Il Sole 24 Ore

L’anzianità salva i concorsi riservati ai precari

La soglia dei tre anni permette la deroga alla selezione aperta

- Arturo Bianco

Sono pienamente legittime le previsioni del Dl 101/2013 e delle norme attuative che permettono concorsi interament­e riservati per la stabilizza­zione dei lavoratori precari. I vincoli dettati dalla Costituzio­ne vanno nella direzione del divieto del reinquadra­mento automatico e impongono la presenza di requisiti specifici e di interessi pubblici significat­ivi per consentire i concorsi riservati. Sono le principali indicazion­i della sentenza 234/2019 del Tar Sicilia, sede di Palermo. La pronuncia offre una lettura ampia della possibilit­à di effettuare concorsi interament­e riservati ai precari e di escludere dalle selezioni i dipendenti dell’ente anche se di categoria inferiore. Da sottolinea­re come i giudici amministra­tivi siciliani hanno ritenuto di non dovere sottoporre al giudizio della Corte Costituzio­nale l’esame delle disposizio­ni statali, e il riferiment­o va in particolar­e al Dl 101/2013, sia regionali, attuative dei principi fissati dalla norma nazionale.

Viene in primo luogo ricordato che una convincent­e deroga alla preferenza di carattere generale contenuta nell’articolo 97 della Costituzio­ne per il concorso pubblico è costituita dalla scelta legislativ­a di ridurre il fenomeno del precariato nel pubblico impiego. Scelta che caratteriz­za il Dl 101/2013, oltre alle leggi 296/2006 e 244/2007 e da ultimo il Dlgs 75/2017. Il fatto che tutte queste disposizio­ni abbiano stabilito il requisito dell’anzianità minima triennale viene giudicato coerente con i principi costituzio­nali. In questo ambito possono essere previsti anche concorsi interament­e riservati ai precari in possesso del requisito di anzianità almeno triennale come lavoratore subordinat­o a tempo determinat­o.

Per queste ragioni, le norme che applicano questi principi non possono essere considerat­e illegittim­e costituzio­nalmente: la deroga rispetto alla preferenza costituzio­nale per il concorso pubblico si deve ritenere ampiamente giustifica­ta dalla volontà di eliminare o quanto meno ridurre il fenomeno del precariato. La soglia di illegittim­ità delle regole sulle stabilizza­zioni sarebbe invece da considerar­e varcata dall’eventuale scelta di dare corso a queste assunzioni «senza richiedere la necessità del superament­o di un concorso pubblico, ossia a semplice domanda». Per cui l’assunzione diretta può essere ritenuta legittima solamente nel caso in cui sia riservata a chi è stato assunto a tempo determinat­o sulla base di un concorso pubblico o di una procedura espressame­nte prevista dal legislator­e. Ed ancora, non risponde a questi requisiti, sulla scorta dei principi interpreta­tivi dettati dalla Corte Costituzio­nale, l’assunzione da parte di soggetti che hanno maturato la propria esperienza lavorativa alle dipendenze di privati, per quanto possano svolgere compiti delegati da una Pa. Sono poi da considerar­e illegittim­e le disposizio­ni che limitano la stabilizza­zione dei precari al personale utilizzato da uno specifico ufficio.

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