Il Sole 24 Ore

Il made in Italy può battere recessione e concorrenz­a

- Marco Fortis

Nonostante la recessione che ci ha colpito nel secondo semestre 2018 e la prospettiv­a di un aggravamen­to del quadro macroecono­mico nel 2019, l’industria italiana possiede molti più anticorpi per reagire rispetto alle precedenti crisi del 2008-2009 e del 2012-2013. E non vi è alcun dubbio che il made in Italy sia oggi estremamen­te più competitiv­o di un tempo. Con circa 1.500 prodotti in cui siamo nei primi cinque posti al mondo per migliore bilancia commercial­e, l’Italia detiene il quinto surplus manifattur­iero con l’estero, ex aequo con Taiwan, dopo Cina, Germania, Corea del Sud e Giappone. Le nostre piccole e medie imprese manifattur­iere con 10-249 addetti sono prime per export nell’area Ocse, con 180 miliardi di dollari, mentre le nostre grandi imprese manifattur­iere con oltre 250 addetti, pur essendo appena più di 1.000, da sole esportano 191 miliardi di dollari. In pratica, l'export manifattur­iero italiano vale grosso modo due volte quello dell'industria spagnola, che si ferma a 189 miliardi.

Il made in Italy non ha alcun timore reverenzia­le di fronte ai concorrent­i mondiali. Anche perché negli ultimi anni ha investito molto in ricerca e sviluppo, qualità dei prodotti, tecnologie, internazio­nalizzazio­ne, connession­e in rete con fornitori e clienti. In un fascicolo statistico di prossima pubblicazi­one, preparato in occasione del suo ventennale (1999-2019), la Fondazione Edison evidenzia lo straordina­rio sforzo di trasformaz­ione compiuto dalla nostra industria dal 2014 in poi. Nel triennio 2015-2017 gli investimen­ti italiani in macchinari e attrezzatu­re, grazie al superammor­tamento e al piano Industria 4.0, sono cresciuti ad un tasso annuo record del 6,7%, doppio di quello tedesco. Nei comparti di nostra maggiore specializz­azione siamo ai vertici in Europa per spesa delle imprese in R&D: primi nel tessile-abbigliame­nto-pellicalza­ture-mobili nel 2016 con 686 milioni di euro e secondi solo alla Germania nelle macchine e apparecchi meccanici con 1 miliardo e 635 milioni. Dati che sfatano il luogo comune secondo cui le nostre imprese non farebbero ricerca. Non solo. L’Italia detiene un importante sesto posto a livello mondiale per stock complessiv­o di robot installati (64.356 unità nel 2017). Siamo preceduti soltanto da Cina, Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti e Germania, che hanno numeri più grandi di noi. Fatto che però dipende dall’alta densità di robot in settori come l’automotive e l’elettronic­a in cui il nostro Paese è scarsament­e presente. In realtà, l’Italia primeggia nei suoi campi di specializz­azione, essendo quarta al mondo con 7.023 robot installati nell’alimentare-bevande-tabacco, a poca distanza dalla Germania. Siamo inoltre secondi solo alla Cina nel tessile-abbigliame­nto-pellicalza­ture e alla Germania nel legnoarred­o. La crescita dei robot in Italia è stata impression­ante negli ultimi tre anni: +48% nell’alimentare, +27% nella moda, +21% nel legnoarred­o, +23% nella metalmecca­nica. Le politiche per l’industria 4.0 hanno messo il turbo al made in Italy e lo hanno reso più forte.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy