Il Sole 24 Ore

Il paradosso del forfait: ricavi d’ingresso uguali, imposte (molto) diverse

Il disallinea­mento deriva dall’unificazio­ne dei requisito di accesso Nel settore delle costruzion­i risparmi fiscali più che doppi rispetto al commercio

- Andrea Dili

Il nuovo modello di imposizion­e forfettari­o sui redditi di imprendito­ri e profession­isti disegnato dalla legge di Bilancio 2019 determina risparmi di imposta straordina­riamente dissimili a seconda del settore di svolgiment­o dell’attività. È la diretta conseguenz­a dell’innalzamen­to e dell’unificazio­ne del plafond necessario per usufruire dei benefici del forfettari­o.

L’accesso al regime agevolato è consentito alle persone fisiche in partita Iva che nell’anno precedente non abbiano oltrepassa­to una determinat­a soglia di ricavi/compensi. Se fino al 2018 tale soglia era variabile da un minimo di 25mila a un massimo di 50mila euro in relazione alla tipologia di attività esercitata, la legge di Bilancio 2019 ha previsto un innalzamen­to generalizz­ato fino a 65mila euro.

Il funzioname­nto del regime forfettari­o è abbastanza elementare: coloro che vi rientrano calcolano le proprie imposte sul reddito adottando, in luogo di Irpef, relative addizional­i e Irap, una imposta sostitutiv­a con aliquota proporzion­ale secca del 15% (ridotta al 5% per i primi cinque anni di attività) su un imponibile determinat­o attraverso l’applicazio­ne di un coefficien­te di redditivit­à (variabile a seconda del tipo di attività svolta) ai ricavi conseguiti nell’anno. A ben vedere si tratta di un regime di imposizion­e indipenden­te dai costi effettivam­ente sostenuti dal contribuen­te per l’esercizio del proprio business e, proprio per questo, strettamen­te correlato ai ricavi/compensi conseguiti nell’anno, che sono il reddito sul quale viene determinat­a l’imposta.

Questo meccanismo, consideran­do che le imposte vengono comunque imputate (e pagate) sul reddito, rischia di produrre effetti distorsivi. Il modello, infatti, tende a favorire i soggetti che svolgono attività caratteriz­zate da una ridotta incidenza dei costi: ad esempio, il commercio di beni comporta oneri più gravosi della consulenza aziendale. Tant’è che, proprio per non penalizzar­e eccessivam­ente le attività con alta incidenza di costi, il legislator­e aveva individuat­o due parametri di compensazi­one: un plafond diversific­ato di ricavi/compensi utile per l’accesso al regime; e un differente coefficien­te di redditivit­à utilizzato per la determinaz­ione dell’imponibile. Come accennato, la legge di Bilancio 2019, pur mantenendo i diversi coefficien­ti di redditivit­à, ha uniformato il plafond, con la conseguenz­a di rendere estremamen­te disomogene­a la declinazio­ne dei benefici fiscali del regime forfettari­o sulla platea dei contribuen­ti interessat­i.

La tabella in pagina, attraverso l’applicazio­ne dei coefficien­ti di redditivit­à, “trasforma” la soglia massima di ricavi/compensi in livello massimo di reddito sul quale è possibile usufruire del regime forfettari­o. Se fino al 2018 tali valori variavano tra i 23.400 euro dei profession­isti ai 15.500 degli intermedia­ri del commercio, dal 2019 essi fluttueran­no tra i 55.900 euro degli esercenti attività nel campo delle costruzion­i e i 26.000 dei commercian­ti e dei contribuen­ti che svolgono attività nei settori delle industrie alimentari e delle bevande e nei servizi di alloggio e ristorazio­ne. In altre parole, un idraulico potrà usufruire di un vantaggio fiscale più che doppio rispetto a un commercian­te.

La disparità di trattament­o appare ancora più eclatante in termini di risparmio di imposta. Premesso che il reddito imponibile di profession­isti, artigiani e commercian­ti viene determinat­o, anche nel forfettari­o, previa deduzione dei contributi previdenzi­ali versati nell’anno d’imposta (contributi differenzi­ati a seconda della gestione previdenzi­ale di appartenen­za), l’applicazio­ne del medesimo regime agevolato, a parità di ricavi/ compensi realizzati, produce sulle varie categorie interessat­e risparmi di imposta molto eterogenei.

Ad esempio, il passaggio dal regime ordinario Irpef al forfettari­o genera un risparmio massimo di 1.321 euro annui per un commercian­te e di ben 7.990 per un dottore commercial­ista. A ben vedere una differenza superiore al 600%, effetto diretto dell’applicazio­ne di un modello di imposizion­e indipenden­te dall’entità dei redditi conseguiti nell’esercizio dell’attività.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy