Barbagallo: bail in affrettato e ora inapplicabile
Nello schema all'esame Telecom potrà conferire Flash Fiber in cambio del 30% Cdp sale al 7,1%. Vivendi «totalmente contraria allo smantellamento»
L’entrata in vigore nel 2016 del bail in è stata «affrettata». Per Carmelo Barbagallo, capo della Vigilanza Bankitalia, il nodo è la dotazione di passività per la riduzione o conversione in nuovo capitale (il cosiddetto cuscinetto Mrel) nell’ambito della procedura di risoluzione. Senza questo il bail in è quasi «inapplicabile e rischia di minare la fiducia nelle banche».
Spunta un’ipotesi nuova per la rete in fibra: Telecom potrebbe conferire Flash Fiber in cambio di circa un terzo della Spa Open Fiber.
Spunta un’ipotesi nuova per la rete in fibra che, presumibilmente, non sarebbe sgradita nell’azionariato di Open Fiber: Telecom potrebbe conferire Flash Fiber, joint per la fibra con Fastweb, in cambio di circa un terzo della Spa Open Fiber, controllata pariteticamente da Cdp e Enel. In questo modo Telecom non dovrebbe scorporare la propria infrastruttura, ma condividerebbe gli investimenti per la rete di nuova generazione, e non dovrebbe consolidare il debito di Open Fiber che, per sostenere il suo progetto, ha attivato un projet financing (capofila UniCredit, Bnp-Paribas e SocGen) da 3,5 miliardi, di cui circa mezzo miliardo finora effettivamente tirato. Lo schema è appena abbozzato, ma potrebbe essere un’alternativa da considerare se, come sembra, la formula della rete unica non fosse realizzabile. Proprio in settimana il presidente Agcom Angelo Marcello Cardani ha fatto notare che in Italia «ci sono 54 reti secondo alcuni e 47 secondo altri, che sono certamente maggiori di due». Un’affermazione che è suonata come un requiem alla ricostituzione del monopolio, presupposto per poter applicare il meccanismo Rab, per ottnere tariffe regolamentate che incentivino gli investimenti. C’è anche chi fa notare che, se anche fosse possibile arrivare a una rete unica sul fisso, i clienti potrebbero migrare sul mobile che, in concorrenza, è in grado di offrire connessioni a prezzi convenienti. Il primo azionista di Telecom, Vivendi - per bocca del suo ceo Arnaud de Puyfontaine - ha nel frattempo ribadito la ferma contrarietà a qualsiasi ipotesi di smantellamento del gruppo telefonico. Contrarietà alla perdita di controllo sulla rete, ma secondo gli esegeti, anche all’alternativa di scorporare una società di servizi, mentre la posizione nei riguardi di In wit o Sparkle (di cui è diventato ieri ad Mario Di Mauro) è più pragmatica. «Non vogliamo che Telecom Italia sia smantellata perché significherebbe la morte della società», ha chiarito De Puyfontaine, a margine del vertice Confindustria-Medef a Versailles. «Vivendi è un azionista industriale e di lungo termine e come ho detto “per sempre e per l’eternità”», ha ripetuto il manager. «Gubitosi - ha cercato di rassicurare - è l’ad di Telecom e con la giusta strategia e la giusta implementazione e governance sono convinto che ci possa essere un futuro per Telecom». Ma la condizione è che venga ristabilita «una governance trasparente ed efficiente».
Come noto, il gruppo che fa capo a Vincent Bolloré ha preteso la messa ai voti - all’assemblea del prossimo 29 marzo - della richiesta di revoca di cinque consiglieri in quota Elliott, per tornare in maggioranza seppure con una prevalenza di amministratori indipendenti (solo De Puyfontaine e l’ex ad Amos Genish non posseggono questo requisito). La raccolta deleghe operativamente entrerà nel vivo solo la settimana prossima, ma l’impresa per Vivendi si prospetta comunque ardua: per far passare la sua mozione in scioltezza dovrebbe assicurarsi l’appoggio di almeno il 7% in mano ai fondi che magari l’anno scorso hanno votato per il ribaltone. La vera incognita resta comunque la Cdp che proprio nella notte tra giovedì e venerdì ha comunicato alla Sec di avere raggiunto il 7,1% del capitale Telecom, per un esborso complessivo di 824 milioni. Cdp si è riservata di far valere il suo peso di «investitore a lungo termine», interessato a «sostenere le infrastrutture strategiche nazionali» e «allo sviluppo e alle iniziative di creazione di valore in un settore che è di primario interesse per il Paese» con iniziative quali «il supporto a operazioni straordinarie come fusioni, ristrutturazione o cessione di asset» o «cambiamenti nel consiglio di amministrazione». Tuttavia la Cassa ha precisato di non avere al momento piani a riguardo.