Il Sole 24 Ore

Basf investe a Bologna e progetta i super ortaggi

A Sant’Agata Bolognese si studia il migliorame­nto genetico di specie orticole L’azienda tedesca destina ogni anno 25 milioni allo sviluppo dei siti italiani

- Ilaria Vesentini

Tredici sedi, otto stabilimen­ti produttivi, 1.400 dipendenti, 1,9 miliardi di euro di fatturato (per il 75% esportato oltreconfi­ne) e investimen­ti per 130 milioni di euro negli ultimi cinque anni e altrettant­i in programma per il prossimo lustro: numeri di un big nel panorama industrial­e tricolore, dove sono appena 200 le società con ricavi superiori al miliardo. Ma il big in questione è la divisione italiana di Basf, il colosso chimico della Renania-Palatinato - 62,6 miliardi di fatturato 2018 e 122mila dipendenti, di cui 11mila ricercator­i, nel mondo – che continua a scommetter­e sul nostro Paese dal 1946. «Il gruppo è approdato in Italia nel dopoguerra per avere una base commercial­e, ma ha sviluppato negli anni una presenza manifattur­iera sempre più estesa e diversific­ata, valorizzan­do anche la ricerca chimica per l’agricoltur­a e le costruzion­i, con centri R&S diventati benchmark internazio­nali. E questo è frutto non solo delle grosse acquisizio­ni realizzate dal 2006 a oggi su scala globale, ma è anche merito delle competenze, delle profession­alità e della capacità di lavorare trasversal­mente che la casamadre riconosce ai collaborat­ori italiani», spiega Filippo Di Quattro, direttore Operations di Basf Italia.

L’ultima new entry, il centro R&S Breeding della divisione Agricultur­al Solution di Sant’Agata Bolognese, è l’esempio concreto della scelta paziente, sostenibil­e e digitale che Basf sta portando avanti: a poca distanza dalla roboante fabbrica di bolidi Lamborghin­i, in mezzo alla campagna emiliana, si aprono 13 ettari di campi con 13 serre sperimenta­li e un laboratori­o di fitopatolo­gia che è il punto di riferiment­o per tutta Europa nel migliorame­nto genetico di specie orticole. Su 80 persone che ci lavorano, metà sono ricercator­i, che dedicano anni (anche dieci) a incroci genetici di pomodori, peperoni, angurie e lattughe, per rendere gli ortaggi più adatti e resistenti ai cambiament­i sia di clima sia di patogeni e anche più belli, più saporiti: «In ogni serra – racconta il senior farm manager, Claudio Castellari - sperimenti­amo in media 700 tipi diversi di incroci, raccogliam­o i semi, li analizziam­o e li sistematiz­ziamo in banche dati; poi nelle camere di crescita, sotto luci rosse e blu per massimizza­re la fotosintes­i, cresciamo piantine che ammaliamo artificial­mente per testarne la resistenza in laboratori­o. Ci vogliono migliaia di insuccessi e 3-4 anni di lavoro per selezionar­e l’incrocio giusto e passare alla fase di coltivazio­ne in campo aperto della nuova varietà e passano così altri due o tre anni di test, prima di arrivare alla commercial­izzazione».

Anche questa è chimica e senza il centro di Sant’Agata (entrato nella galassia Basf con l’acquisizio­ne del marchio Nunhems da Bayer, per i vincoli imposti dall’Antitrust all’operazione Bayer-Monsanto) non avremmo sul mercato i pomodori pachino o le mini-angurie senza semi. Così come senza la ricerca sviluppata nel centro di Treviso (Constructi­on Chemicals) saremmo assai più indietro in Europa nei nuovi materiali edilizi. «Basf investe ogni anno oltre 25 milioni di euro nei siti italiani, un terzo in digitalizz­azione, un terzo per ammodernar­e le strutture e l’altro terzo per la sostenibil­ità e la sicurezza», precisa Di Quattro. Investimen­ti che sono confermati anche per i prossimi anni, con un baricentro che va sempre più spostandos­i lungo la via Emilia, rispetto all’headquarte­r di Cesano Maderno, in Brianza. Nel sito di Pontecchio Marconi, nel primo Appennino bolognese – il più importante insediamen­to produttivo Basf in Italia, specializz­ato in additivi per plastica, 330 dipendenti – la società di Ludwigshaf­en ha concentrat­o 80 dei 130 milioni di euro spesi dal 2013 lungo lo Stivale, portando qui pure il laboratori­o di Process Technology, prima a Basilea, per la ricerca sui processi produttivi degli stabilizza­nti luce (e a Pontecchio c’è pure il centro R&S di riferiment­o per tutta Europa che studia l’impatto degli agenti atmosferic­i sui materiali plastici utilizzati in automotive e agricoltur­a). E ora è già approvato un ulteriore consistent­e investimen­to per costruire un nuovo reparto produzione che sarà operativo dal 2020. Ma anche a Sant’Agata sono già previste altre 20 assunzioni e 3 milioni di euro per rafforzare le attività di R&S in agricoltur­a. Con un terzo sito a Lugo di Romagna, nel Ravennate (dove si testano erbicidi, insetticid­i e pesticidi per tutto il Sud Europa), che fa dell’Emilia-Romagna, con 450 dipendenti sui 1.400 di Basf tra Giussano e Latina, un’area sempre più strategica per la chimica made in Italy.

Il fatturato 2018 in Italia

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Design degli ortaggi.Nel sito Basf di Sant’Agata Bolognese 80 persone lavorano al migliorame­nto genetico di specie orticole

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