Il Sole 24 Ore

Negozi in affanno e l’e-commerce accelera il passo

Domani riparte l’iter del Ddl «gialloverd­e» sulla chisura domenicale dei negozi: le associazio­ni di categoria chiedono di mettere dei paletti agli acquisti via web

- Bartoloni e Bruno

Oltre 14mila nuove attività di ecommerce in 10 anni a fronte di un saldo negativo di 16.414 per i negozi tradiziona­li: è la fotografia di Unioncamer­e. Ma il ddl sulla chiusura domenicale dei negozi, che riparte domani alla Camera, ignora il commercio sul web.

Dai vestiti ai cosmetici, dai mobili ai giocattoli. Passando per auto, moto, bici, food, libri, occhiali, sistemi di allarme e addirittur­a piante di acqua dolce. Sono alcuni dei prodotti che le imprese italiane, piccole e grandi, vendono online. Accanto a colossi come Amazon, Alibaba, Booking, e-Bay, Zalando. Un’impression­e che qualsiasi consumator­e più o meno alfabetizz­ato tecnologic­amente ha navigando in rete e che viene confermata dai numeri di Infocamere e Unioncamer­e: in dieci anni le imprese che commercial­izzano sul web sono cresciute di 14mila unità. Con un aumento medio del 24% l’anno. A fronte di un calo del 2% delle aziende al dettaglio. Due destini che si uniscono quindi. A dispetto del ddl “base” sulla chiusura domenicale dei negozi che ricomincia di fatto domani il suo iter alla Camera e che, anche dopo l’ultimo compromess­o tra Lega e M5S, glissa sul legame tra commercio tradiziona­le ed e-commerce. Tra le proteste delle associazio­ni di categoria che stanno preparando una “controprop­osta” unitaria.

I dati di Infocamere e Unioncamer­e

A fine 2018 leim prese italiane d el l’ e-com merce erano oltre 20 mila, contro le 5.933 del 2009. Un“boom” che come confermano idatidi Infoca mere e Uni on camere non ha compensato­la contrazion­e degli operatori al dettaglio (-16 mila ). Ma c’ è un’ altra sorpresa. L’ opportunit­à del web ha stimolato soprattutt­o gli imprendito­ri del Sud. Se in termini assoluti le regioni a più alta crescita sono state Lombardia, Campania ed Emilia-Romagna, in termini relativi l’ aumento medi osi è avuto in Campania, Abruzzo e Calabria, segui teda Puglia, Basilicata e Sicilia. Stesso discorso a livello provincial­e con Foggia e Ragusa star di internet. E, più ingenerale, appena tre capoluoghi del Centro-Nord trai primi 20: Bergamo( in ottava posizione ), Cremona( tredicesim­a) e Siena( ventesima ).

Il ddl sulla chiusura domenicale

In questo scenario si inserisce la ripresa dei lavori del ddl sulla chiusura domenicale dei negozi. Si riparte dal testo base messo a punto dal relatore Andrea Dara (Lega) nato sulle ceneri di sette diverse proposte di legge. Entro domani i Gruppi dovranno presentare in commission­e Attività produttive della Camera una nuova lista di audizioni dopo le oltre 30 già effettuate in autunno. Già in quella sede molto delle voci ascoltate (ad esempio Confindust­ria ma anche l’Antitrust) hanno posto l’accento sul legame tra il commercio tradiziona­le e l’e-commerce. Senza successo però. Il testo frutto del compromess­o gialloverd­e prevede 26 aperture domenicali su 52 e la chiusura nelle 12 festività nazionali. Con una deroga per 4 giorni di apertura a scelta delle Regioni. E per i centri storici e i negozi di vicinato che potranno rimanere aperti tutte le domeniche dell’anno, eccetto le festività. Per le zone turistiche poi le 26 domeniche potranno essere concentrat­e in alta stagione.

Nei prossimi giorni il mondo del commercio, delle coop e della distribuzi­one presenterà una posizione unitaria. «C’è bisogno di trovare un equilibrio intelligen­te sulle chiusure domenicali. Restare più aperti in questi anni non è coinciso con un aumento dei consumi, ma solo con uno spostament­o di profitti dai più piccoli ai più grandi», avverte Mauro Bussoni segretario generale di Confeserce­nti. Che vede un futuro sempre più nell’«ibridazion­e» tra esercizio commercial­e fisico che offre servizi e quello via web. Ma affrontand­o il collo di bottiglia delle dot.com: «Oggi fino all’80% di chi vende online passa per aggregator­i come Amazon ed Ebay che costringon­o a ridurre i prezzi e quindi anche i margini dal 15 al 30% pagando tra l’altro poche tasse». Un concetto, questo, ripreso e rafforzato da Enrico Postacchin­i, membro di Giunta Confcommer­cio con delega alle politiche commercial­i: «Quello dell’e-commerce sarà uno dei capitoli centrali del nostro documento unitario: oltre a chiedere l’introduzio­ne di voucher per la digitalizz­azione del commercio è fondamenta­le che il Governo si concentri, anche a livello europeo, sulla fiscalità, facendo pagare a questi player le stesse tasse che paghiamo noi».

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