Bayer, sull’utile pesa l’operazione Monsanto
Maxi svalutazione da 3,3 miliardi e oneri straordinari per la fusione Il ceo Baumann: «Il prezzo del titolo non riflette il valore della società»
«Le nostre azioni sono un eccellente investimento ai prezzi correnti. La quotazione non è corretta, non riflette assolutamente il valore della nostra società». Così il ceo di Bayer, Werner Baumann, ha risposto ieri a chi gli domandava se ci saranno buy back a sostegno di una quotazione scesa dai 103 euro dello scorso maggio ai 69,28 della chiusura ieri. La Borsa di Francoforte ha accolto positivamente il bilancio 2018 (+3,73%) della blue chip del Dax dominato dall’acquisizione Monsanto (chiusa lo scorso giugno) e un buon risultato nel quarto trimestre: utile netto rispetto al 2017 in calo del 76,9% a 1,69 miliardi di euro, per via di svalutazioni per 3,3 miliardi e oneri straordinari relativi all'acquisizione; fatturato salito del 4,5% a 39,5 miliardi (+13,1% senza tener conto dell'impatto dei cambi e aggiustamenti di portafoglio); Ebitda +2,8% aumentato a 9,5 miliardi; Ebit -33,7% sceso a 3,9 miliardi e l’utile base per azione a 5,94 euro, lievemente superiore alle aspettative. Il dividendo peril 2018, sarà pari a 2,80 euro, «una remunerazione record tenuto conto dell’aumento del numero delle azioni». Confermate infine le previsioni per il 2019 e i target 2022.
Ma quel che tiene il mercato sulle spine, e che Baumann ha affrontato in apertura del suo discorso ieri, è la mina vagante delle azioni legali negli Usa sul glifosato, lievitate in pochi mesi da 9.300 a 11.200 cause. La Bayer è convinta che il tracollo in Borsa dallo scorso agosto, che ha visto 27 miliardi di capitalizzazione spazzati via, sia da attribuire a un solo unico «evento»: la sentenza dello scorso agosto di un Tribunale di San Francisco (tra l’altro subito già ridotta dagli iniziali 289 milioni a 80 milioni) contro Monsanto a favore di un malato di tumore, Dewayne Johnson, per il presunto effetto cancerogeno del glifosato. «Il glifosato non è cancerogeno e a dirlo non siamo solo noi ma le autorità di tutti i Paesi del mondo - ha tuonato ieri Baumann -. Paesi come Canada, Brasile, Giappone, Germania hanno confermato proprio dopo la sentenza Usa che non è cancerogeno. Abbiamo fatto appello, è presto dire come andrà a finire, non prevediamo per ora alcun danno ma solo spese legali».
È presto anche per dare al mercato più dettagli su dove saranno tagliati nell’arco di tre anni i 12.000 posti di lavoro in meno (prevalentemente in Germania) sui 118.000 totali. Ed è presto per dare conto degli incassi sulle cessioni in corso, i 7 miliardi stimati dal mercato non sono stati confermati: Coppertone e Scholl’s dovrebbero chiudersi quest’anno, per il settore della veterinaria se ne saprà di più entro marzo, Currenta è «a buon punto». Per il ceo, si tratta di attività in salute per le quali si potrà spuntare un buon prezzo di vendita.
Quel che il ceo e il direttore finanziario Wolfgang Nickl hanno invece detto con enfasi è che la Bayer intende focalizzarsi sul core business con maggiori investimenti (35 miliardi in quattro anni) di cui due terzi in R&D; il free cash flow verrà mirato a dividendi, accordi per innovazione in outsourcing, e soprattutto deleveraging. Il colosso ha accumutato, per Monsanto, 35,7 miliardi di debiti, tramite due bond ben piazzati nel 2018 da 21 miliardi. «Il nostro ratin g tornerà alla A piena», ha promesso Nickl, assicurando che il deleveraging sarà fatto come avvenne già in passato dopo l’acquisizione Merck.
In Italia infine, Baumann ha detto che nel 2018 i ricavi sono cresciuti dell'1% a 1,05 miliardi. Fiore all'occhiello del gruppo è lo stabilimento di Garbagnate Milanese, il modello pilota per la digitalizzazione del gruppo.