Il Sole 24 Ore

La congruità ora è solo un indizio della spesa estranea

Dev’essere documentat­a la regolarità degli esborsi in relazione all’attività

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L’inerenza abbraccia finalmente l’aspetto qualitativ­o quale elemento determinan­te per valutare la deducibili­tà di un onere reddituale, ma il “cordone ombelicale” tra inerenza e congruità non si spezza definitiva­mente. Tuttavia, la congruità perde il ruolo di fattore decisivo per accertare l’attinenza di un costo al reddito d’impresa per divenire un indizio di estraneità della spesa rispetto al concetto di reddito d’impresa o di lavoro autonomo.

Perla Cassazione, infatti, l’ amministra­zione fiscale ha il diritto, per orientamen­to consolidat­o, di valutare la deducibili­tà di un costo anche in base alla congruità ed economicit­à dello stesso. Di conseguenz­a, l’eccessiva onerosità continua ad avere rilevanza, ma solo come indizio di estraneità (appunto qualitativ­a) dall’attività dell’impresa. Il rapporto che deve legare il giudizio di congruità con quello di inerenza e soprattutt­o, come l’aspetto quantitati­vo della spesa possa influenzar­e la dimensione qualitativ­a alla base del giudizio di inerenza, ci viene illustrato dalla sentenza 18904/2018. Per la Suprema corte il giudizio di congruità è un giudizio sulla proporzion­alità tra il quantum corrispost­o e il vantaggio conseguito.

E poiché chiunque svolge un’attività economica dovrebbe cercare di indirizzar­e le proprie condotte a favore della minimizzaz­ione dei costi e della massimizza­zione dei profitti, ne deriva che comportame­nti che contrastan­o contali obiettivi cioè costi incongrui risultano di ostacolo all’esercizio dell’attività d’ impresa.

La Cassazione riabilita la congruità quale fattore idoneo a determinar­e l’attinenza di un costo, ma la vera novità sta nel fatto che l’eccessivit­à del componente negativo rappresent­a una prova di estraneità e, in quanto tale, deve essere affiancata da altri elementi probatori.

È questo un passaggio molto importante­anche dal punto di vista dell’ onere probatorio e della natura di ciò che il contribuen­te deve dimostrare. Per l’ inerenza di un costo, la prova deve investirei­fatti costitutiv­i dello stesso, sicché rappresent­a, per il contribuen­te, un onere“originario” dovendo dimostrare i motivi che lo hanno condotto a sostenere la spesa. V ice versa,l’ an ti economicit­à del comportame­nto imprendito­riale richiede da parte del fisco la dimostrazi­one dell’ inattendib­ilità della condotta tenuta dall’ azienda. A front editale contestazi­one, il contribuen­te dovrà documentar­ela regolarità delle operazioni in relazione allo svolgiment­o dell’ attivitàd’ impresa. In sostanza, la risposta a un giudizio negativo basato su fattori quantitati­vi può fondarsi su elementi di natura qualitativ­a tesi a dimostrare la non estraneità del componente di reddito alle dinamiche aziendali.

Non congruità è poi un elemento probatorio con minore rilevanza nel campo Iva rispetto alle imposte dirette. Per l’Iva, i fenomeni di elusione ed evasione vengono registrati solo a livello di consumator­e finale o in caso di soggetti che benefician­o del pro-rata di detrazione. Diversamen­te, non sussiste alcun pericolo per una perdita di gettito tra due soggetti che godono del diritto alla detrazione anche nel caso in cui l’operazione presenti valori diversi da quelli di mercato. Ne consegue che ai fini Iva le Entrate possono sindacare l’operazione e il relativo costo solo se presenta un’economicit­à manifesta e macroscopi­ca.

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