«Accordo chiave per dare un futuro ai call center»
Di Raimondo (Asstel): «Ora puntiamo a un Fondo di solidarietà per la filiera»
«Quello che abbiamo siglato è un accordo che avrà un forte impatto sull’intero settore». Laura Di Raimondo, direttore generale di Asstel, invita a considerare con il massimo riguardo l’accordo quadro sul settore dei call center siglato una decina di giorni fa fra la stessa Asstel e sindacati di categoria Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Ugl Telecomunicazioni.
Si tratta di un accordo quadro che prevede azioni immediate, ma anche iniziative comuni presso le istituzioni. Certo, il lavoro da fare non è poco e non sarà facile. Il settore dei call center in outsourcing è sempre pericolosamente in bilico. Basta un nulla, una commessa venuta meno o qualche difficoltà di passaggio nei cambi d’appalto e l’equilbrio – fragile, che risente di pressione competitiva – rischia di saltare.
Ora aziende (fornitori e committenti, che sono rappresentati in Asstel) e sindacati hanno deciso di fare fronte comune. Cosa prevede l’accordo? Per prima cosa il rispetto della tabelle sul costo medio del lavoro per i nuovi affidamenti in outsourcing anche nel privato nel settore e non solo nelle gare pubbliche. Inoltre: trattamenti economici e di welfare anche per gli outbound (chi dai call center telefona alla clientela) che operano con contratti di collaborazione e, come detto, un’azione comune sulle istituzioni per favorire una maggiore diffusione della clausola sociale (continuità occupazionale nei cambi d’appalto), l’adozione di ammortizzatori sociali strutturali come nell’industria, oltre all’avvio di un fondo di solidarietà per tutta la filiera Tlc.
«Siamo sempre più consapevoli – spiega il direttore Asstel – che il percorso di trasformazione deve avvenire all’interno di un quadro regolatorio chiaro e univoco in cui è determinante il ruolo delle relazioni industriali. Attraverso la contrattazione, infatti, si possono definire nuove misure che accompagnino l’evoluzione del lavoro in sintonia con lo sviluppo tecnologico». Valore aggiunto, in questo caso, è anche il fatto che Asstel, l’associazione di riferimento in Confindustria per tutta la filiera delle Tlc, «rappresenta circa il 40% circa della committenza complessiva di servizi di customer care e la quasi totalità delle grandi imprese fornitrici di questi servizi in outsourcing».
Certo, non è il primo accordo che si fa nel settore. Viene da chiedersi perché proprio questo dovrebbe rappresentare la svolta. «Perché per la prima volta - replica Di Raimondo – committenti, fornitori e rappresentanti dei lavoratori assumono impegni per rispondere alle sfide poste dall’evoluzione del mercato dei servizi. Questo grazie a relazioni industriali improntate alla partecipazione e alla responsabilizzazione delle parti. Dalla condivisione dei principi e delle regole sottoscritti nell’accordo, infatti, deriva la necessità di adottare comportamenti coerenti rispetto a quanto previsto». Il tutto attraverso uno schema di gioco comune «per una contrattazione d’anticipo in cui la combinazione degli interventi individuati dall’Accordo quadro consente di offrire risposte efficaci e non parziali al cambiamento che investe il settore dei call center». Un comparto, tiene a precisare il direttore Asstel, che «in più occasioni ha dato prova di maturità. Ricordo ad esempio l’accordo del 2013 fra Asstel e sindacati in cui abbiamo dato garanzie e tutele anche ai lavoratori in outbound».
Ora importante nell’immediato è «l’impegno relativo all’applicazione delle tabelle del ministero del Lavoro sul costo medio del lavoro per i nuovi affidamenti in outsourcing dei servizi di customer care». Ma poi, c’è un punto che in prospettiva può fare la differenza: «il lavoro comune per favorire l’istituzione di un “Fondo di solidarietà di settore” Tlc, come strumento in grado di offrire supporto ai processi di trasformazione digitale in una chiave che favorisca la sostenibilità occupazionale». Con «un intervento di sostegno pubblico» il quadro sarebbe completo.