Banche, Tria: «Bail in da abolire» Ma poi frena sul «ricatto tedesco»
Il Mef: «Nessuna accusa specifica né alla Germania né al ministro Schäuble» Nel decreto risparmiatori rimborsi collegati ai principi della class action
Il bail in andrebbe abolito anche perché quando fu introdotto il ministro dell’Economia di allora, Fabrizio Saccomanni, fu «praticamente ricattato» dal collega tedesco Schäuble. L’affondo a Berlino arriva diretto dal ministro dell’Economia Tria, nell’informativa del primo pomeriggio di ieri in commissione Finanze al Senato. E agita i palazzi della politica fino a produrre una retromarcia dello stesso Tria in serata. Tria ha utilizzato «un’espressione evocativa ma infelice», recita il comunicato riparatore del ministero, che «non intendeva lanciare un’accusa specifica né alla Germania né al ministro delle Finanze tedesco dell’epoca». Ma che cosa aveva detto il ministro? Spiegando di essere d’accordo con il presidente dell’Abi Patuelli, che in mattinata era tornato a chiedere l’abolizione del bail in quanto produttore di «un’angoscia immotivata nei risparmiatori», Tria aveva finito per attribuire a un (implicito) ricatto tedesco la genesi della disciplina sulle risoluzioni, la stessa che vincola i rimborsi ai risparmiatori ai limiti a cui il fondo introdotto in manovra sta cercando faticosamente di adeguarsi: «Se l’Italia non avesse accettato», è il contenuto della minaccia di Schäuble nella ricostruzione di Tria, «si sarebbe diffusa la notizia che il sistema bancario era prossimo al fallimento». Il che, nel classico meccanismo delle profezie che si autoavverano in un sistema del credito che vive di aspettative, sarebbe equivalso al «fallimento del sistema bancario». Ma Tria «ha voluto fare riferimento a una situazione oggettiva», prova a spegnere il fuoco il comunicato serale, in cui «un rifiuto isolato dell’Italia» al bail in «avrebbe potuto essere facilmente interpretato come un segnale dell’esistenza di seri rischi» nelle banche italiane. L’infortunio rievoca tesi non inedite, e ricche di fortuna in ambienti sovranisti come mostra il rilancio immediato arrivato dal presidente della commissione Bilancio della Camera Claudio Borghi. «La questione #Saccomanni - twitta - racchiude tutta la mia critica politica all’euro». Ma ovviamente parole come queste, pronunciate da un ministro dell’Economia in Senato, hanno un peso diverso. Che spiega l’agitazione del pomeriggio e la correzione serale.
A motivarlo in ogni caso non sono le difficoltà nel confronto con la Ue sul decreto sul fondo risparmiatori, vincolato dalle regole del bail in. Anzi. Con la norma originaria, sostiene Tria, i rimborsi sarebbero già partiti. Qui il riferimento è ai Cinque Stelle. Perché «il Parlamento è sovrano», premette. Ma l’abolizione del giudizio arbitrale sui rimborsi ha «creato interrogativi sul rispetto delle norme comunitarie, che hanno prodotto qualche ritardo».
Intorno a questo punto ruota ora il lavoro sul primo decreto attuativo per evitare nuove obiezioni Ue. Superato il problema della platea, che dovrebbe allargarsi a Onlus e microimprese senza stop comunitari, si rafforza il meccanismo delle verifiche caso per caso affidate alla commissione tecnica prevista dalla manovra. Proprio qui potrebbero rientrare in campo arbitri e magistrati, occupando alcune delle nove caselle della commissione. Le verifiche sarebbero in ogni caso documentali, basate sulle carte che le banche dovranno fornire in 30 giorni ai risparmiatori. Il presupposto per evitare giudici o arbitrati veri e propri, nelle formulazioni che il governo sta preparando, è il collegamento con l’articolo 140-bis del Codice del consumo. Si tratta degli «interessi collettivi» tutelabili con la class action quando sono in gioco «diritti omogenei al ristoro del pregiudizio derivante da pratiche commerciali scorrette». In quest’ottica le «violazioni massive» degli obblighi di trasparenza determinano «l’emergenza sociale» che può aprire a rimborsi di gruppo. Ma l’incognita chiave resta quella dei tempi: Lega e M5S premono per far partire subito un decreto già troppo annunciato, ma la chiusura del confronto con la Ue attesa dal Mef potrebbe richiedere ancora 2-3 settimane.