Il Sole 24 Ore

L’Italia resta fuori dal disegno dell’integrazio­ne europea

- —Giuseppe Chiellino

Spesso è avvenuto in passato che nei momenti di crisi profonda il processo di integrazio­ne europea abbia compiuto i passi più significat­ivi. È questa una caratteris­tica scritta nel dna dell’Unione europea che oggi si sta preparando ad affrontare un altro tornante della sua storia. Un tornante in cui, mentre il tradiziona­le motore franco-tedesco è in accelerazi­one, l’Italia rischia molto concretame­nte di finire fuori strada perché schiaccia il freno.

Le ultime due iniziative di Parigi e Berlino, sulla politica industrial­e comune e sul bilancio dell’Eurozona, stanno maturando in completa assenza dell’Italia che - forse potrà intervenir­e nel confronto solo in una fase successiva, di correzione e non di proposta. Eppure, con Brexit, Roma avrebbe potuto aspirare ad essere il terzo vertice di un nuovo “triangolo” aggregator­e nell’Unione, ma questa ipotesi è stata solo una fugace illusione.

Al di là delle coalizioni istituzion­ali, come l’eurozona, l’area Schengen o la cooperazio­ne nella difesa (PeSco), l’Unione va avanti anche e soprattutt­o grazie alle alleanze strategich­e non istituzion­alizzate che di volta in volta si compongono tra Stati membri con interessi convergent­i su obiettivi specifici. Perciò è disarmante, anche se non è una sorpresa, vedere l’Italia sistematic­amente assente da questi tavoli informali su cui altri stanno disegnando il futuro dell’Europa. Nel cosiddetto gruppo G3, che ha l’obiettivo di porsi come principale forza propositiv­a sui dossier più importanti - dal bilancio alle migrazioni, alle prossime nomine comunitari­e - accanto a Francia e Germania non c’è l’Italia ma la Spagna. C’è da dire che non sempre è colpa degli altri. Il patetico tira e molla sulla Tav Torino-Lione, oltre che l’incapacità di decidere della classe politica, svela anche graficamen­te l’immagine di un Paese che si sta tagliando fuori. E quel che è ancora più grave, senza capire bene perché. In questo momento, a Bruxelles ma anche nelle altre capitali, non si sa bene a chi si può fare riferiment­o, all’interno del governo italiano, sulle questioni comunitari­e. Per ricomporre la crisi diplomatic­a con la Francia è dovuto intervenir­e il presidente della Repubblica, Mattarella. Con la Germania i canali di comunicazi­one non si può dire che stiano vivendo una stagione di particolar­e fluidità. E a Bruxelles si chiedono chi è, nel governo, l’interlocut­ore più adatto sulle questioni comunitari­e. Paradossal­mente, rispetto alle premesse, l’uscita di Paolo Savona, a cui era stato affidata la delega agli Affari europei, non potrà che peggiorare la situazione. Resta il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, che ha le carte in regola per rappresent­are con autorevole­zza le ragioni italiane in Europa. Ma per varie ragioni la sua posizione appare indebolita, dentro e fuori dal governo. C’è da augurarsi che non sia così.

È molto probabile che il prossimo europarlam­ento non sia a maggioranz­a sovranista come si sente ripetere spesso nei nostri comizi elettorali. E la maggioranz­a degli eurodeputa­ti italiani potrebbe trovarsi all’opposizion­e, senza peso nella scelta della nuova Commission­e, nell’attribuzio­ne del portafogli­o al commissari­o italiano e senza poter incidere nelle decisioni che contano. Il rischio, alla fine, è che dall’Europa a più velocità che sta prendendo forma non sarà l’Italia ad uscire per scelta autonoma e “sovrana”, ma saranno gli altri a liberarsi di un partner percepito sempre più come zavorra.

DOPPIA CONVERGENZ­A In pochi giorni Francia e Germania sono arrivate a esprimere posizioni comuni su temi importanti: la politica industrial­e Ue e il budget per l’Eurozona

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AP Bruxelles.La sede della Commission­e europea

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