Paolo Grassi di arte e bellezza
Il Piccolo Teatro, a Milano, c’è ancora, più che mai. Molti spettacoli dell’ultimo trentennio li abbiamo ammirati: la bellezza dell’intelligenza, unico antidoto alla bruttezza dell’ottusità, è anche l’unica arma contro il Brutto ideologico, nel quale identifichiamo il vero Male. Rimpianti? È ragionevole rispondere: “no”. Nell’ultimo trentennio, l’eredità di Paolo Grassi ha continuato, molto spesso, ad appagarci e a suscitare ammirazione, e del resto il teatro come “symbolische Form”, senza “hic” e senza “nunc”, è di per sé il contravveleno per eccellenza, l’anti-mondo, l’antiesistente.
Eppure, dovremmo rimproverare alla Milano di oggi una colpa: essere il presente e non il passato, soprattutto non essere il nostro passato. Forse rattrista che ci sia negata oggi la felicità di scoprire, in un dopoguerra colmo di speranze, L’eredità del Felis di Luigi Illica (per molti, fu la scoperta di un drammaturgo crudele, osservato nel suo essere autonomo rispetto al teatro d’opera), oppure la grande “contaminatio” che diede vita, nel Gioco dei potenti, ad uno Shakespeare visto di scorcio, dal basso in alto, e ritmato come una danza macabra, o la “messa laica” di Vita di Galileo. E se in parte l’antico fascino è evaporato, la colpa non è delle istituzioni teatrali (Scala compresa): semplicemente non esiste più quel pubblico, non ci sono più quei reggitori del Comune dotati di cultura e idee. Mancano quegli arcivescovi, che possedevano cervello, stile e lingua italiana.
Ecco perché salutiamo, commossi, il lavoro compiuto da un animatore nato, nemico del torpore mentale, come Fabio Francione, eminenza grigia di molte entusiasmanti iniziative, che ha celebrato il primo centenario di Paolo Grassi (Milano, 30 ottobre 1919 – Londra, 14 marzo 1981) curando con perfezione ed empatia (nei lavori di Francione, quell’abbinamento è d’obbligo) un libro che è saggio e incomparabile documento insieme: immagini, facsimili, istantanee miracolosamente salvate dal Nulla, e una nota biografica cui non manca l’aura di quell’epoca.
Risulta da queste pagine il rapporto a livello altissimo che Grassi ebbe con la musica, e non soltanto in occasione della sua troppo breve sovrintendenza alla Scala, e si paragoni ciò che per lui, non musicista, è stata la musica, con le scelte “musicali” di ahinoi “viventi”: di editori che hanno pubblicato Croce, Gentile, Kant, Hegel, di presidenti di Tribunale, di celebre scienziati, artisti, filologi, raccolte in un spassoso ( e rattristante ) libro da Severino Salvemini.
Fondatore del Piccolo di
Milano, fu sovrintendente
alla Scala