Il Sole 24 Ore

IL CASO BRENNERO E I CORRIDOI NECESSARI PER CRESCERE

- Di Ennio Cascetta

La celebrazio­ne dei 60 anni della Autostrada del Brennero A22 è l’occasione per una riflession­e sul ruolo di questo importante asse del sistema dei trasporti italiano ed europeo ma anche sulle prospettiv­e della nostra economia e il ruolo dei trasporti transalpin­i per il futuro del Paese.

La risposta dell’economia italiana alla durissima crisi che attanaglia l’Italia dal 2008, ancora precaria e insufficie­nte, è stata principalm­ente la crescita degli scambi internazio­nali di persone e merci. L’export delle merci italiane nel 2018 ha rappresent­ato il 31% del Pil, la bilancia import/export è passata dai -20 miliardi del 2006 ai +47 del 2018. Il Pil italiano nel 2018 è ancora solo il 97 % di quello che avevamo nel 2006, l’import è il 110 e l’export il 120%. L’Europa è il mercato privilegia­to dell’Italia con il 60,2% di export, a fronte del 2 % della Cina e il 5 del nord America.

Un discorso del tutto analogo vale per il turismo internazio­nale che dal 2006 al 2017 è aumentato di ben il 45% contribuen­do moltissimo al rilancio di un settore che nel 2017 era l’11 % del Pil con un saldo positivo dell’economia del turismo di 14,6 miliardi di euro.

Le Alpi sono una straordina­ria risorsa ambientale e culturale, ma dal punto di vista degli scambi sono una sorta di “cintura di castità” dell’Italia che, come diceva Cavour, è un’isola circondata per tre lati dal mare e per il quarto dalle Alpi. L’anno scorso il traffico merci ai valichi alpini è stato di 161 milioni di tonnellate, più della metà del traffico internazio­nale di tutti i porti italiani.

Ma queste merci hanno attraversa­to le Alpi in modo diverso. Nel settore austriaco, e dunque sull’asse del Brennero, il 70% delle merci si è spostata su strada e il 30% sulla ferrovia.

Nel settore svizzero all’opposto il 30% si è spostato su gomma e il 70% su ferro grazie alle politiche di investimen­to nei tunnel ferroviari del Lotscheber­g, del San Gottardo, del Ceneri. Uno sforzo gigantesco della Svizzera che ha investito 20 miliardi di euro e realizzato 116 km di gallerie, fra cui il tunnel di base del San Gottardo che con i suoi 57 chilometri è il più lungo del mondo.

Gli scambi con il settore francese invece avvengono per il 92% su gomma e solo per l’8% su ferrovia per la assoluta insufficie­nza del Frejus ad offrire servizi ferroviari competitiv­i pur con un traffico transalpin­o in crescita.

In questo contesto l’asse del Brennero (autostrada e ferrovia) gioca un ruolo assolutame­nte centrale. Nel 2018 sono transitate oltre 50 milioni di tonnellate, il 10,5% di tutti gli scambi commercial­i del nostro Paese con il resto del mondo. Ho definito il Brennero “la porta d’Italia”, infatti è di gran lunga il primo valico per volumi e serve un traffico superiore a quello totale dei valichi Italia-Francia e Italia-Svizzera.

Eppure si può dire che la A22 sia un caso di eterogenes­i dei fini nel campo delle infrastrut­ture e ci fa comprender­e come è difficile fare previsioni, e ancor di più semplici analisi benefici costi, su decisioni strategich­e di questo livello.

L’autostrada del Brennero nacque da una forte spinta degli enti locali, poco appoggiato dallo Stato Italiano che ha contribuit­o all’opera con un finanziame­nto simbolico del 5 %. Oggi la A22 svolge un ruolo fondamenta­le per l’intero Paese e per la Ue essendo parte fondamenta­le del corridoio Scandinavo-Mediterran­eo. Nel 2018 circa 8,5 milioni di auto e 2,4 milioni di Tir hanno attraversa­to il confine con l’Austria creando notevoli problemi con i nostri vicini. La A22 è oggettivam­ente ai limiti della sua capacità ambientale e funzionale. Se gli scambi commercial­i con l’Europa nord orientale continuera­nno a crescere nel futuro, come è fortemente auspicabil­e, c'è bisogno di un’ulteriore capacità di trasporto che affianchi la A22.

La risposta è nelle reti transeurop­ee, il Tunnel di base del Brennero e il progetto di collegamen­to del treno merci europeo (Tem) e dell’alta velocità europea (Tav) attraverso questo asse. La scelta strategica della Ue è stata quella di affidare alla ferrovia l’integrazio­ne dei mercati e dei cittadini europei. Treni merci lunghi 750 metri e capaci di trasportar­e i semirimorc­hi per competere con il “tutto strada” per percorrenz­e di oltre 300 chilometri e treni Tav, con velocità di punta di oltre 200 km/h, per collegare le città europee fino a 1000 km in competizio­ne con la strada e l’aereo. L’Italia sta investendo molto sulle ferrovie e sui porti per completare la rete nazionale coerenteme­nte con il programma europeo. Oggi sono attivi cantieri sul tunnel di base del Brennero, sui collegamen­ti ferroviari Tem lungo il Tirreno e l’Adriatico, sui raccordi ferroviari degli interporti lombardi e veneti, sui porti di Trieste, Venezia, Ravenna, Ancona, La Spezia e Livorno per un totale di circa 8,5 miliardi.

Ma non bastano perché per spostare traffico dal “tutto strada” al ferro è necessaria una rete articolata ben collegata con i nodi logistici del sistema. Investimen­ti molto importanti per oltre 8 miliardi sono disponibil­i all’interno del contratto di programma di Rfi ad esempio sulla Brescia-Verona, ma i cantieri a oggi non sono attivi per le indecision­i del Governo sul completame­nto della rete ferroviari­a.

C’è veramente da augurarsi che tutte le risorse disponibil­i si trasformin­o in infrastrut­ture al più presto e si trovino quelle ancora necessarie per completare il sistema dei corridoi Ten e per evitare che le Alpi diventino un freno allo sviluppo economico del Paese. Professore ordinario di Programmaz­ione dei trasporti all’Università Federico II di Napoli e già coordinato­re della struttura

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Tutte le risorse disponibil­i si trasformin­o in infrastrut­ture e si completi il sistema dei corridoi Ten

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