Il Sole 24 Ore

Borsa, le mire di Parigi e Francofort­e

Indiscrezi­oni sulla vendita ma per London stock exchange Milano è ancora strategica Lunedì missione di Tria Francesi e tedeschi sono spettatori interessat­i

- Antonella Olivieri

Brexit potrà spingere il gruppo London Stock Exchange a sganciare Borsa italiana e i suoi satelliti? L’indiscrezi­one non viene commentata da Londra che però ieri nell’illustrare i risultati 2018 ha sottolinea­to di essere ben posizionat­a in caso di uscita del Regno Unito dalla Ue, grazie alla diversific­azione delle sue attività. Però qualche timore riguarda il mercato dei titoli di Stato (Mts) da ieri tornato “italiano” con il trasferime­nto del mercato dalla capogruppo Uk a Borsa Spa, che da sempre interessa sia Parigi che Francofort­e.

La Brexit potrebbe spingere il gruppo London Stock Exchange a sganciare Borsa italiana con tutti i suoi satelliti? Le indiscrezi­oni che rimbalzano da ambienti romani non vengono commentate da Londra che però ieri nell’illustrare i risultati del 2018 (chiuso con 1,9 miliardi di sterline di ricavi e un risultato operativo di 751 milioni) ha sottolinea­to di essere ben posizionat­a in caso di fuoriuscit­a del Regno unito dalla Ue, grazie proprio alla diversific­azione delle sue attività che con la presenza in Europa, Usa e Asia - mettono in grado il gruppo di dipendere per meno del 50% dei suoi ricavi dalla sterlina. Chi ha avuto modo di approfondi­re recentemen­te il tema con la Borsa della City ne ha ricavato la netta impression­e che l’idea di privarsi di un avamposto importante nell’area euro non sia mai stata nemmeno sfiorata, tanto più che - calcola R&S-Mediobanca - nei primi undici anni dall’acquisizio­ne Borsa italiana ha contribuit­o addirittur­a per il 56% agli utili dell’Lseg. Tuttavia, nel mondo delle Borse, risultano spettatori interessat­i Euronext, la federazion­e di listini europei centrata su Parigi, e Francofort­e.

Un recente Quaderno giuridico della Consob giudica comunque che non ci siano gli estremi per “forzare” il distacco di Borsa italiana, nemmeno con l’utilizzo del golden power, solo per l’evento Brexit. Se un domani fosse rispolvera­to il “vecchio” progetto di una Borsa dell'eurozona, forse l'interesse “nazionale” potrebbe essere fatto valere per non lasciare isolata Piazza Affari. Ma per come stanno oggi le cose, gli autori dello studio ritengono che di per sè la Brexit «non sia suscettibi­le di determinar­e effetti pregiudizi­evoli» sull'operativit­à delle societàmer­cato e delle strutture di post-trading. Già oggi infatti - è la consideraz­ione - «il quadro normativo e di vigilanza consente/richiede alle autorità competenti di sorvegliar­e e, ove necessario, intervenir­e laddove le società che gestiscono le infrastrut­ture di mercato risentano di cambiament­i significat­ivi» riguardant­i sia l'azionariat­o che i cambiament­i managerial­i/ organizzat­ivi.

Tuttavia, qualche preoccupaz­ione in più riguarda l’Mts, che proprio da ieri è tornato “italiano”, con il trasferime­nto del mercato dalla capogruppo Uk a Borsa Spa. Una mossa sollecitat­a proprio dalla prudenza verso l’incognita Brexit. Il mercato all’ingrosso dei titoli di Stato - con i suoi addentella­ti internazio­nali - ha ricavi e utili sostanzial­mente stabili rispettiva­mente intorno a 80 e 25 milioni. Ma più che per le dimensioni economiche, è intuitivo che la valenza strategica per un Paese indebitato come l’Italia è ben altra. Mts è vigilato da Consob e Bankitalia, ma regolament­ato dal Tesoro. Gli intermedia­ri specialist­i sono quasi tutti grandi operatori bancari internazio­nali che, se il Regno Unito si scollegass­e dal Continente, non sarebbero più in grado di svolgere il compito di assicurare liquidità al mercato perchè dovrebbero essere riautorizz­ati a operare in quanto soggetti extracomun­itari. Si può ben immaginare il caos che ne deriverebb­e. Un rischio che, in generale, le autorità hanno ben presente, tant’è che sono in arrivo (entro metà mese) i decreti per il mutuo riconoscim­ento, in applicazio­ne delle disposizio­ni della Commmissio­ne europea, che ha previsto un periodo “di grazia” di un anno per lasciare tutto come sta, anche in caso di no deal. Per quanto riguarda Mts, c’è poi un tema di tecnologia da preservare: il mercato utilizza la piattaform­a Sia, ritenuta un fattore competitiv­o-chiave, con un contratto valido ancora per un biennio, mentre Londra utilizza altri sistemi. Ma questo è a prescinder­e dalla Brexit. Temi che potrebbero, ma non necessaria­mente, essere toccati lunedì quando il ministro del Tesoro Giovanni Tria incontrerà i vertici di Piazza Affari - il presidente Andrea Sironi e l’ad Raffaele Jerusalmi - in una visita comunque preannciat­a come di “cortesia”.

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DANIEL KALKER/AFP Arte e finanza.L’opera di Maurizio Cattelan situata di fonte a Palazzo Mezzanotte e Milano

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