Più Cina per Menarini Obiettivo un miliardo
Per il salto dimensionale la strada è quella di un’acquisizione Menarini Asia-Pacific ha chiuso il 2018 con ricavi in crescita del 17,9%
Dalle finestre del quartier generale di Menarini Asia-Pacific, a Singapore, si vede il nuovo porto commerciale, in via di (rapida) costruzione in quest’area a ovest dell’isola per svilupparsi ancora: il progetto è di raddoppiare entro il 2035 le merci movimentate (33,7 milioni di container nel 2017) che già oggi ne fanno il secondo porto al mondo per importanza dopo Shanghai. Il raddoppio è un obiettivo strategico che lo accomuna a Menarini AsiaPacific, l’azienda farmaceutica singaporiana (ex Invida Group) che la multinazionale della famiglia Aleotti ha acquisito nel 2011, insieme con 12 filiali in altrettanti Paesi dell’Asia-Pacifico e tremila dipendenti, per farne la testa di ponte per la conquista del promettente mercato del Sud-Est asiatico, dove la spesa sanitaria rappresenta il 5% del Pil (contro il 17% degli Stati Uniti e il 9,3% dell’Europa a 5 formata da Italia, Germania, Regno Unito, Francia e Spagna).
Un progetto che oggi, dopo anni di marcia sostenuta, è a una svolta decisiva. Menarini Asia-Pacific ha chiuso il 2018 con una crescita di fatturato del 17,9% sull’anno precedente, a quota 425 milioni di euro, confermandosi uno dei motori del gruppo fiorentino da 3,7 miliardi di ricavi, per il 75% all’export. «Ma ancora non basta, dobbiamo accelerare e crescere soprattutto in Cina», annuncia Pietro Corsa, direttore generale amministrazione e finanza del gruppo Menarini, a Singapore per programmare gli obiettivi di budget dei prossimi anni.
«Il mercato del Sud-Est asiatico si è rivelato più difficile di quanto pensassimo – aggiunge il manager – e a questo punto, per penetrare davvero in Cina e fare il salto dimensionale, ci sarà bisogno di un’acquisizione».Il salto dimensionale a cui punta Menarini AsiaPacific significa toccare un miliardo di euro di ricavi, al massimo entro il 2022. Sul fronte dei margini quest’anno l’azienda basata a Singapore prevede di raggiungere il pareggio e di autofinanziarsi, dopo la fase dei forti investimenti. Ma per l’acquisizione cinese è pronto l’intervento della casa madre, che – come annunciato da Lucia Aleotti (si veda Il Sole 24 Ore del 14 dicembre 2018), azionista col fratello Alberto Giovanni del più grande gruppo farmaceutico a capitale italiano – ha in cassa un miliardo di euro di liquidità.
«La Cina vale più del 50% del mercato farmaceutico del Sud-Est asiatico - spiega Luca Lastrucci, direttore del board di Menarini AsiaPacific – e il nostro obiettivo è replicare questo peso, riuscendo ad avere la metà del fatturato dal mercato cinese». Nel 2018 la Cina ha prodotto il 13% dei ricavi di Menarini Asia-Pacific (56,1 milioni di euro), crescendo del 45%. «Ora stiamo per lanciare nuovi prodotti – spiega Albert Lim, ad della società – tra cui alcuni per le patologie respiratorie che hanno buone potenzialità».
Resta il fatto che la Cina è un mercato molto protezionista, che per lanciare un prodotto impone tempi lunghi (6 anni) e investimenti consistenti (10 milioni), spiegano i manager di Menarini da Singapore.
La città-Stato asiatica è stata scelta da Menarini anche per la ricerca, con la nascita di un’azienda (Menarini Biomarkers Singapore) e l’avvio di un progetto in collaborazione con l’ospedale cittadino Singhealth che punta a mettere insieme due tecnologie per la diagnostica acquisite dal gruppo fiorentino negli ultimi anni, l’americana CellSerch e la bolognese Deparray: la sfida è creare una piattaforma in grado di isolare le cellule fetali o le cellule del sistema immunitario innovando così la diagnostica prenatale e la cura dei tumori.
Milioni di euro
LUCIA ALEOTTI Azionista di riferimento del gruppo
Menarini
Crescita della spesa sanitaria