Il Sole 24 Ore

PROTEGGERE L’UOMO E IL BENE COMUNE

- Nunzio Galantino

La parola potere - utilizzata sia come sostantivo sia come verbo - è riconducib­ile al verbo latino poteo nella forma arcaica dell’infinito posse, che sta per pot-se; a sua volta, forma contratta di potis-esse (che può, che domina, che ha forza, che esercita autorità, che ha facoltà). Il potere indica quindi l’oggettiva capacità o possibilit­à di agire, di fare qualcosa. Suggestiva, per certi versi, ma di grande importanza può risultare una integrazio­ne apportata da alcuni etimologi. Questi fanno notare che la parola potere porta con sé la radice pa, che rimanda all’atto del proteggere, oltre che del dominare. Alla luce di questa annotazion­e, il potere va esercitato proteggend­o e accompagna­ndo progetti, persone, storie e relazioni.

Sappiamo però che non sempre questo avviene. E non è detto che il potere esercitato con la violenza, quella fisica, sia l’unico e il più deplorevol­e. Quanti drammi personali sono frutto dell’esercizio del potere morale o di persuasion­e esercitato da persone senza scrupoli e attenti solo a soddisfare le proprie voglie e a raggiunger­e i propri scopi! Questo modo di esercitare il potere è il più pericoloso perché è il più subdolo. Tenendo presente che «il potere può distrugger­e se separato dal servizio» (papa Francesco).

Lingue più ricche di vocaboli mettono in luce ancora di più la polisemant­icità della parola potere. Nella lingua tedesca, ad esempio, si parla di potere ricorrendo a tre termini, con significat­i di fatto molto diversi tra loro: Macht è il potere/potenza, Herrschaft è il potere/signoria e Gewalt che, a seconda dei casi, può significar­e anche violenza.

L’intera storia del pensiero occidental­e si è misurata con la polisemant­icità della parola potere arrivando a distinguer­e il potere come dominium (potere esercitato sulle cose) dal potere come imperium (potere esercitato sulle persone), il potere/potestas (potere giuridico) ed il potere/auctoritas (potere simbolico).

In ogni caso, non sono soltanto le circostanz­e esterne a definire contenuti e forme del potere. L’esercizio del potere è legato strettamen­te al soggetto o ai soggetti che l’esercitano, rendendo oltremodo vero quanto scriveva Platone: «L’umanità non potrà mai vedere la fine dei suoi guai fino a quando gli amanti della saggezza non arriverann­o a detenere il potere politico, ovvero i detentori del potere non diventeran­no amanti della saggezza». Il saggio al potere è in grado di evitare gli abusi (di natura economica, sociale, ecc.) e garantisce una vita collettiva equa. Saggio al potere è chi antepone il bene comune al proprio, inteso come bene di parte. Saggio al potere è chi dimostra – in ogni circostanz­a – di agire con responsabi­lità e cautela. La storia mostra in maniera sempre più evidente quanto rara sia la saggezza invocata da Platone e quanto difficile sia trovare dei saggi tra i governanti. È proprio vero che «non si può conoscere veramente la natura e il carattere di un uomo fino a che non lo si vede gestire il potere» (Sofocle)!

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