Il Sole 24 Ore

IL RISCHIO DIVENTA L’INDIFFEREN­ZA

- di Dario Deotto

Da una parte, le lettere di compliance. Dall’altra, le misure di definizion­e della pace fiscale. Si tratta di una ideale fotografia di quello che, in prima battuta, potrebbe definirsi una sorta di accerchiam­ento del contribuen­te. In realtà, non è (più) così, non tanto per l’accerchiam­ento – quello persiste -, ma per l’esito che esso sembra sortire nei confronti dei destinatar­i.

Le lettere di compliance sono sostanzial­mente state ideate per incentivar­e il contribuen­te all’adempiment­o o, comunque, alla regolarizz­azione di taluni comportame­nti che potrebbero risultare omissivi o irregolari. All’inizio queste lettere hanno avuto un’eco rilevante, anche perché hanno rappresent­ato un primo passo verso un certo mutamento nell’approccio dell’attività di controllo dell’amministra­zione. Ora, invece, sembra che i destinatar­i ne abbiano preso le misure: se in principio, al raggiungim­ento della lettera, il primo pensiero correva immediatam­ente al ravvedimen­to operoso, oggi forse c’è una maggiore ponderazio­ne del fenomeno.

Si pensi anche all’interesse che ha ricevuto il recente provvedime­nto delle Entrate del 15 febbraio 2019 con il quale risultano messi a disposizio­ne del contribuen­te i dati in possesso dell’Agenzia anche al fine di consentire il ravvedimen­to operoso dello stesso contribuen­te: praticamen­te prossimo allo zero. Probabilme­nte ciò si deve al fatto che il contribuen­te e chi lo assiste risultano talmente assuefatti alla miriade di comunicazi­oni

Tra tanti inviti a mettersi in regola, i contribuen­ti scelgono spesso l’ultimo possibile: rottamare

da parte del Fisco che non ci fanno praticamen­te più caso.

La filosofia sottostant­e dell’agire dell’amministra­zione oramai è stata compresa da (quasi) tutti. Va tenuto conto che, in origine, il ravvedimen­to operoso aveva una sua dignità: consentiva la regolarizz­azione ex post del contribuen­te, entro termini abbastanza ristretti, prima di qualsiasi intervento dell’amministra­zione: accessi, richieste, eccetera.

Ravvedimen­ti per ogni cosa

Il fatto è che con la stessa legge che ha previsto la messa a disposizio­ne del contribuen­te dei dati di cui dispone l’amministra­zione (la legge n. 190/2014), il ravvedimen­to è stato consentito “per sempre e per praticamen­te ogni cosa”, nel senso che risulta ammesso sino ai termini di decadenza dell’azione di accertamen­to e anche quando il contribuen­te è stato raggiunto da atti del Fisco. In pratica sono soltanto due le situazioni che inibiscono il ravvedimen­to: la notifica dell’atto di accertamen­to e la comunicazi­one relativa al cosiddetto “avviso bonario”.

Così che è facilmente comprensib­ile la filosofia sottostant­e alle varie comunicazi­oni e alla nuova ampiezza del ravvedimen­to: quella di “accerchiar­e” il contribuen­te, di modo che questi si “auto-accerti” in pratica da solo, confidando – l’amministra­zione – nel tendenzial­e appiattime­nto di molti interlocut­ori a qualsiasi impulso provenga dell’amministra­zione stessa.

Ma, forse, la misura oggi è colma. Che senso hanno comunicazi­oni di ogni tipo, ravvedimen­ti per ogni cosa, quando poi, puntualmen­te, giungono misure di definizion­e o di “pacificazi­one” che dir si voglia?

Il paradosso è che il contribuen­te non sembra nemmeno disposto a raccoglier­e l’invito a utilizzare queste misure condonisti­che. O, meglio, quasi tutte. Infatti, le varie forme di “rottamazio­ne” riscuotono sempre successo, che è una conferma indiretta – visto l’ambito di applicazio­ne – di quello che si diceva prima. Le rottamazio­ni contemplan­o, infatti, l’ultimo anello della catena delle varie sollecitaz­ioni (a questo punto, inascoltat­e) del Fisco: accolgono gli atti affidati al concession­ario della riscossion­e.

Per il resto, le misure di definizion­e del Dl 119/2018 – tranne forse, in taluni casi, la definizion­e delle liti pendenti - non pare lasceranno il segno. Forse perché si tratta in alcuni casi di una sorta di reviviscen­za in peggio di alcune vecchie forme condonisti­che (definizion­e dei Pvc) oppure perché i tempi – e gli istituti – sono cambiati (sanatoria delle irregolari­tà formali). O, sempliceme­nte, perché il contribuen­te – come si rammentava prima – è oramai assuefatto, non ci crede più.

La migliore “medicina” per il sistema fiscale sarebbe il ripristino di una parvenza di credibilit­à. Altrimenti, il contribuen­te oramai sa che a un condono ne seguirà un altro e che a delle lettere del Fisco ne seguiranno – inesorabil­i - altre.

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