L’anzianità salva i concorsi riservati ai precari
La soglia dei tre anni permette la deroga alla selezione aperta
Sono pienamente legittime le previsioni del Dl 101/2013 e delle norme attuative che permettono concorsi interamente riservati per la stabilizzazione dei lavoratori precari. I vincoli dettati dalla Costituzione vanno nella direzione del divieto del reinquadramento automatico e impongono la presenza di requisiti specifici e di interessi pubblici significativi per consentire i concorsi riservati. Sono le principali indicazioni della sentenza 234/2019 del Tar Sicilia, sede di Palermo. La pronuncia offre una lettura ampia della possibilità di effettuare concorsi interamente riservati ai precari e di escludere dalle selezioni i dipendenti dell’ente anche se di categoria inferiore. Da sottolineare come i giudici amministrativi siciliani hanno ritenuto di non dovere sottoporre al giudizio della Corte Costituzionale l’esame delle disposizioni statali, e il riferimento va in particolare al Dl 101/2013, sia regionali, attuative dei principi fissati dalla norma nazionale.
Viene in primo luogo ricordato che una convincente deroga alla preferenza di carattere generale contenuta nell’articolo 97 della Costituzione per il concorso pubblico è costituita dalla scelta legislativa di ridurre il fenomeno del precariato nel pubblico impiego. Scelta che caratterizza il Dl 101/2013, oltre alle leggi 296/2006 e 244/2007 e da ultimo il Dlgs 75/2017. Il fatto che tutte queste disposizioni abbiano stabilito il requisito dell’anzianità minima triennale viene giudicato coerente con i principi costituzionali. In questo ambito possono essere previsti anche concorsi interamente riservati ai precari in possesso del requisito di anzianità almeno triennale come lavoratore subordinato a tempo determinato.
Per queste ragioni, le norme che applicano questi principi non possono essere considerate illegittime costituzionalmente: la deroga rispetto alla preferenza costituzionale per il concorso pubblico si deve ritenere ampiamente giustificata dalla volontà di eliminare o quanto meno ridurre il fenomeno del precariato. La soglia di illegittimità delle regole sulle stabilizzazioni sarebbe invece da considerare varcata dall’eventuale scelta di dare corso a queste assunzioni «senza richiedere la necessità del superamento di un concorso pubblico, ossia a semplice domanda». Per cui l’assunzione diretta può essere ritenuta legittima solamente nel caso in cui sia riservata a chi è stato assunto a tempo determinato sulla base di un concorso pubblico o di una procedura espressamente prevista dal legislatore. Ed ancora, non risponde a questi requisiti, sulla scorta dei principi interpretativi dettati dalla Corte Costituzionale, l’assunzione da parte di soggetti che hanno maturato la propria esperienza lavorativa alle dipendenze di privati, per quanto possano svolgere compiti delegati da una Pa. Sono poi da considerare illegittime le disposizioni che limitano la stabilizzazione dei precari al personale utilizzato da uno specifico ufficio.