Banche, la forma prevale sulla sostanza e la Corte d’appello annulla il rimborso Anac
L’articolo 1, comma 855, della legge 208/2015 ha istituito il Fondo di solidarietà in favore dei risparmiatori che hanno sottoscritto gli strumenti finanziari subordinati emessi da Carife, Banca Marche, Banca Etruria e CariChieti. Due sono le modalità di accesso al Fondo di solidarietà: una procedura “diretta” e una procedura arbitrale, decisa da collegi permanenti istituiti presso l’Anac.
Al termine di un giudizio particolarmente celere, durato circa cinque mesi, la Corte di appello di Roma, con sentenza del 23 gennaio 2019, ha annullato un lodo pronunciato da uno di tali collegi, che aveva condannato il Fondo Interbancario, quale gestore del Fondo di solidarietà, ad indennizzare l’acquirente di alcuni strumenti finanziari emessi da Banca Etruria. Tenuto conto della novità e della complessità della normativa, sarebbe stato probabilmente preferibile – per una volta – un processo meno rapido, che avesse tuttavia condotto a una più meditata, e diversa, soluzione dei problemi affrontati.
Innanzitutto, può mettersi in dubbio la correttezza dello strumento impugnatorio scelto dal Fondo Interbancario per contestare il lodo. Benché la normativa di riferimento non qualifichi espressamente l’arbitrato come rituale o irrituale, prevalgono gli indici a favore di quest’ultimo (è infatti inapplicabile l’articolo 825 c.p.c.). Di conseguenza, il Fondo Interbancario avrebbe dovuto impugnare il lodo presso il Tribunale ai sensi dell’articolo 808 ter c.p.c. e non presso la Corte di appello in forza dell’articolo 829 c.p.c.
Appare opinabile anche la soluzione adottata nel merito della controversia. Il vizio del lodo denunziato dal Fondo Interbancario, infatti, consisteva nell’avere considerato il risparmiatore legittimato a utilizzare l’arbitrato, benché egli avesse in precedenza già proposto un’istanza al Fondo di solidarietà per ottenere un indennizzo con la procedura “diretta”.
Nel caso di specie, il risparmiatore aveva sì presentato l’istanza “diretta” al Fondo, ma questa era stata rigettata e così, successivamente, aveva avviato l’arbitrato. La Corte di appello accoglie le ragioni del Fondo Interbancario e annulla il lodo, interpretando letteralmente l’articolo 9 del decreto legge 59/2016, che parla di «presentazione» dell’istanza per l’accesso “diretto”, come condizione ostativa all’arbitrato. In realtà a noi pare che tale norma avrebbe dovuto essere interpretata in modo teleologico e sistematico, giungendo quindi a un’opposta soluzione. La ratio della disposizione, infatti, è quella di evitare sovrapposizioni tra le due procedure e possibili duplicazioni degli indennizzi.
Se queste esigenze non vi sono, perché la procedura “diretta” si è già conclusa negativamente per il risparmiatore, non si vede per quale ragione dovrebbe essergli precluso il ricorso all’arbitrato. Né il Dl 59/2016 poteva prendere in esame questo caso, per la semplice ragione che, in astratto, i due rimedi erano destinati a divenire operativi in parallelo, cosa che poi non è avvenuta, per i ritardi nell’emanazione delle norme attuative della procedura arbitrale presso l’Anac.
La sentenza si conclude con la condanna alle spese sulla base della soccombenza, senza alcuna compensazione. Oltre al danno, quindi, anche la beffa per il risparmiatore che si è visto negare (a pagamento) dalla giustizia statale l’indennizzo accordatogli (gratuitamente, per l’articolo 3, comma 8, del Dm 83/2017) dal collegio arbitrale.