Quanto vale la mobilità se diventa servizio
Le recenti tendenze emerse in seno alla gestione della mobilità aziendale hanno evidenziato un importante cambiamento nell’approccio degli addetti ai lavori, sempre meno focalizzati sull’auto (intesa come risposta generica ai bisogni di mobilità) e sempre più attenti, invece, alle necessità e alle preferenze dei dipendenti. Tutto questo al fine di mettere a loro disposizione un mix di soluzioni che venga incontro alle loro esigenze e al contempo consenta all’azienda di risparmiare e di ridurre l’impronta ambientale. Alla base di questo cambiamento c’è un nuovo paradigma che guida le scelte di chi si occupa di mobilità aziendale, e cioè il MaaS, che sta per Mobility as a Service. Come è possibile concretizzare un tale cambiamento di approccio? Con un uso sempre più spinto della connettività, della mobilità condivisa e dell’intermodalità nell’uso dei mezzi di trasporto (vale a dire dell’uso di mezzi differenti per portare a termine uno spostamento). All’orizzonte, poi, l’avvento delle auto autonome promette di portare ulteriore linfa alla rivoluzione già in atto.
«Oggi - sottolinea Robert Satiri, responsabile dei servizi generali di Colacem - una trasferta aziendale si affronta considerando lo spostamento in auto come una delle possibilità di muoversi ed è sempre più osteggiata a causa della congestione delle strade, dei costi non competitivi nel caso di mobilità di un solo individuo, della difficoltà di muoversi nei centri urbani di gran parte delle città. Ecco allora che le soluzioni alternative e combinate tra aereo, treno, mezzi pubblici e car sharing prendono piede nelle considerazioni delle travel policy più avvedute». L’ottica delle direzioni aziendali si dovrà spostare dal Tco (Total cost of ownership), tipico indicatore di performance della gestione della flotta, al Tcm (Total cost of mobility), che terrà conto del totale dei costi di mobilità del dipendente; avrà un’accezione diversa, sintetica di tutti gli aspetti del viaggio d’affari e sarà molto efficace per valutare costi ed opportunità della trasferta. I vantaggi di questo cambiamento di approccio possono essere misurati. Nel 2018, ad esempio, secondo un report diffuso da Jojob, sono stati risparmiati oltre 650mila euro e non emesse più di 420 tonnellate di CO2 dai dipendenti che hanno percorso la tratta casa-lavoro in carpooling, a piedi, in bici o con la navetta aziendale. «Non si creda, però – continua Satiri - che in questo nuovo modello di mobilità le auto scompariranno: forse saranno più condivise, utilizzate per tratte più brevi, ma continueranno sempre ad essere lo strumento per percorrere, nella stragrande maggioranza dei casi, l’ultimo miglio».