Contraddittorio, vanno fatte valere «ragioni diverse»
Violato il diritto alla difesa solo in presenza di ulteriori motivi non pretestuosi
L’avviso di accertamento relativo a tributi armonizzati, emesso prima del decorso del termine di legge per la comunicazione di osservazioni e richieste, è nullo solo se il contribuente indica, in sede di impugnazione davanti al giudice tributario, i motivi che avrebbe potuto far valere nella fase amministrativa. In ogni caso, si deve trattare di ragioni non pretestuose, e comunque diverse da quelle già esaminate dall’atto in contestazione. È quanto emerge dalla sentenza 49/11/2019 della Ctr Emilia Romagna (presidente Mainini, relatore Morlini) del 7 gennaio.
La controversia trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento, con cui l’agenzia delle Dogane recuperava dazi doganali nei confronti di una Srl. La Ctp aveva respinto il ricorso presentato dalla società, che ha quindi riproposto in appello le ragioni.
La Srl ha dedotto, innanzitutto, la nullità dell’avviso per violazione del contraddittorio, giacché il provvedimento era stato emesso prima del decorso del termine previsto dall’articolo 11, comma 4-bis, del Dlgs 374/1990; norma per la quale, entro 30 giorni dalla contestazione effettuata dall’ufficio doganale, l’interessato può comunicare osservazioni e richieste, «che sono valutate (…) prima della notifica dell’avviso». Termine che in tutti gli altri casi di verifiche fiscali è invece di 60 giorni, in base all’articolo 12 dello Statuto del contribuente (legge 212/2000).
La Ctr ha respinto l’eccezione. I giudici d’appello osservano, innanzitutto, che i dazi doganali sono tributi armonizzati; tributi, cioè, che rientrano nella sfera di competenza del diritto dell’Unione europea, e dunque - come affermato da Cassazione 24823/2015 - «sono investiti dalla diretta applicazione del relativo diritto». Per questi tributi, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’amministrazione comporta l'invalidità dell’atto solo se il contribuente assolve l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato. Inoltre - proseguono i giudici richiamando la sentenza 2873/2018 della Corte -, l’esposizione di tali ragioni («valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio») non dev’essere «puramente pretestuosa», e dunque non deve «configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede e al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell'interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto».
Nel caso in esame, la Srl appellante non aveva indicato ragioni «diverse e ulteriori rispetto a quelle» già valutate e rigettate nell’avviso impugnato; rilievo, questo, che secondo la commissione giustifica il rigetto del motivo di appello.
L’impugnazione è stata, comunque, accolta, giacché all’avviso di accertamento non era stato allegato il verbale Olaf; né, comunque, l’atto riproponeva «l’iter motivazionale del verbale» per dar conto del percorso logico seguito.
Per queste ragioni la Ctr ha annullato l’avviso e condannato l’Agenzia al pagamento delle spese del giudizio.