Il Sole 24 Ore

Esenzioni da ritenute, in arrivo il verdetto della Corte Ue

- Dario Sencar

È atteso per domani il deposito delle decisioni della Corte di giustizia dell’Unione europea relative a quelli che sono noti alla cronaca come i «casi danesi» (si vedano gli articoli pubblicati sul Sole 24 Ore il 5 e 11 ottobre 2017 e il 3 marzo 2018).

Si tratta di fattispeci­e in cui la Danimarca, quale Stato della fonte, ha accertato la mancata applicazio­ne delle ritenute in uscita su interessi o dividendi, disconosce­ndo l’applicazio­ne delle direttive europee perché in realtà il beneficiar­io ultimo, interponen­te dietro il percettore, non ne avrebbe potuto godere. I temi su cui la Corte si pronuncerà riguardano principalm­ente la rilevanza e la definizion­e della nozione di beneficiar­io effettivo, e la configuraz­ione e applicabil­ità dell’abuso.

Sulla nozione di beneficiar­io effettivo, ci si può ragionevol­mente attendere che la Corte ricalchi le conclusion­i dell’Avvocato generale, secondo cui deve essere intesa come una nozione autonoma di diritto Ue, in quanto tale slegata, almeno teoricamen­te, dalle indicazion­i dell’Ocse.

È anche ragionevol­e attendersi che sia confermato per le amministra­zioni l’onere, quando negano a un soggetto la qualifica di beneficiar­io effettivo, di identifica­re chi effettivam­ente lo sia. Probabilme­nte, in linea con il pensiero dell’avvocato, sarà imposto a carico dei contribuen­ti un dovere di collaboraz­ione in merito.

Più imprevedib­ile è il tema dell’abuso. Non ci si riferisce tanto, come proposto dall’avvocato, al prevedibil­e allargamen­to di questo oltre le costruzion­i puramente artificios­e, in modo da coinvolger­e anche le costruzion­i che esistono nella realtà economica e non solo sulla carta quando sono essenzialm­ente finalizzat­e a ottenere un vantaggio indebito. Ci si riferisce invece alla nozione di indebito. Per l’avvocato, nel caso delle ritenute che le direttive azzerano, l’indebito non è legato solo al fatto che in caso di incasso diretto, senza interposto, sarebbero state versate più imposte in Danimarca, ma al fatto che la struttura eviti che le informazio­ni sulla percezione del reddito arrivino allo stato di residenza del beneficiar­io.

Insomma, un indebito misurato, non solo in termini di quantum del risparmio di imposta ma anche in contempora­nea di “aggirament­o” degli strumenti di informazio­ne reddituale dello Stato della residenza del beneficiar­io. L’idea pare essere che se c’è “trasparenz­a” per tale ultimo Stato (ossia se ha le informazio­ni) sarà lui a decidere, nell’an e nel quantum, la tassazione. In sintesi, la trasparenz­a come spirito del sistema accanto al tradiziona­le carico fiscale. A ciò va aggiunto che, sebbene i fatti di causa siano precedenti, il concetto di abuso che sarà delineato dalla Corte potrebbe anche subire l’influenza di quello contenuto nella direttiva Atad.

I «CASI DANESI» Il contenzios­o riguarda situazioni in cui lo Stato della fonte ha accertato la mancata applicazio­ne delle ritenute in uscita su interessi o dividendi, disapplica­no la direttiva Ue

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