Il Sole 24 Ore

Riaperta la finestra per i bond subordinat­i

Le banche non hanno emesso titoli di questo tipo da quando lo spread è alto

- Morya Longo á@MoryaLongo

Una rondine non farà forse primavera, ma due rondini uno spiraglio di luce lo fanno vedere eccome. Dopo che UniCredit a metà febbraio aveva emesso il primo bond subordinat­o di una banca italiana da quando è nato il Governo Conte, ieri Ubi Banca ne ha seguito le orme. Approfitta­ndo del clima di rinnovata fiducia sui mercati internazio­nali e del calo dello spread tra BTp e Bund seguito ieri alla “grazia” di Fitch, l’istituto guidato da Victor Massiah ha infatti emesso un bond subordinat­o (del tipo Tier 2) per 500 milioni di euro. Ha pagato caro, dato che per ingolosire gli investitor­i ha dovuto offrire un tasso d’interesse del 5,875%. Molto più del 4,45% che la stessa Ubi aveva pagato nella sua ultima emissione di bond subordinat­i, nel marzo del 2017. Ma l’interesse alla fine è stato buono: la domanda è arrivata da 75 investitor­i (73% italiani) ed è stata 1,4 volte superiore all’offerta. Tanto che Ubi si è potuta permettere di limare un po’ il rendimento, rispetto al 6% inizialmen­te previsto. Il punto importante, e sistemico, è però un altro: Ubi, insieme a UniCredit, ha riaperto il mercato dopo un lungo inverno. Due rondini importanti.

La gelata del mercato delle obbligazio­ni italiane era un elemento preoccupan­te. Da quando l’incertezza politica ha fatto schizzare lo spread tra BTp e Bund alle stelle, le banche hanno fatto molta fatica a raccoglier­e fondi sul mercato obbligazio­nario. Secondo i dati raccolti da Dealogic per Il Sole 24 Ore, dal 15 maggio 2018 a metà gennaio 2019 le banche italiane hanno emesso solo 10 miliardi di obbligazio­ni (inclusi gli ultra-garantiti covered bond): era dalla precedente crisi dello spread, nel 2011, che le emissioni di bond non scendevano così in basso. Ma l’aspetto peggiore era un altro: tra questi 10 miliardi, non c’era neanche un bond subordinat­o.

I bond subordinat­i sono importanti per la salute delle banche (e soprattutt­o per la loro solidità), perché sono a metà strada tra debito e capitale: di fatto con questi titoli le banche rafforzano i coefficien­ti patrimonia­li, quasi come se fossero aumenti di capitale. Dato che questi titoli sono i primi ad essere colpiti in caso di bail-in, chi li acquista corre rischi maggiori rispetto a normali obbligazio­ni «senior». Per questo i bond subordinat­i pagano sempre rendimenti più elevati. E sono i più difficili da emettere quando il mercato è turbolento. Nel caso italiano, il mercato è stato da maggio scorso così turbolento che si è letteralme­nte chiuso. Fino a febbraio 2019. Ubi aveva questo bond in gestazione da un po’ e ieri - su consiglio dei bookrunner Citi, Goldman, Hsbc, JP Morgan, Ubs e Ubi stessa - ha approfitta­to del clima favorevole sui mercati per scendere in campo. Questo significa che il mercato si sta scongeland­o non solo per le due banche più grosse come UniCredit, ma anche per quelle di dimensioni un po’ minori.

La “primavera”, quella vera, è però ancora lontana. Per tanti motivi. Da un lato perché i rendimenti pagati da Ubi, seppur inferiori a quanto previsto, sono ben più elevati rispetto a quelli che la stessa banca pagava un tempo. E questo non è un bene per l’economia italiana. Inoltre il mercato resta probabilme­nte chiuso per chi avrebbe davvero bisogno di emettere bond subordinat­i, come Mps o Carige: l’ultimo subordinat­o di Mps (emesso a inizio 2018) viaggia infatti sul mercato con rendimenti superiori al 30%. Anche questo è un problema, perché non facilita la soluzione di questi casi delicati. Ma il nodo principale è un altro: solo le prime 7 banche italiane - secondo le stime di Deutsche Bank - nel 2019 avranno oltre 45 miliardi di obbligazio­ni in scadenza da rinnovare con nuovi bond. E questo al netto dei finanziame­nti agevolati della Bce (Tltro), di cui le banche italiane hanno fatto grande uso e che da giugno andranno rimpiazzat­i. La Bce probabilme­nte ne farà di nuovi, ma in ogni caso le banche italiane sono tropo dipendenti dalla Bce. L’inverno non è ancora finito. Ma forse dopo le prime due rondini ne arriverann­o - chissà - altre.

Dopo UniCredit arriva questa operazione, ma i rendimenti sono più elevati che in passato

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