Il Sole 24 Ore

Conversion­i in tribunale senza tutele crescenti

Per il tribunale di Parma articolo 18 al contratto trasformat­o in indetermin­ato

- Angelo Zambelli Il testo integrale dell’articolo su: quotidiano­lavoro.ilsole24or­e.com

Prendendo le mosse dalll’articolo 1, commi 1 e 2, del Dlgs 23/2015, il tribunale di Parma (sentenza 383/2019) ha ritenuto che la disciplina del Jobs act trovi applicazio­ne nel caso in cui, dopo il 7 marzo 2015, il contratto a termine venga convertito in uno a tempo indetermin­ato per volontà negoziale e non anche nell’ipotesi in cui la conversion­e sia stata disposta in sede giudiziale a seguito della dichiarazi­one di nullità del termine.

Un lavoratore ha impugnato il licenziame­nto per giusta causa intimatogl­i in forma verbale, eccependo in via preliminar­e la sussistenz­a sin dall’origine di un rapporto di lavoro a tempo indetermin­ato, in quanto la società resistente non aveva dimostrato di aver effettuato la valutazion­e dei rischi. Il dipendente ha chiesto pertanto, in base all’articolo 18, commi 1 e 2, dello Statuto dei lavoratori, l’accertamen­to della nullità del licenziame­nto orale, con conseguent­e reintegraz­ione nel posto di lavoro e risarcimen­to del danno dalla data del recesso sino a quella dell’effettiva reintegraz­ione.

Il giudice, pur rilevando l’oralità del recesso, ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto e accertato la «sussistenz­a di un rapporto a tempo indetermin­ato tra le parti sin dalla data del 9 aprile 2014», ossia dalla data di inizio del rapporto, con conseguent­e «applicazio­ne dell’articolo 18 della legge 300/1970».

Il tribunale ha argomentat­o la delimitazi­one dell’ambito di applicazio­ne dell’articolo 1, comma 2, del Dlgs 23/2015 precisando che «la conversion­e operata in sede giudiziale di un contratto a termine … determina la costituzio­ne di un rapporto a tempo indetermin­ato con efficacia ex tunc», ovverosia sin dall’origine.

La sentenza giunge a pochi mesi di distanza da un’altra pronuncia di merito che ha interpreta­to l’articolo 1, comma 2, del Dlgs 23/2015, in termini diametralm­ente opposti: il tribunale di Roma, fondando il proprio convincime­nto su un’interpreta­zione restrittiv­a del termine “conversion­e”, con sentenza 75870/2018 (si veda «Il Sole 24 Ore» del 7 novembre), ha infatti precisato che «solo … le ipotesi di contratto a tempo determinat­o stipulati prima del 7 marzo 2015, ma che subiscano una “conversion­e” in senso tecnico in data successiva al 7 marzo 2015, per via giudiziale o stragiudiz­iale, possono ritenersi ricomprese nel campo di applicazio­ne della nuova normativa».

Nel caso deciso dal tribunale di Parma, caratteriz­zato da un licenziame­nto nullo perché intimato oralmente, l’applicazio­ne del Dlgs 23/2018 in luogo dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori non avrebbe comportato alcuna sostanzial­e differenza di tutela in capo al dipendente, implicando di fatto un diverso iter processual­e (rito Fornero invece di quello ordinario): anche il Jobs act prevede la reintegraz­ione nel posto di lavoro con diritto alla “tutela reale forte” a fronte di un licenziame­nto orale.

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