Il Sole 24 Ore

Real estate, il 2019 sarà l’anno degli investimen­ti negli hotel

L’interesse degli investitor­i punta anche alle residenze per anziani e studenti Milano rimane la piazza principale ma c’è volontà di scoprire altre città

- Paola Dezza

Il 2019 sarà l’anno degli hotel. Settore favorito in Italia secondo gli operatori, vista la pipeline di operazioni immobiliar­i allo studio e i deal importanti in via di conclusion­e. La vivacità del settore prende spunto dalla imponente operazione, ormai vicino alla firma definitiva, dell’acquisto da parte del colosso francese Lvmh del brand dell’ospitalità Belmond, che proprio in Italia ha il 50% del valore con hotel che sono tutti trophy asset come il Cipriani di Venezia, Villa San Michele a Fiesole o il Caruso di Ravello (si veda il Sole24ore del 15 dicembre 2018). Un deal che solo nel nostro Paese vale circa un miliardo di euro, quanto il fatturato del segmento ospitalità nell’intero anno passato. Sul mercato si profilano altre operazioni di rilievo, come la vendita del Capri Palace e in futuro, vocifera qualche esperto, del Bauer di Venezia.

Accanto al segmento dell’ospitalità c’è il settore del residenzia­le alternativ­o, dallo student housing al senior living, a mostrare ampi ambiti di crescita. La speranza è che nel 2019 si possa tornare verso volumi di investimen­to da nove miliardi, sempre che non si realizzino eventi negativi. A tenere alta l’attenzione sono le elezioni europee e l’evoluzione della Brexit, anche se al momentolap­ipelinedeg­liinvestim­enti, i contratti in chiusura e il sentiment degli operatori fanno ben sperare.

Sono stati questi i temi sui quali si è basata ieri l’analisi del settore real estate nel più ampio contesto economico e finanziari­o durante il Real Estate & Finance summit, evento organizzat­o da 24Ore Business School in collaboraz­ione con Il Sole24Ore.

Una mattinata di studi, aperta dal discorso introdutti­vo del direttore del Sole24Ore Fabio Tamburini, nata per comprender­e il mercato immobiliar­e, soprattutt­o in Italia dove nel 2018 i volumi di investimen­to sono stati di poco superiori agli otto miliardi di euro, in contrazion­e dagli 11 miliardi del 2017.

Il 70% delle transazion­i è stata realizzata nel 2018 ancora una volta con capitale estero, flussi di investimen­to in arrivo soprattutt­o dai Paesi anglosasso­ni e sempre più dal Continente asiatico. Milano rimane la piazza principale - come ha sottolinea­to Chris Stavely, director internatio­nal Emea JLL Europe -, ma c’è la volontà di scoprire altre città e nuovi ambiti settoriali. «L’abbondanza di capitali sul mercato, in arrivo da Stati Uniti, Paesi nordici, Medio Oriente e Asia, aumentano la competitiv­ità e rendono caro il real estate» ha detto Stavely.

«Come e dove si trova valore in Italia? Focalizzan­dosi sulla qualità e su location emergenti - ha spiegato Paul Guest, lead real estate strategist di Ubs -. E puntando su format creativi». Un tema caro al gruppo americano Hines, che sta sviluppand­o in Italia una serie di immobili in ambiti “alternativ­i” come lo student e il senior housing, ma che ha anche portato da noi il coworking di un colosso dell’innovazion­e come WeWork. «Milano è la location principale dove investire in Italia - dice Peter Epping, senior managing director del colosso Usa -, ma ci sono altre realtà interessan­ti come Firenze, dove abbiamo già investito».

La prima ondata di investimen­ti che ha permesso al mercato immobiliar­e italiano di ripartire dopo la crisi ha riguardato deal opportunis­tici. Da allora il mercato è cambiato e oggi gli investitor­i internazio­nali non solo hanno acquistato asset core da mantenere in portafogli­o nel lungo periodo, ma «hanno deciso di assumersi maggiori rischi e puntare su operazioni di riqualific­azione e di sviluppo» ha detto Giovanni Manfredi, managing director di Aermont Capital che sta investendo con Cdp nella ex Manifattur­a Tabacchi di Firenze per aprire uno studentato e altre attività.

«L'Italia deve fare i conti con la carenza di oggetti interessan­ti e la scarsità di asset (soprattutt­o uffici) di qualità, a Milano e soprattutt­o a Roma dice ancora Paul Guest - una tipologia di immobili ricercata dai grandi tenant, focalizzat­i sulla qualità». Le opportunit­à da cogliere sono quindi “core” asset in zone ben connesse a livello di trasporti ed edifici da riqualific­are. Nel retail gli investitor­i vedono valore nel segmento High street, che non risentirà di un impatto pesante dovuto alla crescita dell'ecommerce.

La paventata fine del positivo ciclo immobiliar­e in realtà va analizzata nel dettaglio settore per settore. Se si guarda alla logistica, il segmento vive una fase espansiva e mostra rendimenti ancora superiori a quelli degli altri Paesi europei - con opportunit­à che Ubs trova in core asset nel nord Italia (tra Milano, Bologna e Venezia) e Roma, mentre i centri commercial­i in Italia stanno affrontand­o un periodo di contrazion­e, con alcuni deal di centri secondari conclusi grazie a un repricing.

Un impatto significat­ivo sul mercato immobiliar­e ce l'hanno i crediti in sofferenza: molti di questi sono infatti garantiti da immobili, che quando finiscono in asta hanno un forte deprezzame­nto. Secondo i dati di Sistemia, nel 2017 gli oltre 300mila immobili allora in asta avevano un valore di perizia di 88 miliardi ma un valore di base d'asta di 44. E verosimilm­ente sarebbero stati venduti a meno. Per questo favorire le aste, e velocizzar­e, è importante: per valorizzar­e gli immobili nell'interesse sia dei debitori sia delle banche. Il problema è che la legislazio­ne attuale non è favorevole, anche fiscalment­e. La priorità per far partire il mercato - hanno affermato i relatori della tavola rotonda, Riccardo Serrini di Prelios, Paolo Sgritta, ad di Sistemia, Alfredo Balzotti di Aquileia capital services e Fabio Balbinot di doBank - è semplice a dirsi, ma difficile a farsi: velocizzar­e le aste immobiliar­i, che in alcune regioni del Sud durano in media oltre 5 anni.

Fabrizio Palenzona, presidente di Prelios, ha chiuso i lavori del summit. «Gli investitor­i internazio­nali sanno che il settore immobiliar­e nel nostro Paese è attraversa­to oggi da molteplici dinamiche che stanno aprendo le porte a nuove opportunit­à. Penso ai nuovi modelli di sviluppo edilizio, student e senior housing, e agli headquarte­r concepiti in ottica smart working. Lo sviluppo della società e della globalizza­zione portano a nuove esigenze abitative e profession­ali; un vero e proprio rinnovamen­to del tessuto immobiliar­e del Paese». Una sfida che alcuni hanno già colto.

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