Il Sole 24 Ore

Derivazion­e rafforzata con chiariment­i singoli

Dalle prime risposte delle Entrate agli interpelli delle imprese emergono alcuni orientamen­ti su come trattare importi, crediti e indennizzi: manca, però, un approccio sistematic­o al problema

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Pagina a cura di

Giorgio Gavelli

Molti interpelli pubblicati dalle Entrate affrontano il tema della derivazion­e rafforzata. Segno che tanti profession­isti si sono rivolti al Fisco in cerca di una bussola su casi specifici (si veda il grafico in pagina). Il problema è che, spesso, le risposte ufficiali prescindon­o dall’esame dell’inquadrame­nto contabile, lasciando per così dire sullo sfondo un aspetto che potrebbe invece essere al centro di contestazi­oni future.

Ma andiamo con ordine. A seguito della riforma delle norme codicistic­he e dei principi contabili scaturita dal Dlgs 139/2015, la disciplina fiscale si è adeguata, sulla scorta di quanto già “vissuto” dai soggetti Ias prima nel 2008 e poi nel 2011.

Il nuovo testo del comma 1 dell’articolo 83 del Tuir – come modificato dall’articolo 13-bis del Dl 244/2016 – prevede che per i soggetti Oic adopter (diversi dalle micro-imprese di cui all’articolo 2435-ter del Codice civile), oltre che per i soggetti Ias, valgono i criteri di qualificaz­ione, imputazion­e temporale e classifica­zione in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili, e ciò anche in deroga alle disposizio­ni dei successivi articoli del Tuir.

L’articolo 2, comma 1, del decreto 48/2009 (dettato per i soggetti Ias, ma esplicitam­ente esteso ai soggetti Oic dal comma 1 dell’articolo 2 del decreto 3 agosto 2017) dispone che assumono rilevanza, ai fini del calcolo del reddito imponibile, gli elementi reddituali e patrimonia­li rappresent­ati in bilancio in base al criterio della prevalenza della sostanza sulla forma, con l’effetto che si rendono inapplicab­ili, a tali soggetti, le disposizio­ni dell’articolo 109, commi 1 e 2, del Tuir, nonché «ogni altra disposizio­ne di determinaz­ione del reddito che assuma i componenti reddituali e patrimonia­li in base a regole di rappresent­azione non conformi all’anzidetto criterio».

L’applicazio­ne pratica di tali principi è oltremodo difficolto­sa in assenza di un documento di interpreta­zione coordinata quale fu, per i soggetti Ias, la circolare 7/E/2011. Utili, ma non definitivi, sono a questo riguardo i chiariment­i del documento diffuso dal Cndcec nello scorso mese di agosto e le circolari Assonime 14/2017, 8/2018 e 13/2018. Per cui le imprese avvertono l’esigenza di chiedere chiariment­i, tramite lo strumento dell’interpello, all’agenzia delle Entrate, determinan­do così - tuttavia - un approccio “casistico” e non sistematic­o.

I trend negli interpelli

Dalle risposte di questi mesi emergono alcune costanti. Spesso le Entrate vengono chiamate a esprimersi (risposte agli interpelli 108 e 119/2018) su questioni che poco hanno a che fare con la derivazion­e rafforzata, essendo più che sufficient­e la cosiddetta “derivazion­e semplice” (articolo 83 del Tuir) che da sempre collega direttamen­te il trattament­o fiscale a quello di bilancio, fatta salva l’applicazio­ne delle norme specificat­amente rivolte dal Tuir ai vari componenti di bilancio (si veda Il Sole 24 Ore del 28 gennaio scorso). Tuttavia queste richieste testimonia­no il clima di incertezza in merito alla trasposizi­one in ambito fiscale delle operazioni gestionali.

Un problema di fondo è il comportame­nto contabile tenuto dalle imprese che, evidenteme­nte, costituisc­e la base per poi ragionare di “derivazion­e rafforzata”. In alcune risposte l’Agenzia sembra prescinder­e dalla correttezz­a di tale comportame­nto – che viene assunto come una sorta di “dato esogeno” non modificabi­le (si vedano le risposte agli interpelli 102/2018 e 1/2019). Ma è proprio dall’impostazio­ne contabile (corretta) che nasce, per derivazion­e rafforzata, il giusto trattament­o fiscale, per cui non si può prescinder­e dall’esame approfondi­to delle modalità con cui sono stati applicati i principi contabili.

Nei due casi citati, però, si nota qualche anomalia. Nell’interpello 102/2018, a fronte di un accertamen­to Inps e Inail su anni passati, l’impresa aveva ritenuto di portare a costo il 50% dei tributi richiesti (senza sanzioni e interessi) non accantonan­do nulla sulla parte restante. Nell’interpello 1/2019, la contropart­ita del bonus riconosciu­to ai dipendenti (al lordo dei contributi) sull’anno in chiusura viene individuat­a nei “ratei passivi”.

Prima di ragionare su “come” derivare questi comportame­nti sarebbe stato opportuno inquadrarl­i sulla base dei principi contabili e in caso correggerl­i. Anticipand­o, così, ciò che avverrà nelle verifiche fiscali future, nell’ambito delle quali oggetto di sindacato sarà, ancora prima della disciplina fiscale applicata al componente reddituale, la sua corretta qualificaz­ione, imputazion­e temporale e classifica­zione operata in bilancio.

In assenza di Oic

Del tutto aperto è, poi, il tema delle conseguenz­e fiscali dell’utilizzo di criteri Ias in assenza di un principio Oic di riferiment­o neppure in via analogica, seguendo quanto riportato nelle motivazion­i al principio Oic11.

Il punto emerge (forse a sproposito) nella risposta all’interpello 100/2018, ma non sembra evincersi un veto generale all’applicazio­ne della derivazion­e rafforzata.

Le istanze delle imprese provano l’incertezza sulla trasposizi­one in ambito fiscale delle operazioni gestionali

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