Il Sole 24 Ore

Inerenza, la Corte conferma: meno forza all’entità del costo

Un orientamen­to precedente disconosce­va la deducibili­tà di oneri non compatibil­i La Suprema corte ha spezzato il collegamen­to con l’articolo 109 del Tuir

- Pagina a cura di Riccardo Giorgetti

Inerenza, congruità, onere della prova: sono questi i paletti che circoscriv­ono l’area entro la quale deve posizionar­si un costo per poter essere dedotto dal reddito d’impresa o di lavoro autonomo.

Principi che, tuttavia, presentano un livello di complessit­à interpreta­tiva almeno pari alla loro importanza in quanto si caratteriz­zano per un elevato grado di astrattezz­a che mal si concilia con la necessità di certezze che dovrebbe caratteriz­zare la determinaz­ione del reddito. A ciò si aggiunga il fatto che nel corso degli anni le interpreta­zioni giurisprud­enziali che si sono succedute hanno gradualmen­te spostato il concetto di inerenza da un giudizio di tipo qualitativ­o a favore di quello quantitati­vo incentrato sulla presunta incongruit­à del costo sostenuto.

Tuttavia, nel corso del 2018, sono intervenut­e varie pronunce della Cassazione tese ha ristabilir­e - salvo ripensamen­ti sempre in agguato – le corrette linee interpreta­tive sul concetto di inerenza (si veda anche Il Sole 24 Ore del 12 febbraio 2018).

L’inerenza prima del 2018

Prima delle sentenze del 2018 il concetto di inerenza è stato correlato all’articolo 109, comma 5 del Tuir che stabilisce che le spese e gli altri componenti negativi «sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscon­o ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi».

In base a questo articolo il principio di inerenza viene invocato quale motivo per recuperare a tassazione i costi estranei alla gestione aziendale o comunque non correlati con l’attività di impresa dato che l’inerenza aziendale è una caratteris­tica imprescind­ibile che i costi devono avere per poter essere dedotti. In sostanza, correttame­nte, l’inerenza rappresent­a il postulato che individua il necessario collegamen­to tra il componente di reddito e l’attività aziendale. Collegamen­to che si basa su un giudizio che prende in consideraz­ione gli aspetti qualitativ­i sottesi al sostenimen­to del costo.

Tuttavia, accanto a tale filone, si è affiancato un secondo orientamen­to mirato a disconosce­re - anche solo parzialmen­te - la deducibili­tà degli oneri in quanto di ammontare “eccessivo” o “non congruo”, e dunque derivanti da un presunto comportame­nto “antieconom­ico” dell’imprendito­re. Si è così fatta strada, anche a livello giurisdizi­onale, una tesi che attribuiva al requisito dell’inerenza una valenza squisitame­nte quantitati­va.

Le pronunce della Cassazione

La Cassazione, con le ordinanze 450/2018 e 3170/2018 rompe il collegamen­to tra principio d’inerenza e l’articolo 109, comma 5 Tuir sottolinea­ndo come questa norma si riferisce al diverso principio dell’indeducibi­lità dei costi relativi ai ricavi esenti (ferma ovviamente l’inerenza), cioè alla cosiddetta “correlazio­ne tra costi deducibili e ricavi tassabili” mentre, il principio di inerenza ha natura generale, inespressa, immanente alla nozione stessa di reddito d’impresa non è ricollegab­ile a nessun articolo del Testo unico. L’inerenza esprime la riferibili­tà del costo all’attività d’impresa, anche se in via indiretta, potenziale o in proiezione futura.

La valutazion­e dell’inerenza dei costi consiste sempre e solo in un giudizio “qualitativ­o” e si deve, quindi, abbandonar­e il concetto di inerenza “quantitati­va” poiché non può essere mai tradotto in termini di congruità della spesa sostenuta tale per cui un costo potrebbe essere inerente anche solo in parte.

La valenza qualitativ­a

In particolar­e, nell’ordinanza n. 450/2018, i supremi giudici sottolinea­no come «l’inerenza deve essere apprezzata attraverso un giudizio qualitativ­o, scevro da riferiment­i di utilità o di vantaggio, afferenti un giudizio quantitati­vo, e deve essere distinta dalla nozione di congruità del costo». In sostanza, l’evidenziaz­ione di un comportame­nto antieconom­ico non può giustifica­rsi identifica­ndo l’inerenza con la sproporzio­ne o l’incongruit­à dei costi.

La Cassazione pertanto, ha il merito di riconfigur­are il concetto di inerenza riportando­lo nuovamente all’interno della sfera qualitativ­a del rapporto con l’attività dell’impresa in un ambito prettament­e aziendalis­tico e, quindi, fuori del perimetro fiscale. La spesa è inerente se sostenuta a favore dell’impresa. Appare accantonat­a l’interpreta­zione che lega, invece, l’inerenza di un costo soltanto in base alla dimensione quantitati­va della spesa per cui un costo potrebbe essere inerente anche solo in parte o nel caso in cui il suo importo appaia in linea con i valori di mercato. Viceversa, per la Suprema corte il costo attiene o non attiene all’attività d’impresa a prescinder­e dalla sua entità.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy