C’è meno precariato: +12mila occupati fissi +35mila disoccupati
Crescono i disoccupati con meno di 25 anni: peggio dell’Italia solo la Grecia
I numeri sul mercato del lavoro del primo trimestre di vigenza piena della stretta, operata dal decreto dignità, su rapporti a termine e in somministrazione, vale a dire novembre 2018-gennaio 2019, mostrano un quadro in chiaro-scuro (su cui pesano gli effetti di un’economia in frenata). L’occupazione, ha evidenziato ieri l’Istat, è scesa di 19mila unità, nel confronto con i tre mesi precedenti. I dipendenti “temporanei” sono calati di 12mila posizioni ed è tornato il segno meno anche sugli autonomi (-19mila). In controtendenza i lavoratori stabili che, invece, sono saliti di 12mila unità (sempre rispetto al periodo agosto-ottobre 2018), complice, soprattutto, l’incremento delle stabilizzazioni (essenzialmente del personale con maggior anzianità ed esperienza), per effetto del giro di vite sugli impieghi “precari” che sta spingendo, in parte, verso il tempo indeterminato.
Nello stesso trimestre, però, si sono registrati 35mila disoccupati in più; una fetta consistente è legata ai contratti a tempo non rinnovati per via delle causali, tornate obbligatorie dopo i primi 12 mesi “liberi” di rapporto; un’altra quota si deve, piuttosto, alla riattivazione di un po’ di inattivi che nel periodo novembre 2018-gennaio 2019 sono diminuiti di 53mila unità.
L’andamento registrato dall’Istat nei primissimi mesi di applicazione integrale del dl 87 (a ottobre è terminato infatti il periodo transitorio) si ritrova nel dato di gennaio. Il 2019 si è aperto con 21mila occupati in più, tutti uomini (+27mila unità, le donne sono scese di 6mila posizioni) e trainati dai contratti stabili (+56mila rapporti fissi, a fronte di -16mila dipendenti temporanei e -19mila autonomi). A gennaio è aumentato il numero di persone senza un impiego, +15mila unità, quasi esclusivamente uomini e over 35enni (il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 10,5%, nell’area euro si è fermi al 7,8 per cento. Peggio dell’Italia solo Spagna, 14,1% e Grecia, 18,5 per cento).
Il 2019 è iniziato (e, di fatto, prosegue) molto male per i giovani: a gennaio il tasso di disoccupazione degli under 25 è risalito al 33 per cento. Certo siamo un po’ distanti dai livelli della crisi, quando si è superato il 40%; ma nel confronto internazionale peggioriamo, da terz’ultimi siamo passati penultimi, ormai dietro di noi c’è soltanto la Grecia al 39,1 per cento. La Spagna, con il 32,6%, ci ha superato. Il nostro Paese resta lontanissimo dalla Germania, prima della classe, con un tasso di senza lavoro giovanile stabile al 6% grazie al sistema di formazione duale (che da noi, purtroppo, il governo Conte ha fortemente ridotto, dimezzando ore e fondi all’alternanza scuola-lavoro). Non solo: sia sul mese che nel tendenziale la fascia under 25 vede ridotto il numero di occupati.
Allargando un po’ più lo sguardo sull’anno (gennaio 2018-gennaio 2019) l’occupazione è salita di 160mila unità: 126mila sono a termine, 29mila permanenti e 5mila autonomi, a conferma di una crescita molto fiacca degli impieghi stabili (pesa l’incertezza). Sempre nei 12 mesi si sono contati 129mila inattivi in meno, e anche 144mila disoccupati in meno. Ma il transito di queste persone verso l’occupazione è ancora piuttosto difficoltoso, a causa di politiche attive mai decollate (ora si aspetta il reddito di cittadinanza) e persistenti difficoltà per la fascia mediana, 40-50 anni, della forza lavoro a reinserirsi. Del resto, focalizzando l’obiettivo sull’età, i 160mila occupati in più nel tendenziale sono tutti over 50: nella fascia d’età 15-24 anni si sono persi 19mila posti, in quella 25-34 altri 15mila e in quella 35-49 ben 56mila.
La maggioranza vede il bicchiere mezzo pieno. I deputati 5 Stelle in commissione Lavoro alla Camera hanno sottolineato i dati sui contratti stabili (in aumento), parlando di «successo del decreto dignità fortemente voluto dal vice premier, Luigi Di Maio». Gli esperti sono più cauti: «Purtroppo non ci sono buone notizie - evidenzia Marco Leonardi, economista del Lavoro all’università Statale di Milano -. Il saldo netto di occupati nei primi sei mesi del 2018 è positivo, mentre nei secondi sei mesi del 2018 c’è stata un’inversione di tendenza. È presto per tirare delle somme. Ma c’è più di un timore visto che l’occupazione risponde con ritardo alla congiuntura economica, e gli ultimi segnali su crescita e debito sono negativi».
Preoccupato anche il sindacato: «Chiediamo al governo un rapido cambio di passo - incalza Luigi Sbarra (Cisl) -. Intanto, modifichi il decreto dignità consentendo alla contrattazione di gestire meglio le causali. Poi, punti forte su investimenti, Mezzogiorno, sviluppo».