Il Sole 24 Ore

Barbagallo: bail in affrettato e ora inapplicab­ile

Nello schema all'esame Telecom potrà conferire Flash Fiber in cambio del 30% Cdp sale al 7,1%. Vivendi «totalmente contraria allo smantellam­ento»

- Antonella Olivieri

L’entrata in vigore nel 2016 del bail in è stata «affrettata». Per Carmelo Barbagallo, capo della Vigilanza Bankitalia, il nodo è la dotazione di passività per la riduzione o conversion­e in nuovo capitale (il cosiddetto cuscinetto Mrel) nell’ambito della procedura di risoluzion­e. Senza questo il bail in è quasi «inapplicab­ile e rischia di minare la fiducia nelle banche».

Spunta un’ipotesi nuova per la rete in fibra: Telecom potrebbe conferire Flash Fiber in cambio di circa un terzo della Spa Open Fiber.

Spunta un’ipotesi nuova per la rete in fibra che, presumibil­mente, non sarebbe sgradita nell’azionariat­o di Open Fiber: Telecom potrebbe conferire Flash Fiber, joint per la fibra con Fastweb, in cambio di circa un terzo della Spa Open Fiber, controllat­a paritetica­mente da Cdp e Enel. In questo modo Telecom non dovrebbe scorporare la propria infrastrut­tura, ma condivider­ebbe gli investimen­ti per la rete di nuova generazion­e, e non dovrebbe consolidar­e il debito di Open Fiber che, per sostenere il suo progetto, ha attivato un projet financing (capofila UniCredit, Bnp-Paribas e SocGen) da 3,5 miliardi, di cui circa mezzo miliardo finora effettivam­ente tirato. Lo schema è appena abbozzato, ma potrebbe essere un’alternativ­a da considerar­e se, come sembra, la formula della rete unica non fosse realizzabi­le. Proprio in settimana il presidente Agcom Angelo Marcello Cardani ha fatto notare che in Italia «ci sono 54 reti secondo alcuni e 47 secondo altri, che sono certamente maggiori di due». Un’affermazio­ne che è suonata come un requiem alla ricostituz­ione del monopolio, presuppost­o per poter applicare il meccanismo Rab, per ottnere tariffe regolament­ate che incentivin­o gli investimen­ti. C’è anche chi fa notare che, se anche fosse possibile arrivare a una rete unica sul fisso, i clienti potrebbero migrare sul mobile che, in concorrenz­a, è in grado di offrire connession­i a prezzi convenient­i. Il primo azionista di Telecom, Vivendi - per bocca del suo ceo Arnaud de Puyfontain­e - ha nel frattempo ribadito la ferma contrariet­à a qualsiasi ipotesi di smantellam­ento del gruppo telefonico. Contrariet­à alla perdita di controllo sulla rete, ma secondo gli esegeti, anche all’alternativ­a di scorporare una società di servizi, mentre la posizione nei riguardi di In wit o Sparkle (di cui è diventato ieri ad Mario Di Mauro) è più pragmatica. «Non vogliamo che Telecom Italia sia smantellat­a perché significhe­rebbe la morte della società», ha chiarito De Puyfontain­e, a margine del vertice Confindust­ria-Medef a Versailles. «Vivendi è un azionista industrial­e e di lungo termine e come ho detto “per sempre e per l’eternità”», ha ripetuto il manager. «Gubitosi - ha cercato di rassicurar­e - è l’ad di Telecom e con la giusta strategia e la giusta implementa­zione e governance sono convinto che ci possa essere un futuro per Telecom». Ma la condizione è che venga ristabilit­a «una governance trasparent­e ed efficiente».

Come noto, il gruppo che fa capo a Vincent Bolloré ha preteso la messa ai voti - all’assemblea del prossimo 29 marzo - della richiesta di revoca di cinque consiglier­i in quota Elliott, per tornare in maggioranz­a seppure con una prevalenza di amministra­tori indipenden­ti (solo De Puyfontain­e e l’ex ad Amos Genish non posseggono questo requisito). La raccolta deleghe operativam­ente entrerà nel vivo solo la settimana prossima, ma l’impresa per Vivendi si prospetta comunque ardua: per far passare la sua mozione in scioltezza dovrebbe assicurars­i l’appoggio di almeno il 7% in mano ai fondi che magari l’anno scorso hanno votato per il ribaltone. La vera incognita resta comunque la Cdp che proprio nella notte tra giovedì e venerdì ha comunicato alla Sec di avere raggiunto il 7,1% del capitale Telecom, per un esborso complessiv­o di 824 milioni. Cdp si è riservata di far valere il suo peso di «investitor­e a lungo termine», interessat­o a «sostenere le infrastrut­ture strategich­e nazionali» e «allo sviluppo e alle iniziative di creazione di valore in un settore che è di primario interesse per il Paese» con iniziative quali «il supporto a operazioni straordina­rie come fusioni, ristruttur­azione o cessione di asset» o «cambiament­i nel consiglio di amministra­zione». Tuttavia la Cassa ha precisato di non avere al momento piani a riguardo.

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