Fondi svizzeri per il restauro della Basilica sotterranea di Porta Maggiore
Scelgono con cura i progetti da finanziare muovendosi con felpato savoir faire sullo scacchiere internazionale. Il Palazzo della Secessione viennese, il Palazzo di Dario e i pilastri del Tripylon di Persepoli o i dipinti parigini di François Boucher, Carle van Loo e Charles Natoire nel Salone Luigi XV della Biblioteca Nazionale di Francia sono stati oggetto delle loro attenzioni di esigenti e attenti professionisti del mecenatismo contemporaneo. Ora la svizzera Fondation Evergete, fondata a Ginevra nel 2017, debutta sul panorama italiano finanziando il restauro di un gioiello nascosto del patrimonio artistico romano: la Basilica sotterranea di Porta Maggiore che per l’altissima qualità stilistica, l’eleganza, la raffinatezza e l’organicità delle raffigurazioni è certamente uno dei più interessanti complessi decorativi di stucchi dell’età imperiale romana. Rinvenuto casualmente il 23 aprile del 1927 per il cedimento della linea ferroviaria l’edificio, interrato a nove metri sotto il livello della Via Prenestina, risale alla prima metà del I secolo d.C. Centoquarantamila euro è la cifra inizialmente destinata dal Fondo, ma con previsione di incremento, vista la complessità del restauro. Senza limiti geografici o cronologici la Fondazione interviene su monumenti di proprietà pubblica e accessibili al pubblico. Tutti requisiti pienamente centrati nel caso della Basilica e su cui il consiglio d’amministrazione, « affascinato dalla marca eccezionale di questo monumento straordinario del patrimonio europeo ha concesso convinto il suo benestare» come racconta il portavoce, Bertrand du Vignaud de Villefort. La “misteriosa” Basilica, interpretata come luogo di culto o edificio funerario, sorge all’interno di quelli che anticamente erano gli Horti Tauriani, di proprietà della gens Statilia. Una interpretazione cultuale è stata avanzata da Jérôme Carcopino che attribuisce il complesso alle proprietà di Tito Statilio Tauro, citato in giudizio per pratiche magiche da Agrippina, la madre di Nerone, e che, per non subire l’onta del processo, si tolse la vita nel 53 d.C. Tito Statilio Tauro avrebbe fatto parte di una setta misterica che fornì il pretesto per le accuse di magia, e Carcopino identifica la basilica con la sede di un culto neopitagorico per la scelta del sito, per l’impianto planimetrico e per la decorazione. Gilles Sauron, confermando la proprietà della famiglia degli Statilii, identifica invece l’edificio come la tomba di un altro Tito Statilio Tauro, vissuto trenta anni prima, stretto collaboratore di Augusto. La sala basilicale (12 metri per 9 per complessivi 108 metri quadrati e alta 7 metri) è un’aula rettangolare suddivisa da sei pilastri in tre navate coperte con volte a botte. La navata centrale, ha sul fondo un’abside semicircolare. A dominare la rappresentazione è la decorazione bianca a stucco i cui vertici si riconoscono nella scena rappresentata nel catino dove, senza che nulla di tragico possa emergere - per questo è stata interpretata non come una fine ma piuttosto come un passaggio ad una nuova vita - la poetessa Saffo va incontro al suicidio gettandosi dalla rupe di Leucade. Il complesso decorativo è articolato in tre registri: in basso, un’ampia zona dove in antico era presente il colore blu che rappresenta il mare; al di sopra una Vittoria alata con in mano un ramo di palma e una corona; nel catino dell’abside, Saffo in piedi nell’atto di lanciarsi nel mare, di fronte a lei Apollo, al di sotto un tritone e una Nereide con un drappo in mano. Come spiega l’archeologa Anna De Santis «i recenti restauri hanno fatto ipotizzare due fasi nella vita della basilica, una riferibile all’età augustea e l’altra all’età neroniana, che potrebbero essere riferite a due personaggi omonimi della gens Statilia, e suggerire forse un cambio d’uso del complesso nella prima metà del I sec.d.C. Anche se le due funzioni, monumento funerario e luogo di culto misterico, potrebbero non essere alternative, ma aver convissuto. Al di là delle interpretazioni tutti concordano sulle originalità e organicità del tessuto decorativo che rendono la basilica una straordinaria opera d’arte unitaria riferibile alla prima metà del I sec. d.C.». Per il completamento dei restauri occorrerebbero circa 750 mila euro.