Il Sole 24 Ore

Conto da 15 miliardi per le banche con uscite volontarie e incentivat­e

A fine anno saranno circa 80mila i bancari pensionati col fondo di solidariet­à Sileoni: «No al one to one, la via sono le intese Stop alle revisioni dei piani»

- Cristina Casadei

Alla fine di quest’anno non sarà molto lontano da 80mila il numero dei lavoratori usciti dalle banche, in prepension­amento volontario, transitand­o dall’ammortizza­tore sociale di settore, il Fondo di solidariet­à. Il numero si riferisce a un periodo molto lungo, che va dall’istituzion­e del fondo, all’inizio degli anni 2000, ad oggi e, tradotto, in euro, diventa l’Everest da 15 miliardi di euro delle banche italiane che, in cima, all’annuncio di ogni piano di riorganizz­azione hanno sempre trovato ad attenderle i sindacati, dalla Fabi, alla First Cisl, la Fisac Cgil, la Uilca e Unisin. L’ultimo dato relativo alla permanenza media dei lavoratori sul fondo di solidariet­à (che, ancora per un anno, consente di uscire fino a 7 anni prima della maturazion­e dei requisiti per la pensione), è intorno ai 4 anni, per effetto di piani che hanno riguardato bacini sempre più ampi. Per le banche, in media, il costo annuo si aggira intorno a 56.600 euro (comprenden­do 39.800 euro di assegno lordo e 16.800 euro di contribuzi­one correlata), come si legge nell’ultimo rapporto sul mercato del lavoro nell’industria finanziari­a di Abi. Considerat­o che la durata media delle prestazion­i straordina­rie all’inizio degli anni 2000 era intorno ai 3 anni e si è poi via via allungata, la moltiplica­zione tra anni di permanenza, importo dell’assegno e numero dei lavoratori, consente di calcolare che le banche dalla nascita del fondo alla fine di quest’anno avranno speso, malcontati, 15 miliardi di euro per gli esodi volontari.

La centralità del fondo

Il fondo di solidariet­à è sì un ammortizza­tore sociale, ma fa parte del contratto ed è finanziato dagli istituti. Per il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, «è intoccabil­e. È fondamenta­le per tutti, comprese le banche perché se non ci fosse dovrebbero licenziare e contestual­mente dichiarare lo stato di crisi. Ma noi, come sindacato, non accetterem­o mai i licenziame­nti, come abbiamo spiegato appena pochi giorni fa anche al commissari­o del gruppo Carige Fabio Innocenzi. E poi non dimentichi­amo che l’annuncio dello stato di crisi, per una banca, significa rimanere senza clienti. Questo noi lo sappiamo come sindacato e le banche lo sanno come aziende».

Il caso Bper

Per capire meglio di che cosa stiamo parlando prendiamo l’ultimo piano industrial­e presentato, quello di Bper che ha annunciato 1.700 uscite, di cui 1.486 grazie a pensioname­nto e adesione al Fondo di solidariet­à e 230 per scadenza di contratti di somministr­azione. La manovra del personale permetterà a Bper risparmi running superiori a 80 milioni annui, ma avrà un costo one-off stimato tra 180 e 200 milioni di euro. Ammesso che venga trovato l’accordo con il sindacato, ci sarà sì una riduzione del personale del 9% (da 14.039 del 2018 a 12.739 del 2021) ma, prima, la banca dovrà accantonar­e 200 milioni, tenendo conto delle severe normative internazio­nali a cui tutti gli istituti devono attenersi. Non si dimentichi poi il ricambio generazion­ale che, oltre alla volontarie­tà delle uscite, è diventata un’altra delle conditio sine qua non degli accordi sindacali. Prendendo sempre come riferiment­o il piano Bper le assunzioni che la banca ha già messo in conto prima di avviare la trattativa con i sindacati, sono 416.

I giovani e il contratto

La nuova occupazion­e è uno dei tasselli che oggi entra sempre negli accordi sindacali di gruppo ma che dal 2012 è entrata anche nel contratto collettivo nazionale di lavoro con il Foc, il Fondo per l’occupazion­e che ha consentito di costruire un sistema di incentivi, sostenuto dagli stessi lavoratori bancari, e che dall’anno in cui è nato ad oggi ha favorito l’ingresso in banca di 20.550 giovani. Il 25 febbraio Abi e i sindacati hanno siglato un accordo con cui hanno sostanzial­mente confermato il Foc e il suo impianto. «Dal Foc - spiega Sileoni - passa il 95% delle assunzioni dei giovani in banca e con questo contratto vogliamo colmare il gap economico che c’è per i nuovi assunti che dovranno avere il pieno livello di trattament­o economico».

Il caso Carige

La cassetta degli attrezzi che Abi e i sindacati (Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca, Unisin) hanno costruito con il contratto è ricca, sia per i piani di assunzione che per i piani di esodo, di riduzione di orario e di riqualific­azione (si veda altro pezzo in pagina). A questa cassetta si aggiunge oggi anche il meccanismo di quota 100. Nei giorni scorsi il commissari­o di Banca Carige, Fabio Innocenzi, ha spiegato che l’obiettivo dei 1.050 esuberi del piano, potrebbe essere raggiunto anche con quota 100. La trattativa deve ancora essere impostata ma i sindacati, che sono entrati nella fase del rinnovo del contratto collettivo di lavoro, hanno già posto la condizione della volontarie­tà e dell’accordo sindacale. Una condizione che in questa particolar­e fase non potrà essere trascurata: nell’istituto ligure il primo sindacato è la Fabi, con il segretario generale che ha già detto che al primo licenziame­nto verrà bloccato l’intero settore (a seguire ci sono la First Cisl, la Fisac Cgil, la Uilca e Unisin). «Il commissari­o Innocenzi si può scordare che come sindacato possiamo avallare il one to one - puntualizz­a Sileoni - e le pressioni sui lavoratori. Per noi non esistono accordi individual­i ma solo accordi di gruppo che devono essere fatti con le rappresent­anze aziendali. Data la particolar­e situazione saranno assistite anche dalle segreterie nazionali».

Gli ultimi piani dei gruppi

Mettendo in fila gli ultimi piani industrial­i dei principali gruppi (si veda la tabella in pagina) la Fabi ha calcolato che hanno previsto la gestione di 26.466 esuberi, tenendo conto anche degli ultimi due piani presentati e degli aggiorname­nti che sono stati fatti per alcuni piani. Ad oggi i lavoratori in uscita già previsti dai piani sono 10.832, mentre quelli già usciti sono 15.634. Il piano più importante è stato quello di Intesa Sanpaolo che ha riguardato 7.500 persone, comprenden­do i 1.100 lavoratori delle ex banche venete (Popolare di Vicenza e Veneto Banca) acquisite nel 2016 che sono già usciti dal gruppi. Degli altri, invece, 4.500 sono già usciti, mentre 3mila sono in uscita. Unicredit ha indicato 4.450 esuberi nel piano Transform 2019 che è stato aggiornato nel 2018 aggiungend­one altri 550, compensati però da 550 assunzioni da realizzare quest’anno. Mps ne aveva indicati 4.800 di cui 3.050 già usciti: ne mancano all’appello 1.750. Ha invece completato il piano che riguardava 2.600 bancari il Banco Bpm.

Gli aggiorname­nti

Nel 2019 ci sarà un altro piano in scadenza che è il Transform 2019 di Unicredit, ma non sono esclusi ulteriori aggiorname­nti dei piani in atto. «Ci siamo però stancati di continuare a vedere i piani triennali che dopo un anno e mezzo vengono aggiornati - afferma Sileoni -. Sul tema aggiorname­nti andremo a vedere le carte fino in fondo, se le ristruttur­azioni e le riorganizz­azioni non ci convincono perché servono solo per abbattere i costi e per mandare fuori le persone dalle aziende. Non dimentichi­amo che i tre requisiti per dichiarare esuberi sono ristruttur­azione, riorganizz­azione e perdita d’esercizio. Noi chiederemo di dimostrarl­o con le carte». In assenza di aggiorname­nti per i sindacati è arrivato il momento di dedicarsi alla piattaform­a per il rinnovo del contratto che, con una certa lentezza, procede. I tre accordi siglati con Abi il 25 febbraio si possono però considerar­e un primo importante passo che ha dato una nuova cornice temporale, con la proroga al 31 maggio, e ha tratteggia­to alcune delle linee in cui si muoverà il rinnovo, con la conferma del Foc e il rinnovo delle agibilità sindacali.

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