Tav, governo nel caos Le imprese di Italia e Francia: una priorità
Conte: nulla di deciso Tria: il progetto va avanti Toninelli: resto contrario Un’analisi bis dimezza i costi del progetto sul versante italiano
Alta tensione nel governo sulla Tav. Ieri il tema ha tenuto banco al Forum economico di Versailles. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria, presente al Forum, è convinto che il progetto andrà avanti: «Ci sono posizioni differenti nel governo – dice Tria – ma credo che ci sarà un’evoluzione positiva». «Sono profondamente contrario», replica il ministro Toninelli, contro cui il Pd ha annunciato una mozione di sfiducia. Confindustria e Medef (industriali francesi) si schierano apertamente per il completamento della Tav, «anello mancante del corridoio Mediterraneo». Intanto, in mattinata, una nota di Palazzo Chigi aveva smentito sia il sì di Conte a una mini-Tav sia che il premier abbia chiesto un supplemento di analisi sull’opera, contributo che invece è stato sollecitato dal ministero Infrastrutture. La nuova relazione, prodotta dal gruppo di lavoro del professor Ponti, tiene conto dei soli costi a carico dell’Italia e di fatto dimezza gli svantaggi. Il risultato dell’analisi resta negativo, ma nello scenario di traffico realistico il dato scende da -7 miliardi di euro a -2,4 miliardi.
Sulla Tav nel governo è ormai tutti contro tutti. Un corto circuito pubblico, con dichiarazioni contraddittorie di fronte a telecamere e microfoni. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria da Versailles spiega senza giri di parole che il progetto andrà avanti nonostante le differenti posizioni nell’esecutivo. Nelle stesse ore il suo collega delle Infrastrutture Danilo Toninelli, contro cui il Pd ha annunciato nel frattempo una mozione di sfiducia,ribadisce invece il «No senza pregiudizi» a nome del M5s. A chiudere il cerchio arriva poi Palazzo Chigi. Il premier Giuseppe Conte smentisce sia di aver dato il via libera alla cosidetta mini-tav, sia di aver richiesto «un ulteriore contributo all’analisi costi-benefici» e assicura che la decisione verrà presa «nella massima trasparenza».
Il tempo però corre veloce. E a ricordarlo è la ministra dei Trasporti francese Elisabeth Borne. «È giunto il momento che l’Italia ci confermi che va avanti con il progetto», ha avvertito, confermando di aver detto al governo italiano assieme alla Commissione Ue «che si rischia di perdere il finanziamento se non prendiamo una decisione rapida». Borne ha poi sottolineato che l’Europa «ha proposto di aumentare la sua quota» portandola dal 40% al 50%, rendendo così «equivalente» la quota di Italia e Francia. Il nodo sarà certamente affrontato anche dal presidente Emmanuel Macron nell’intervista a Fabio Fazio che sarà trasmessa domenica a «Che tempo che fa» su Rai1.
La deadline è l’11 marzo, quando il Cda di Telt - il consorzio italofrancese - sarà chiamato a decidere se avviare o meno i bandi di gara per la realizzazione del tunnel, pena la perdita immediata di 300milioni di finanziamenti europei. La scelta però dipenderà dalle indicazioni del Governo, che a questo punto arriveranno la prossima settimana in un vertice tra Conte, i due vice e Toninelli. Il ministro fino a giovedì sembrava orientato al via libera, tant’è che proprio Toninelli aveva sottolineato che se anche fossero partite le gare, queste potevano sempre essere «revocate» nei 6 mesi successivi senza alcuna penale. Di fatto si tratterebbe di un avvio destinato a posticipare a dopo le europee del 26 maggio la decisione definitiva.
Un compromesso che tuttavia ha mandato in tilt i Cinque Stelle, preoccupati soprattutto che questo primo sì spalanchi la strada alla mini-tav. Si parla di una telefonata (smentita da PalazzoChigi)alportavocedelpremier RoccoCasalinodapartedeiNo-Tavdel Movimento, allarmati per la presunta disponibilità data da Conte al ridimensionamento del progetto che manterrebbe comunque il tunnel di base oggetto dei prossimi bandi di Telt. Telefonata che avrebbe spinto il premier alla successiva precisazione e alla netta presa di distanza dalla mini-Tav. Per gli ortodossi pentastellati resterebbe infatti «uno scempio» sia pure in versione ridotta perchè comunque consentirebbe la realizzazione del tunnel di base oggetto delle prossime gare di Telt. Di Maio per ora tace ma, sotto pressione per le debacle elettorali in Abruzzo e Sardegna, sulla Tav rischia davvero grosso. Alcuni parlamentari hanno già minacciato l’addio e a rischio è anche la giunta di Chiara Appendino, la sindaca di di Torino che ieri ha avuto un incontro con Beppe Grillo.
Anche la Lega però tiene il punto. La Tav «è un investimento importante», ha ribadito ieri dagli Stati Uniti il sottosegretario alla Presidenza Giancarlo Giorgetti, sottolinendo che il «mood» negli Usa «è quello di fare, non di non fare». Una posizione in linea con quella di Tria. A spingere la Tav sono «i fatti» - ha detto il ministro -perchè qualora l’Italia volesse dire addio all’opera bisognerebbe passare per il Parlamento dove oggi la maggioranza è a favore della Torino-Lione. Fi, Fdi e il Pd sono sul piede di guerra a difesa dell’Alta Velocità. I dem chiedono alle altre opposizioni, a partire da quelle di centrodestra, di sostenere la loro mozione per sfiduciare Toninelli. Il partito di Berlusconi e Giorgia Meloni incalzano l’alleato leghista. La capogruppo azzurra al Senato, Anna Maria Bernini, definisce una «truffa» l’ipotesi di far pubblicare i bandi per poi annullarli. Sulla stessa linea anche il governatore del Piemonte, il dem Sergio Chiamparino, pronto a far partire il referendum: «Solo un irresponsabile può pensare di far partire i bandi per poi bloccarli».