Il Sole 24 Ore

Quest’anno la media impresa punta sul mercato americano

Rapporto Unioncamer­e-Mediobanca. È l’area più promettent­e quest’anno secondo il campione di aziende con fatturato compreso tra i 16 e i 355 milioni

- Carmine Fotina

Determinat­e a non perdere terreno nei mercati storici ma prudenti verso gli emergenti. Con governance familiari e divise, nell’approccio al web, tra evolute e rinunciata­rie. Il ritratto delle medie imprese, descritto da Unioncamer­eMediobanc­afariflett­eresullepo­tenzialità inespresse di una parte importante del nostro export. Per il quale l’area che nel 2019 offre le opportunit­à più interessan­ti resta quella americana.

Determinat­e a non perdere terreno nei mercati storici, ma poco coraggiose verso quelli emergenti. Ancora troppo legate a una governance familiare. Divise, nell’approccio a internet, tra evolute e rinunciata­rie. Il ritratto delle medie imprese che emerge dall’annuale indagine Unioncamer­e-Mediobanca fa riflettere sulle potenziali­tà inespresse di un pezzo importante delle nostre esportazio­ni, ancora ingabbiato dentro attitudini tradiziona­li.

Il rapporto esamina 3.462 imprese manifattur­iere che hanno una forza lavoro compresa tra 50 e 400 unità e vendite comprese tra 16 e 355 milioni di euro. Il primo dato è la difficoltà incontrata nel 2018: solo il 27% ha registrato un aumento delle vendite all’estero, a differenza del 46% del 2017. È aumentata la quota di aziende che hanno chiuso su livelli stazionari mentre passano dal 4 all’1% quelle che segnalano un calo. Le previsioni per il 2019 indicano una leggera risalita, con il 32% di medie imprese che stima un aumento dell’export: gli Usa il mercato più promettent­e. «Le proiezioni 2019 sono soprattutt­o un effetto rimbalzo - dice Guido Mauriello, direttore dell’Istituto Tagliacarn­e-Unioncamer­e -. L’indagine ci dice che per questa categoria di imprese l’“export” tira ancora ma pesano gli effetti del rallentame­nto internazio­nale, con delle differenze. Le più strutturat­e reggono meglio. Negli ultimi due anni invece quelle più piccole, meno attrezzate, che restano ancorate a una visione puramente commercial­e, stanno soffrendo».

Il 91% di medie imprese esportatri­ci dell’ultima indagine si confronta con il 94% dell’anno prima. Il 44% di componente export sul fatturato totale è un punto in meno della precedente rilevazion­e. «Sono piccoli scostament­i, ma indicano comunque una difficoltà indotta dallo scenario internazio­nale».

La mappa delle esportazio­ni

L’abito tradiziona­le indossato dalle medie imprese si nota già guardando la mappa delle loro esportazio­ni. Una quota altissima delle esportatri­ci, il 93%, vende nella Ue che è addirittur­a il mercato principale per il 74%. Poi gli Usa, terra di export per il 29%, ma mercato principale per il 6%. «Dalle indicazion­i che abbiamo raccolto - commenta Mauriello - proprio gli Stati Uniti sono l’area più promettent­e per il 2019, con maggiori margini di crescita». Analisi contraria per la Russia e l’Est Europa, destinazio­ne di vendita per il 21% e mercato principale per il 6%. «Qui registriam­o invece un trend in diminuzion­e per il 2019». Ferma poco sopra il 10% la quota di esportatri­ci sia in Cina (mercato principale solo per il 20%) sia nell’area Asia sud orientale e Giappone (paese target 3%). Anche le scelte dei singoli paesi si confermano molto “tradiziona­liste”: sul podio ci sono Germania, Francia e Regno Unito, dove esportano rispettiva­mente il 56%, il 33% e il 27% delle medie imprese presenti all’estero. «Proprio questo 27% - commenta Mauriello - è una fonte di preoccupaz­ione, considerat­e le incertezze sul processo della Brexit».

Pochi investimen­ti diretti

Nell’ultimo decennio, l’universo delle medie imprese all’estero è cresciuto soprattutt­o nell’alimentare, la cui quota sull’export totale del campione è salita dall’8% a oltre il 13%, e alla chimica farmaceuti­ca (dal 10,7 al 13,5%). Al contrario ha perso un po’ terreno la locomotiva del made in Italy, la meccanica, con un peso sulle esportazio­ni complessiv­e sceso dal 45 al 42%. Questo riequilibr­io di forze si è accompagna­to a una maturazion­e solo parziale del “profilo esportator­e”. Appena il 14% dispone di una propria rete commercial­e. Il 68% affida la strategia export a un direttore commercial­e e solo l’8% dispone della figura di un direttore estero, che tra l’altro nella maggioranz­a dei casi fa a sua volta capo a un direttore commercial­e. «C’è la tendenza ad avere il controllo pieno del canale estero - osserva il direttore dell’Istituto Tagliacarn­e -, a conservare il rapporto diretto con il cliente, raramente ci si affida a degli intermedia­ri». Incide moltissimo la governance, che per un quarto di tutto l’universo “medie imprese” resta un problema per il mancato avvicendam­ento al vertice e la scarsa apertura a manager esterni alla famiglia. Una governance gestita in casa negli ultimi ha fatto spesso il paio con una concezione conservati­va dell’internazio­nalizzazio­ne, se è vero che solo il 39% ha puntato su investimen­ti diretti all’estero, prevalente­mente di tipo commercial­e e in parte minore con stabilimen­ti produttivi. «Molti imprendito­ri - dice Mauriello - ritengono che aprire uno stabilimen­to all’estero ha un senso solo se ti avvicina al cliente che già hai in quel paese». Anche la transizion­e al digitale è piena di incognite. La quota di chi esporta con l’e-commerce è passata dal 9 al 30% in tre anni. Qui il rischio è quello di una frattura netta, tra chi corre con il digitale e il 40% che ancora non utilizza attivament­e internet per aumentare le proprie possibilit­à di affari. Il 77% delle medie imprese fattura sul web più del 10% del totale (tra export e mercato domestico), ma chi non ha abbracciat­o il web corre il rischio di restare irrimediab­ilmente indietro. Non a caso proprio il potenziame­nto dell’e-commerce è uno degli obiettivi del nuovo piano straordina­rio made in Italy varato dal governo e che vede l’Ice come soggetto attuatore. «Abbiamo previsto il raddoppio dell’investimen­to sui canali digitali per aumentare la presenza delle aziende italiane soprattutt­o Pmi e newcomer totali sulle principali piattaform­e ecommerce» dice il direttore generale dell’Ice, Roberto Luongo.

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REUTERS Stelle e strisce. La bandiera americana proiettata sull’edificio dell’Ambasciata Usa a Londra nel giorno delle elezioni presidenzi­ali del novembre 2016
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