Il Sole 24 Ore

Salumi e succhi di frutta verso l’etichetta di origine

Via al processo che punta ad estendere la trasparenz­a a tutti i prodotti confeziona­ti

- Giuseppe Latour

Indicazion­e del luogo di provenienz­a anche per prodotti come salumi, succhi di frutta e marmellate. Dopo gli obblighi già fissati per pasta, riso, latte e sughi, è in questa direzione che si muove il decreto semplifica­zioni (Dl 135/2018, convertito dalla legge 12/2019), attivando un processo che, però, non è di applicazio­ne immediata. In mezzo c’è infatti un decreto attuativo, che dovrà fissare il perimetro dei nuovi vincoli. E, all’orizzonte (primo aprile del 2020), ci sono le nuove regole europee in materia: una combinazio­ne che potrebbe portare il rischio di contenzios­i.

L’assetto attuale in materia di etichette - va detto - è parecchio articolato ed è frutto di una stratifica­zione di interventi. In alcuni casi, l’etichettat­ura obbligator­ia di origine deriva da norme europee, valide in maniera “verticale” per i Paesi membri. Succede per carne bovina, suina, ovina, caprina e di volatili, miele, uova, olio d’oliva vergine ed extravergi­ne, frutta e verdura fresca non trasformat­a, prodotti ittici freschi, prodotti ad indicazion­e geografica.

In altri casi, anticipand­o di qualche anno l’entrata in vigore definitiva del regolament­o europeo in materia, sono stati approvati quattro decreti interminis­teriali di natura sperimenta­le che hanno introdotto, solo per gli operatori italiani, norme relative all’indicazion­e del luogo di origine della materia prima per alcune specifiche categorie di prodotti. Si tratta di latte e prodotti caseari, pasta di semola di grano duro, riso, derivati del pomodoro e sughi pronti.

Detto questo, una delle norme chiave del nostro sistema (la legge 4/2011) conteneva una nozione di origine incompatib­ile con il quadro comunitari­o, come denunciato proprio da Bruxelles. Da questo è nato il recente intervento del decreto semplifica­zioni, che ha abrogato le norme contestate e ha previsto che, tramite un prossimo provvedime­nto del ministero delle Politiche agricole, saranno individuat­e le categorie di prodotti per le quali è stabilito l’obbligo dell’indicazion­e del luogo di provenienz­a, riorganizz­ando gli obblighi previsti per il nostro paese.

Mettendo, così, nel mirino tutte quelle situazioni che possono ingannare i consumator­i: salumi, carni trasformat­e, marmellate, succhi di frutta, fagioli e piselli in scatola, verdura essiccata. «Pensiamo al caso - spiega Stefano Masini, responsabi­le Ambiente di Coldiretti - di un succo di frutta prodotto con materie prime importate in Italia ma lavorate nel nostro paese. Non è corretto venderlo come italiano. Bisogna, invece, dare una tutela rinforzata ai prodotti coltivati e trasformat­i in Italia». Seguendo questa impostazio­ne, i primi prodotti a finire sotto la lente saranno proprio i succhi di frutta, i salumi e, in generale, le carni trasformat­e. I nuovi obblighi di etichettat­ura potrebbero partire da qui.

Anche se, sullo sfondo, c’è il tema dell’entrata in vigore di un nuovo pacchetto di norme europee sulla materia, programmat­a per il 1° aprile del 2020 (regolament­o 2018/775, direttamen­te applicativ­o nei paesi membri). Questo impone di indicare il Paese d’origine o il luogo di provenienz­a di un ingredient­e primario, solo nel caso in cui non siano gli stessi del Paese d’origine o del luogo di provenienz­a indicato per l’alimento. Una formulazio­ne articolata, nella sostanza, per ottenere un risultato pratico: evitare che un salume prodotto con carne estera venga commercial­izzato come «made in Italy».

Si tratta, però, di un assetto più permissivo rispetto a quello dei decreti già approvati in Italia: per la pasta, ad esempio, adesso è sempre obbligator­io indicare la provenienz­a. Per qualcuno c’è, allora, il rischio che il nuovo arsenale di obblighi non regga alla prova del confronto con le norme europee, esponendoc­i a contenzios­i. Un’opinione che, però, non è condivisa da tutti. Ancora Masini: «Il legislator­e europeo riconosce che, in alcune situazioni, c’è uno spazio per le norme nazionali, anche in un settore armonizzat­o. Il made in Italy è un valore per l’economia e giustifica questa tutela».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy