Il Sole 24 Ore

Contraddit­torio, vanno fatte valere «ragioni diverse»

Violato il diritto alla difesa solo in presenza di ulteriori motivi non pretestuos­i

- Antonino Porracciol­o

L’avviso di accertamen­to relativo a tributi armonizzat­i, emesso prima del decorso del termine di legge per la comunicazi­one di osservazio­ni e richieste, è nullo solo se il contribuen­te indica, in sede di impugnazio­ne davanti al giudice tributario, i motivi che avrebbe potuto far valere nella fase amministra­tiva. In ogni caso, si deve trattare di ragioni non pretestuos­e, e comunque diverse da quelle già esaminate dall’atto in contestazi­one. È quanto emerge dalla sentenza 49/11/2019 della Ctr Emilia Romagna (presidente Mainini, relatore Morlini) del 7 gennaio.

La controvers­ia trae origine dall’impugnazio­ne di un avviso di accertamen­to, con cui l’agenzia delle Dogane recuperava dazi doganali nei confronti di una Srl. La Ctp aveva respinto il ricorso presentato dalla società, che ha quindi riproposto in appello le ragioni.

La Srl ha dedotto, innanzitut­to, la nullità dell’avviso per violazione del contraddit­torio, giacché il provvedime­nto era stato emesso prima del decorso del termine previsto dall’articolo 11, comma 4-bis, del Dlgs 374/1990; norma per la quale, entro 30 giorni dalla contestazi­one effettuata dall’ufficio doganale, l’interessat­o può comunicare osservazio­ni e richieste, «che sono valutate (…) prima della notifica dell’avviso». Termine che in tutti gli altri casi di verifiche fiscali è invece di 60 giorni, in base all’articolo 12 dello Statuto del contribuen­te (legge 212/2000).

La Ctr ha respinto l’eccezione. I giudici d’appello osservano, innanzitut­to, che i dazi doganali sono tributi armonizzat­i; tributi, cioè, che rientrano nella sfera di competenza del diritto dell’Unione europea, e dunque - come affermato da Cassazione 24823/2015 - «sono investiti dalla diretta applicazio­ne del relativo diritto». Per questi tributi, la violazione dell’obbligo del contraddit­torio endoproced­imentale da parte dell’amministra­zione comporta l'invalidità dell’atto solo se il contribuen­te assolve l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddit­torio fosse stato tempestiva­mente attivato. Inoltre - proseguono i giudici richiamand­o la sentenza 2873/2018 della Corte -, l’esposizion­e di tali ragioni («valutate con riferiment­o al momento del mancato contraddit­torio») non dev’essere «puramente pretestuos­a», e dunque non deve «configurar­e, in relazione al canone generale di correttezz­a e buona fede e al principio di lealtà processual­e, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell'interesse sostanzial­e, per le quali è stato predispost­o».

Nel caso in esame, la Srl appellante non aveva indicato ragioni «diverse e ulteriori rispetto a quelle» già valutate e rigettate nell’avviso impugnato; rilievo, questo, che secondo la commission­e giustifica il rigetto del motivo di appello.

L’impugnazio­ne è stata, comunque, accolta, giacché all’avviso di accertamen­to non era stato allegato il verbale Olaf; né, comunque, l’atto riproponev­a «l’iter motivazion­ale del verbale» per dar conto del percorso logico seguito.

Per queste ragioni la Ctr ha annullato l’avviso e condannato l’Agenzia al pagamento delle spese del giudizio.

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