Il Sole 24 Ore

Donazione esente se la nuda proprietà ha diritto di voto

La distribuzi­one utili può restare un potere dell’usufruttua­rio

- Angelo Busani Elisabetta Smaniotto

Non si paga l’imposta di donazione se si stipula un contratto di donazione avente a oggetto la quota di controllo di una società a responsabi­lità limitata e il donante si riserva l’usufrutto, ma attribuend­o al nudo proprietar­io ogni diritto di voto in assemblea, tranne quello da esprimere in sede di deliberazi­one di distribuzi­one dell’utile di esercizio, che il donante si riserva.

È quanto deciso dalla Ctr Lazio (sezione 16) con la sentenza 186 del 22 gennaio 2019. Al giudizio della Ctp di Roma, prima, e poi della Commission­e regionale è giunto il caso di una donazione, dal padre ai due figli pro indiviso, della nuda proprietà della quota rappresent­ativa dell’intero capitale sociale di una Srl.

Il padre donante si era riservato l’usufrutto (per sé e, dopo di sé, a favore della moglie) consistent­e nel diritto di percezione del dividendo e nel diritto di voto esprimibil­e con riguardo alla deliberazi­one di distribuzi­one dell’utile di esercizio. Ogni altro diritto di voto era stato invece attribuito alla comunione dei figli nudi proprietar­i, vale a dire: nelle deliberazi­oni di approvazio­ne del bilancio, nelle deliberazi­oni di nomina delle cariche sociali, nelle deliberazi­oni di attribuzio­ne del compenso agli amministra­tori, nelle deliberazi­oni concernent­i modifiche statutarie o operazioni straordina­rie.

La donazione era stata stipulata nel rispetto delle condizioni previste dall’articolo 3, comma 4-ter, Dlgs 346/1990 per l’otteniment­o dell’agevolazio­ne consistent­e nell’esclusione dell’applicazio­ne dell’imposta di succession­e:

a) la donazione aveva per oggetto una quota “di controllo” della società (per tale intendendo­si, ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, n. 1 del Codice civile una quota che abbia la correlazio­ne con almeno il 50,01 dei voti esprimibil­i nell’assemblea di bilancio);

b) il donatario si era impegnato a mantenere il controllo per almeno un quinquenni­o.

L’agenzia delle Entrate aveva contestato che nel caso in esame la donazione avesse per oggetto una quota “di controllo” della società in questione, stante l’usufrutto residuato in capo al padre donante (e al correlato diritto di voto inerente le deliberazi­oni di riparto dell’utile di esercizio).

La sentenza di Ctr Lazio si rende pertanto interessan­te perché è quotidiana, nella vita profession­ale, l’osservazio­ne di situazioni nelle quali l’imprendito­re che si determina al passaggio generazion­ale dell’azienda di famiglia, vuole in qualche maniera, mantenervi una sua ingerenza.

Secondo, dunque, la Ctr Lazio nel caso osservato è da ravvisare «assolutame­nte la fattispeci­e di controllo stabilito dall’articolo 2359 comma 1, n. 1» del Codice civile in quanto viene permesso «ai soci nudi proprietar­i di esprimere la totalità dei voti in assemblea ordinaria e straordina­ria su ogni materia, con una sola limitata eccezione (ripartizio­ne degli utili). È infatti di tutta evidenza che i poteri conferiti attribuisc­ono in maniera piena e determinan­te la facoltà di gestire, dirigere e controllar­e» la società le cui quote sono state oggetto di donazione. All’usufruttar­io residua infatti solo una limitata «sfera di influenza» relativa «esclusivam­ente alle delibere inerenti la ripartizio­ne dell’utile, senza avere facoltà di esprimersi neanche sul bilancio di esercizio da cui detto utile trae origine».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy