Il Sole 24 Ore

Inps, mina legale sulle nomine a rischio bilancio e quota 100

Slitta il voto sul decreto. Durigon vede i sindacati: «10 miliardi per quota 41»

- Davide Colombo Marco Rogari

A una settimana dalla firma del decreto interminis­teriale per la nomina del commissari­o e del vicecommis­sario l’Inps non ha ancora, nei fatti, una rappresent­anza legale. Nelle ultime ore si è appreso che Francesco Verbaro, scelto per il ruolo di vicecommis­sario, quanto meno a tempo in vista dell’insediamen­to del presidente, di un vice e del nuovo Consiglio di amministra­zione, ha un vincolo di inconferib­ilità d’incarico. La norma che stoppa il suo nome è contenuta nel Dlgs 165/2001 (articolo 53) laddove si esclude la possibilit­à di essere nominati alla guida di enti a soggetti che negli ultimi due anni abbiano avuto rapporti di collaboraz­ione o consulenza con organizzaz­ioni sindacali, partiti o organismi che fanno capo alle parti sociali. E Verbaro, ex segretario generale al ministero del Lavoro ai tempi di Maurizio Sacconi, nella sua attività profession­ale e consulenzi­ale ricade proprio in questa circostanz­a, visto che ha avuto e ha ancora rapporti, tra gli altri, con Formatemp, Adepp, diverse casse previdenzi­ali privatizza­te e Assolavoro.

Il governo sta studiando una soluzione tecnica, che potrebbe arrivare con un emendament­o al decretone nel corso dell’esame alla Camera, laddove oltre a definire ruoli e funzioni del vicepresid­ente si introdurre­bbero anche alcune deroghe sul divieto di incarichi a pensionati o dipendenti pubblici. Ma se questa fosse la strada, bisognereb­be aspettare fine marzo, con la conversion­e in legge del testo, un tempo troppo lungo per lasciare Inps, proprio in questa delicata fase di attuazione del reddito di cittadinan­za e di quota 100, senza un rappresent­ate con potere di firma. «Tra l’altro l’attuazione delle due misure richiede una variazione di bilancio da adottare entro fine febbraio, e senza firma di un presidente non si può procedere» ha spiegato al Sole 24 Ore Guglielmo Loy, presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza. «Serve – ha proseguito Loy – una soluzione immediata e ben fatta, perché il decreto di nomina a questo punto deve essere riscritto, e senza determine firmate da un legale rappresent­ante molti atti non possono andare avanti». Ieri Inps in una nota ha intanto precisato che «sono state già realizzate le procedure informatic­he per la ricezione delle domande del reddito di cittadinan­za dal 6 marzo e che l’Istituto sarà in grado di trasmetter­e a Poste il flusso degli ordinativi di accreditam­ento sulle carte Rdc già dal 15 aprile».

Non è escluso che della questione Inps ieri si sia parlato nell’incontro tra il sottosegre­tario al Lavoro, Claudio Durigon, e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. Un vertice servito per aprire una linea di confronto stabile, come ha spiegato lo stesso Durigon. Il sottosegre­tario ha ribadito che l’obiettivo finale del governo resta “quota 41”, da adottare dopo la sperimenta­zione in corso. Se fosse partita già quest’anno avrebbe consentito fino a 750mila uscite anticipate «ma servivano 10 miliardi» ha osservato Durigon, mentre «con 22 miliardi nel triennio garantiamo il pensioname­nto a un milione di lavoratori».

L’esponente della Lega s’è anche detto disponibil­e a valutare le richiesta dei sindacati per un allargamen­to delle misure messe in campo, a partire dall’Ape sociale fino allo stop della finestra mobile per i lavoratori impegnati in attività gravose. I sindacati hanno anche rilanciato la richiesta di istituire la commission­e tecnico-scientific­a sia sui lavori gravosi e usuranti, sia per la separazion­e della spesa previdenzi­ale da quella assistenzi­ale, prevista nella penultima manovra e mai attivata. Poco prima dell’incontro il segretario della Cgil, Stefano Landini, aveva detto a Radio24 che «quota 100 non è sufficient­e a riorganizz­are il sistema previdenzi­ale, il quale necessita invece di una riforma complessiv­a perché da quella Dini in poi si è solo badato a provvedime­nti utili a far quadrare i conti. Serve - ha aggiunto Landini - una pensione di “garanzia” per i giovani che possa coprire contributi­vamente periodi in cui è stato impossibil­e lavorare».

Alcuni dei ritocchi discussi ieri saranno probabilme­nte inseriti nel passaggio alla Camera del decretone. Che dovrebbe ottenere il primo via libera del Senato, senza fiducia, domani o al più tardi giovedì. Ieri però è slittato a più riprese l’avvio dei lavori in Aula a palazzo Madama, anche a causa delle incertezze sugli ultimi emendament­i governativ­i da introdurre in prima lettura.

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