Le fonderie frenano con l’auto, la crescita 2018 si ferma al 2,8%
Le fonderie italiane pagano il disorientamento nel mondo della subfornitura automotive e chiudono l’anno in forte rallentamento. La stagione si salva grazie ai risultati ottenuti nei mesi precedenti l’estate, e va in archivio, secondo le stime di Assofond, con un incremento della produzione del 2,8% (l’Istat restituisce valori più assottigliati). Diverse le dinamiche tra i co,parti. A pagare di più è la ghisa, con l’indice destagionalizzato che arretra di tre punti; i non ferrosi non riescono a recuperare i livelli medi del 2017, mentre l’acciaio è in controtendenza.
Il trend complessivo comunque parla chiaro, ed è negativo: non solo - spiega il centro studi di Assofond - nell’ultimo quarto trimestre il differenziale con il rispettivo periodo del 2017 è pari a -5,4%, ma rappresenta un ulteriore ribasso sull’andamento generale, successivo ai continui assottigliamenti dei valori tendenziali dei trimestri precedenti, partiti con il +7,9% della prima frazione, il +6,7% della seconda e ridotto al +2% della terza.
Il punto interrogativo di gran parte delle fonderie italiane è legato al comparto auto. «Chi ci lavora - spiega Roberto Ariotti, presidente di Assofond - sta vivendo un clima di incertezza generalizzato: gli ordini per i progetti tradizionali si sono fermati, e quelli per i nuovi tardano ad arrivare, dato che non è ancora chiaro quale direzione prenderà il comparto». Gli imprenditori, lo conferma Ariotti, hanno compreso che la transizione verso la mobilità sostenibile è iniziata e c’è la consapevolezza che sarà un tema chiave dei prossimi anni. «Noi siamo, ma a oggi non sappiamo ancora come sarà il futuro. L’automotive è un mercato chiave: il 32% dei getti di ghisa e il 57% di quelli non ferrosi sono destinati a questo comparto e le scelte dei nostri clienti orienteranno il nostro futuro e quello di tutta la filiera». Per il 2019 lo scenario è ancora difficile da interpretare ma Assofond, paradossalmente, auspica la possibilità di rubare quote di mercato proprio ai competitor tedeschi, in difficoltà.