SALVINI-DI MAIO, LA STAGIONE DEL DISGELO CON LE IMPRESE
Sono passati pochi mesi dalla legge di bilancio e sembra sia già cambiato molto nei programmi e nella comunicazione dei due vicepremier. Se prima gli spazi di dialogo con le imprese erano ridottissimi e anzi c’era un atteggiamento se non di ostilità certamente di diffidenza e distanza, adesso si nota un’inversione di marcia piuttosto decisa. Tra il provvedimento sblocca cantieri e l’annuncio di Luigi Di Maio di un prossimo taglio del cuneo – fatto nell’intervista di ieri sul Sole 24 Ore – si comincia a correggere e integrare una strategia economica e politica che fin qui era poggiata sulle due promesse elettorali (quota 100 e reddito di cittadinanza) e su un più incisivo intervento statale. Tutto il resto, e soprattutto il mondo imprenditoriale privato e delle banche, era stato volutamente spinto indietro per rafforzare una propaganda che separava lavoratori da imprese, piccole aziende dalle grandi, il credito dalla produzione. Una sorta di lista dei buoni e cattivi, tutta declinata su categorie politiche senza tenere conto che quell’obiettivo di crescita all’1% scritto nella manovra non può prescindere dai produttori, medi, piccoli o grandi.
Evidentemente la forza dei numeri – con le previsioni sul Pil tutte al ribasso rispetto all’1% - ma anche la consapevolezza che la campagna elettorale per le europee avrà l’economia al centro, sta mutando l’attitudine innanzitutto nei 5 Stelle e nel suo leader Di Maio. Un disgelo con le imprese confermato dall’impegno di dedicare i risparmi dalla spending review al taglio del costo del lavoro, dall’avvio di “un ciclo di incontri” con le associazioni di categoria e dalla “benedizione” al forum a Versailles tra la Confindustria francese e italiana. A raccontarlo ieri è stato il presidente di Confindustria Boccia: «Due giorni fa ho incontrato Di Maio e nella chiacchierata mi ha detto: puoi dire ai francesi che non ho alcuna intenzione di creare distonie. Penso che questo sia un bel messaggio che cambia un percorso». Una correzione di rotta, insomma, dopo aver sperimentato che quel feeling con i gilet gialli e il conseguente strappo con Macron – poi ricucito da Mattarella – non ha portato consensi nelle due elezioni regionali ma anzi forse li ha fatti perdere. A vantaggio di Salvini.
Ed è qui che c’è un’altra novità: se prima c’era una competizione tra i due ad accreditarsi come i più vicini al popolo e i più distanti dalle aziende, adesso sembra sia partita una gara al contrario. Sia l’uno che l’altro programmano incontri con le associazioni nei rispettivi ministeri, il vicepremier leghista spinge su Tav e sblocca-appalti mentre i 5 Stelle si difendono dall’accusa di voler frenare i cantieri e aprono – come ha fatto ieri il ministro Toninelli – alla pubblicazione dei bandi Telt per l’Alta velocità (anche se entro sei mesi – quindi dopo le europee si possono annullare). «Dimostreremo che non c’è ostilità verso le imprese» diceva in un’intervista a Repubblica sempre Di Maio, consapevole che se lascia spazi vuoti, Salvini è pronto a occuparli indossando la felpa di ministro dello Sviluppo.