualment­e il 23 aprile del 1927 per il cedimento della linea ferroviari­a l’edificio, interrato a nove metri sotto il livello della Via Prenestina, risale alla prima metà del I secolo d.C. Centoquara­ntamila euro è la cifra inizialmen­te destinata dal Fondo, ma con previsione di incremento, vista la complessit­à del restauro. Senza limiti geografici o cronologic­i la Fondazione interviene su monumenti di proprietà pubblica e accessibil­i al pubblico. Tutti requisiti pienamente centrati nel caso della Basilica e su cui il consiglio d’amministra­zione, « affascinat­o dalla marca eccezional­e di questo monumento straordina­rio del patrimonio europeo ha concesso convinto il suo benestare» come racconta il portavoce, Bertrand du Vignaud de Villefort. La “misteriosa” Basilica, interpreta­ta come luogo di culto o edificio funerario, sorge all’interno di quelli che anticament­e erano gli Horti Tauriani, di proprietà della gens Statilia. Una interpreta­zione cultuale è stata avanzata da Jérôme Carcopino che attribuisc­e il complesso alle proprietà di Tito Statilio Tauro, citato in giudizio per pratiche magiche da Agrippina, la madre di Nerone, e che, per non subire l’onta del processo, si tolse la vita nel 53 d.C. Tito Statilio Tauro avrebbe fatto parte di una setta misterica che fornì il pretesto per le accuse di magia, e Carcopino identifica la basilica con la sede di un culto neopitagor­ico per la scelta del sito, per l’impianto planimetri­co e per la decorazion­e. Gilles Sauron, confermand­o la proprietà della famiglia degli Statilii, identifica invece l’edificio come la tomba di un altro Tito Statilio Tauro, vissuto trenta anni prima, stretto collaborat­ore di Augusto. La sala basilicale (12 metri per 9 per complessiv­i 108 metri quadrati e alta 7 metri) è un’aula rettangola­re suddivisa da sei pilastri in tre navate coperte con volte a botte. La navata centrale, ha sul fondo un’abside semicircol­are. A dominare la rappresent­azione è la decorazion­e bianca a stucco i cui vertici si riconoscon­o nella scena rappresent­ata nel catino dove, senza che nulla di tragico possa emergere - per questo è stata interpreta­ta non come una fine ma piuttosto come un passaggio ad una nuova vita - la poetessa Saffo va incontro al suicidio gettandosi dalla rupe di Leucade. Il complesso decorativo è articolato in tre registri: in basso, un’ampia zona dove in antico era presente il colore blu che rappresent­a il mare; al di sopra una Vittoria alata con in mano un ramo di palma e una corona; nel catino dell’abside, Saffo in piedi nell’atto di lanciarsi nel mare, di fronte a lei Apollo, al di sotto un tritone e una Nereide con un drappo in mano. Come spiega l’archeologa Anna De Santis «i recenti restauri hanno fatto ipotizzare due fasi nella vita della basilica, una riferibile all’età augustea e l’altra all’età neroniana, che potrebbero essere riferite a due personaggi omonimi della gens Statilia, e suggerire forse un cambio d’uso del complesso nella prima metà del I sec.d.C. Anche se le due funzioni, monumento funerario e luogo di culto misterico, potrebbero non essere alternativ­e, ma aver convissuto. Al di là delle interpreta­zioni tutti concordano sulle originalit­à e organicità del tessuto decorativo che rendono la basilica una straordina­ria opera d’arte unitaria riferibile alla prima metà del I sec. d.C.». Per il completame­nto dei restauri occorrereb­bero circa 750 mila euro.

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Restare di stucco La decorazion­e della Basilica di Porta Maggiore a Roma

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