UN SUPERMERCATO SUL DANUBIO BLU
Christian (Franz Rogowski), Bruno (Peter Kurth), Rudi (Andreas Leupold), Marion (Sandra Hüller) e molti altri lavorano in un supermercato, da qualche parte nell’Est della Germania. Più che di un supermercato si tratta di un enorme, anonimo magazzino vicino a un’autostrada e al rumore continuo e sordo delle auto e dei camion. Christian è l’ultimo arrivato, un pivello che non sa manovrare un muletto meccanico e men che meno un carrello elevatore. Bruno, veterano dello stoccaggio, ha il compito di insegnargli il mestiere, e con il mestiere il senso della vita nel microuniverso di scatoloni, pacchi, cestelli d’acqua, dolci e surgelati che si muove in Un valzer tra gli scaffali (In den Gängen, Germania, 2018, 125’).
Tratto da un racconto di Clemens Mayer e scritto con lo stesso Mayer dal regista Thomas Stuber, il film è aperto dalle note di Sul bel Danubio blu. L’accostamento tra la musica di Johann Strauss e i grigi corridoi (in tedesco Gänge) che riempiono l’inquadratura è una promessa che il trentasettenne Stuber riesce a mantenere. Nei gesti sempre uguali dei commessi, nell’apparenza della loro tediosa quotidianità, si rivelano un’umanità tenera e forte, una solidarietà colma di simpatia, una leggerezza di intelligenza e spirito degne del più famoso dei valzer.
Sullo sfondo del racconto, al di fuori del magazzino, c’è la storia tedesca recente, con la fine della Repubblica di Pankow e la riunificazione. Bruno rimpiange quel mondo lontano, non per via della politica, ma del lavoro che in quegli anni era il suo. Guidava tir poderosi lungo la stessa autostrada il cui frastuono ora gli arriva cupo come un mugghiare di onde. Il rimpianto non gli impedisce però d’essere e mostrarsi orgoglioso del suo mestiere nuovo. E con orgoglio lo insegna al giovane Christian.
A meno di trent’anni, Christian sembra fuggire da un passato pesante. Non ne parla con i compagni di lavoro – del resto, parla poco anche d’altro –, ma per lui parlano i tatuaggi che porta sulle braccia e che deve nascondere per non infastidire i clienti. È pieno di volontà e impegno, il pivello. Guidato paternamente da Bruno, un po’ alla volta ne prende l’orgoglio del fare, del saper fare. Non lo spinge la disciplina imposta dal piano superiore, dove stanno quelli che comandano. Anzi, a loro volentieri nasconde (con gli altri) piccoli furti di prodotti scaduti, crimini innocui eppur vietatissimi. Lo muove invece il rispetto di sé.
Un rispetto, questo, che permea e rende leggero tutto quel piccolo universo, a partire da Rudi, il capo responsabile di tutti i corridoi. Quando, silenzioso e colmo di magia inaspettata, inizia il turno di notte, Rudi lo annuncia con la solennità della musica di Johann Sebastian Bach. E quando quel turno finisce, si mette sulla porta e saluta tutti uno per uno, e a ognuno stringe la mano ringraziandolo. L’universo che vive nel magazzino è più ricco di umanità di quello sta fuori…
Poi c’è Marion, la bella Marion che stuzzica il pivello, e di cui lui si innamora. Non sarà facile convincerla, e ancora meno aiutarla a trovare il coraggio d’essere felice. Insieme ci riusciranno. Allora, portando al soffitto il piano d’un carrello elevatore e facendolo scendere molto piano – secondo una magia che Bruno ha svelato a Christian –, scopriranno che in un certo corridoio si sente il mare. Non un mugghiare cupo e sordo di onde, ma la sua musica leggera, gioiosa come un valzer.