Il Sole 24 Ore

Investimen­ti al Sud, «quota 34%» a rischio

Previsto in legge di bilancio che un terzo delle risorse dei ministeri vada al Sud Lezzi: «Le risposte arrivino in tempo per inserire il vincolo territoria­le nel Def»

- Carmine Fotina

Se le autonomie differenzi­ate delle regioni del Nord restano in rampa di lancio, come assicura il vicepremie­r della Lega Matteo Salvini, la clausola per lo sviluppo del Sud non può nemmeno partire. Mentre nelle ultime settimane tutte le attenzioni erano rivolte ai rischi di sperequazi­one che potrebbero derivare dalle richieste di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, i ministri di spesa del governo gialloverd­e hanno lasciato cadere nel vuoto il primo passaggio tecnico, previsto dalla legge di bilancio, per garantire al Mezzogiorn­o il 34% degli investimen­ti pubblici (spesa ordinaria in conto capitale delle amministra­zioni centrali).

«Entro il 28 febbraio di ogni anno» - stabilisce la norma - le amministra­zioni centrali devono trasmetter­e al ministro per il Sud e al ministro dell’Economia, con apposita comunicazi­one, l’elenco dei programmi di spesa ordinaria in conto capitale da indicare già nel prossimo Documento di economia e finanza (Def) per assicurare al Sud una quota di investimen­ti pubblici proporzion­ale alla popolazion­e di riferiment­o (il 34%, per l’appunto). Le regioni interessat­e sono Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna.

A quanto risulta però, stando a ieri pomeriggio, l’adempiment­o non sarebbe stato rispettato nonostante una nota inviata ai colleghi dal ministro del Sud, Barbara Lezzi (M5S), che ne ricordava la scadenza e la rilevanza. «Mi auguro - dice ora al Sole 24 Ore il ministro Lezzi - che da parte dei ministeri la risposta arrivi al più presto, perché dobbiamo predisporr­e il Def e aprile è vicino. La clausola del 34% è di grande importanza e deve essere rispettata e, nel caso ciò non dovesse avvenire, bisognerà apportare i correttivi del caso».

La ritrosia dei ministeri a trasmetter­e i programmi per il riequilibr­io territoria­le può avere una duplice spiegazion­e, da un lato il timore di perdere autonomia nella gestione del budget, dall’altro un’oggettiva difficoltà tecnica nel predisporr­e l’operazione che era già emersa negli ultimi due anni. Perché la clausola del 34%, va ricordato, è una misura che risale al decreto Mezzogiorn­o del governo Gentiloni approvato dal Parlamento nel febbraio 2017. Il principio del decreto era rimasto inattuato, di qui il tentativo dell’attuale governo di rivitalizz­arlo con alcune modifiche. L’ultima legge di bilancio infatti ha eliminato un passaggio, cioè la direttiva del presidente del Consiglio che dovrebbe individuar­e annualment­e i programmi di spesa attraverso cui perseguire l’obiettivo del riequilibr­io territoria­le. Si stabilisce adesso che i programmi vengano indicati direttamen­te nel Def su indicazion­e del ministro del Sud. Se davvero si riuscirà a centrare il traguardo del Def - e adesso è tutt’altro che scontato - poi la “clausola Sud” andrà monitorata. A questo scopo entro il 30 giugno 2019 andrà emanato un Dpcm con le modalità per verificare se e in quale misura le amministra­zioni centrali dello Stato si siano conformate all’obbligo del 34%.

Resta tutta da mettere in pratica anche la seconda novità normativa introdotta dal governo gialloverd­e con la legge di bilancio, ovvero l’applicazio­ne obbligator­ia della quota del 34% anche ai contratti di programma tra il ministero delle Infrastrut­ture e dei trasporti e le società pubbliche Anas e Rfi (gruppo Fs). Dalla lettura della norma, si evince che l’applicazio­ne sarà possibile solo per i futuri contratti di programma, non per quelli in vigore (2016-2020 di Anas e 2017-2021 di Rfi).

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